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    Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
    Risposta #30: Martedì 8 Mar 2011, 15:53:44
    Se fossi un papa potrei indire un verdetto di scomunica per una eresia del genere!!!!

    La risposta di ML-IHJCM era corretta, quando dal semplice "contare" si sale di livello nello studio dei numeri e delle operazioni la spiegazione del tipo "la moltiplicazione e' una somma ripetuta" perde senso.


    L'eresia non è mia, ma non ho qui il libro di aforismi dal quale l'ho presa per dirti chi sia stato!

    Comunque... la matematica serve a qualcosa di più che a "contare"? :o :o ;)

    Cazzarola, ciò significa che la mente umana è capace di voli pindarici spaventosi, come noterebbe un filosofo.

    D'altronde, il citato Lombardi Vallauri esordì alla prima lezione invitandoci a riflettere sul fatto che esiste un universo forse infinito, che in questo universo esistono miliardi di galassie, che in una di queste c'è un sistema solare, che c'è un pugno di fango bagnato chiamato Terra, che qui in Milano c'è l'Università Cattolica, dove nell'aula magna ci sono dei cervelli che pensano... ;)

    Ecco, questa è filosofia divertente! ;)

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    Andrea87
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      Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
      Risposta #31: Martedì 8 Mar 2011, 16:33:34
      momento momento momento (cit.)... qua si parlava di filosofia! pussate via matematici "nulla sapiente tutto niente sapiente!" (aricit.) :P
      Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario (G. Orwell)

        Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
        Risposta #32: Martedì 8 Mar 2011, 17:54:45
        momento momento momento (cit.)... qua si parlava di filosofia! pussate via matematici "nulla sapiente tutto niente sapiente!" (aricit.) :P

        Saranno anche citazioni, però... a me sfuggono alquanto! Di chi sono, di grazia? :-?

        Dimenticavo:
        E' facile vedere che già 1 + 1/2 + 1/3 + 1/4 è maggiore di 2 (infatti è 2+1/12).
        Complimenti al prof. Zichichi, il quale disse in una trasmissione che 2 è 1+ ecc ecc arrivando a 1/7, dunque... :D :D :D
        « Ultima modifica: Martedì 8 Mar 2011, 17:59:03 da pkthebest »

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          Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
          Risposta #33: Martedì 8 Mar 2011, 18:06:16
          Zichichi è un mito, si sa ;D
                   
          In memoria di chi ci ha "cucinato" tante storie memorabili...

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          Andrea87
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            Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
            Risposta #34: Mercoledì 9 Mar 2011, 01:10:18

            Saranno anche citazioni, però... a me sfuggono alquanto! Di chi sono, di grazia? :-?

            la prima è di Peter, la seconda di Homer :P
            « Ultima modifica: Mercoledì 9 Mar 2011, 01:11:28 da andrea87 »
            Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario (G. Orwell)

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              Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
              Risposta #35: Mercoledì 9 Mar 2011, 03:13:35
              Non ho ben capito: il primo a parlare e` quello che non ne vede nessuno, giusto?
              No. Il primo a parlare e' quello che vede i cappelli di tutti gli altri 99.

              Citazione
              E ci sono indicazioni su quanti cappelli sono di un colore e quanti di un altro, o possono anche essere tutti bianchi o tutti neri?
              Possono benissimo essere tutti bianchi o tutti neri.

              Citazione
              ha ragione chi ha scritto, e non mi ricordo chi sia, che la matematica è quella scienza che non sa di che cosa stia parlando, né se ciò del quale sta parlando sia vero!
              Non ricordo con certezza e non voglia di andare a cercare ora, ma era qualcuno che se ne intendeva: sarei tentato di dire Bertrand Russel. Il contesto e' quello delle discussioni su come interpretare la matematica (un importante problema filosofico tuttora alquanto discusso, per quanto ne so): molto grossolanamente, la scuola formalista rinuncia al cercarvi un significato diverso dalla sola manipolazione di simboli secondo certi assiomi stabiliti arbitrariamente. Il che permette commenti come quello riportato sopra.

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              Brigitta MacBridge
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                Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                Risposta #36: Mercoledì 9 Mar 2011, 13:35:52
                No. Il primo a parlare e' quello che vede i cappelli di tutti gli altri 99.

                Possono benissimo essere tutti bianchi o tutti neri.

                Ah, allora io farei così:

                Il primo a parlare conta i cappelli bianchi che vede davanti a sé e dice "Bianco" se sono pari, "Nero" se sono dispari. Ha il 50% di probabilità di sbagliare ed essere giustiziato, ma fornisce a quello davanti una informazione importante. Se il primo ha detto "Bianco" e il secondo davanti a sé vede un numero pari di cappelli bianchi, dirà "Nero", altrimenti "Bianco". E si salverà. Il terzo dovrà fare il conto tenendo conto di quanto detto dal primo e dal secondo, e dal numero pari o dispari di cappelli bianchi che vede davanti a sé.
                Ad esempio se il primo dice "Bianco" - cappelli pari - e il primo dice "Bianco" - cappelli dispari, allora se lui vede cappelli pari dirà "Bianco", se dispari "Nero". E così via.
                I miei teSSSSori: http://tinyurl.com/a3ybupd

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                  Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                  Risposta #37: Mercoledì 9 Mar 2011, 14:41:22
                  Ah, comunque se volete mettervi a scervellarvi con indovinelli di questo tipo, ditelo che riapro questo topic...
                  « Ultima modifica: Mercoledì 9 Mar 2011, 14:41:36 da Brigitta_McBridge »
                  I miei teSSSSori: http://tinyurl.com/a3ybupd

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                    Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                    Risposta #38: Mercoledì 9 Mar 2011, 15:31:26
                    Altro paradosso.

                    Come può il più sfortunato del mondo vincere un premio in denaro in una gara mondiale di sfortuna? Se vince non è più sfortunato, se arriva anche solo secondo non è più il più sfortunato.
                    « Ultima modifica: Mercoledì 9 Mar 2011, 15:31:49 da Dollarone_89 »

                      Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                      Risposta #39: Mercoledì 9 Mar 2011, 15:36:48
                      Altro paradosso.

                      Come può il più sfortunato del mondo vincere un premio in denaro in una gara mondiale di sfortuna? Se vince non è più sfortunato, se arriva anche solo secondo non è più il più sfortunato.

                      È un problema che solo Paperino può risolvere! ;) ;) ;)

                      A bruciapelo, qualcuno si ricorda come è che Gorgia di Lentini aveva dimostrato, a suo dire, la veridicità della sua affermazione secondo la quale "nulla c'è"?

                      Lo chiedo perché mi ricordo benissimo come "smontai" il ragionamento di Gorgia (non ridete: smontare Gorgia era il compito a casa...), ma non il ragionamento completo (che non era neanche tanto da malati di mente, a seguirlo, diciamocelo)... :-[

                      Comunque, nessun paradosso è più paradosso di un guard-rail vicino a una collinetta! ;D (okay, questa andava nelle barzellette).


                      la prima è di Peter, la seconda di Homer :P

                      Ooops, non seguo né i Griffin, né i Simpson, sorry... :-[
                      « Ultima modifica: Mercoledì 9 Mar 2011, 15:42:41 da pkthebest »

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                        Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                        Risposta #40: Mercoledì 9 Mar 2011, 15:42:05

                        È un problema che solo Paperino può risolvere! ;) ;) ;)
                        Infatti questo tema era stato affrontato in questo numero, non riuscendo a trovare una soluzione... il tutto finiva col giudice di gara che continuava fino a notte fonda a premiare il più sfortunato e a togliergli il premio immediatamente perché aveva dimostrato un colpo di fortuna, e così via con entrambi i finalisti a ripetizione... ;D

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                          Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                          Risposta #41: Mercoledì 9 Mar 2011, 21:23:20
                          Infatti questo tema era stato affrontato in questo numero, non riuscendo a trovare una soluzione... il tutto finiva col giudice di gara che continuava fino a notte fonda a premiare il più sfortunato e a togliergli il premio immediatamente perché aveva dimostrato un colpo di fortuna, e così via con entrambi i finalisti a ripetizione... ;D

                          Affrontato forse per la prima volta in Paperino e la calamita delle calamità ;)
                                   
                          In memoria di chi ci ha "cucinato" tante storie memorabili...

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                            Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                            Risposta #42: Giovedì 10 Mar 2011, 01:57:58
                            Altro paradosso.

                            Come può il più sfortunato del mondo vincere un premio in denaro in una gara mondiale di sfortuna? Se vince non è più sfortunato, se arriva anche solo secondo non è più il più sfortunato.


                            Questo paradosso è sostanzialmente una variante del Paradosso di Russell, già ricordato da ML-IHJCM, che nella versione originale è presentato così:
                            In un villaggio il barbiere fa la barba a tutti gli abitanti che non si radono da soli, e solo ad essi; il barbiere si rade da solo o no?
                            Se lo preferite in termini più formali : L' insieme - che contiene tutti gli insiemi che non contengono se stessi - contiene se stesso?
                            Quando Russell enunciò questo paradosso era in corso un gran lavoro di sistemazione dei fondamenti della matematica riducendola alla logica. Il programma fu sconvolto dal paradosso di Russel e l' intera storia della matematica del XX secolo prese un' altra strada rispetto a quella che sembrava destinata a percorrere solo pochi anni prima.

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                              Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                              Risposta #43: Giovedì 10 Mar 2011, 03:47:25
                              Poi Russell lo sconvolgitore finì sconvolto a sua volta ;D
                              Ricordo un bellissimo articolo apparso su una rivista di enigmistica, ve lo incollo qui:

                              Citazione
                                     
                              [size=14]E chi se ne Frege! [/size]

                              I lettori di questa rubrica sono avvertiti: io mento sempre. Li invito, pertanto, a prendere ciò che leggeranno col beneficio del dubbio (ndr: questa è un'ottima strategia: qualora scrivessi qualcosa di sbagliato, potrei sempre cavarmela dicendo "Era fatto apposta!").

                              Scherzi a parte, dedichiamoci al problema della 'sistemazione logica' della matematica. Per la precisione, all'opera di Gottlob Frege (1848-1925) che – per primo – cercò di dedurre le leggi dell'aritmetica (ovvero: i mattoni-base delle costruzioni matematiche) a partire da alcuni (pochi) assiomi. Il suo scopo era quello di ricondurre a poche regole – spesso accettate ad occhi chiusi anche da chi della matematica non fa un mezzo di sostentamento – tutti i complicatissimi castelli costruiti e costruibili.

                              Sfortunatamente per lui, nel 1901 – si era a pochi giorni dalla pubblicazione (a sue spese) del secondo volume dei Fondamenti dell'Aritmetica – il postino di Jena (la città dove egli viveva, famosa per avere un barbiere che radeva tutti quelli che non si radevano da soli) gli consegnò una lettera proveniente dall'Inghilterra. All'interno, poche righe vergate da Bertrand Russell (1872-1970), l'arcinoto filosofo inglese (si noti che 'arcinoto' è un aggettivo autologico, ovvero che definisce se stesso – a differenza di 'brevissimo' o di 'lungo' che sono invece eterologici in quanto non definiscono se stessi – ed al pari di 'eterologico' (o no?)). In tal missiva, Bertrand Russell dimostrava come da uno degli assiomi di Frege seguisse in maniera incontrovertibile una contraddizione logica. La contraddizione (non la deduzione dall'assioma, che non ci interessa) suonava più o meno così. Prendiamo un insieme qualsiasi: una collezione di oggetti, ad esempio, o di concetti contraddistinti da una proprietà comune. Allora abbiamo due – e solo due – casi: o l'insieme contiene se stesso (ad esempio: l'insieme dei concetti astratti è a sua volta un concetto astratto), oppure no (ad esempio: l'insieme delle tazzine da caffè non è una tazzina da caffè). Benissimo: consideriamo ora l'insieme di tutti gli insiemi che non contengono se stessi. Tale insieme non è vuoto (dato che contiene – almeno – l'insieme delle tazzine da caffè). Chiediamoci allora se tale insieme sia o no contenuto in se stesso. E qui iniziano i dolori. Perché se non contiene se stesso, allora non è un insieme che non contiene se stesso – e quindi contiene se stesso. Mentre se contiene se stesso, allora è, per definizione, un insieme che non contiene se stesso (chiudete gli occhi e fate un bel respiro: vi gira la testa? Non vi preoccupate: capita a tutti).

                              Catastrofe. Se – a colpi di logica – da un assioma segue una contraddizione, vuol dire che la 'verità incontrovertibile' dell'assioma non è tale; vuol dire che – tra le sue pieghe – nasconde qualcosa di errato a dispetto del suo sembrar vero. Frege – poveretto – scrisse in fretta e furia un'appendice con la quale credette di riparare all'errore, ma la 'toppa' non tenne: la sua teoria era, per quel che riguardava la generalizzazione che egli voleva ottenere, sbagliata (Frege esce dalla comune).

                              Russell, nel frattempo, non se ne era stato colle mani in mano. Assieme al collega Alfred North Whitehead (1861-1947) si mise a scrivere un'opera monumentale – i Principia Mathematica – nella quale dette la sua ricetta per superare il paradosso dell'insieme degli insiemi che non contengono se stessi: la cosiddetta Teoria dei tipi. In poche parole, cos'è che permette la contraddizione nel paradosso di Russell? A ben vedere, il fatto che si possano considerare insiemi costituiti da altri insiemi. Se si 'proibisce' questo fatto – ovverosia si chiamano insiemi di tipo uno quelli che contengono 'oggetti', insiemi di tipo due quelli che contengono insiemi di tipo uno, e così via, è chiaro che la frase 'un insieme che contiene se stesso' non ha senso – visto che per definizione un insieme di un certo tipo può solo contenere insiemi di tipo inferiore. Allo stesso modo, l'aggettivo 'breve' non è autologico (anzi, tale parola non significa nulla), giacché il dire 'breve' relativamente alla lunghezza della parola 'breve' è ad un livello differente dal dire 'breve' della lunghezza di un haiku.

                              Tutto a posto? Nemmeno per idea. Perché – ricordatevelo sempre – io sto mentendo (notate la differenza con la frase d'apertura?). Eh già, perché a Russell toccò in sorte lo stesso 'disastro' che era toccato a Frege. E così come Russell ventinovenne era andato a far danni a casa del cinquantatreenne Frege, così il venticinquenne Kurt Gödel, con il suo 'teorema di incompletezza', andò ad abbattere il sistema dei Principia Mathematica dell'allora cinquantanovenne Russell.

                              Facciamo un passo indietro, ed esaminiamo la frase "io sto mentendo". È chiaro che – detta così – è una frase 'indecidibile': è falsa se è vera, e vera se è falsa. Non si confonda la frase "io sto mentendo" con la frase "io mento sempre": quest'ultima non crea alcun paradosso. Evidentemente non può essere vera, ma può essere tranquillamente falsa: magari qualche volta (non questa, si badi bene!) ho detto la verità. Ebbene, Gödel dimostrò che il paradosso di "io sto mentendo" (detto di 'Epimenide il cretese') è – in un certo senso – inevitabile "all'interno" della matematica.

                              Quello che Gödel provò, infatti, è che se il sistema di assiomi che consideriamo è sufficientemente 'potente' da permettere di dedurne le proprietà base dei numeri, allora è 'incompleto', nel senso che permette di formulare (al suo interno) un teorema il cui enunciato è "io sono falso". Eh, ma come fa un teorema a parlare di se stesso? Russell aveva esplicitamente proibito una cosa simile, no? Beh, l'idea – geniale – di Gödel fu la seguente: codificare ogni simbolo matematico, ogni numero, ogni lettera in maniera opportuna (ad esempio: A = 1, B = 2, ..., Z = 26 e così via). In questa maniera, ad ogni frase, ad ogni enunciato, ad ogni teorema è associato un numero (enorme, gigantesco, sconfinato – ma tanto ce ne sono a bizzeffe...), detto numero di Gödel (non da lui, ovviamente). A questo punto, con una specie di gioco di prestigio (lui certo non l'avrebbe definito così, pare fosse una persona tetrissima), Gödel arriva a formulare il seguente enunciato: "Il teorema il cui numero di Gödel è X è falso". Dopodiché, passa a calcolare il numero di Gödel di questo teorema. Miracolo dei miracoli, tale numero è X (Russell esce dalla comune).

                              Da allora – si era nel 1931 – ci si è resi conto che la contraddizione e l'insicurezza sono 'inerenti' alla matematica, che non è quindi il mondo 'perfetto' che si pensa che sia. D'altra parte, poiché contraddizione e insicurezza sono in definitiva 'inerenti' al vivere, poco male (ricordatevi: io mento sempre).

                              Alois
                                       
                              In memoria di chi ci ha "cucinato" tante storie memorabili...

                              *

                              Brigitta MacBridge
                              Flagello dei mari
                              PolliceSu

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                                Re: Filosofia spicciola più o meno per ridere
                                Risposta #44: Giovedì 10 Mar 2011, 10:40:50
                                Poi Russell lo sconvolgitore finì sconvolto a sua volta ;D
                                Ricordo un bellissimo articolo apparso su una rivista di enigmistica, ve lo incollo qui:

                                Argh, il teorema di Goedel, ossia il malditesta assicurato.

                                Ricordo che quando lo studiai all'università, mi venne la tentazione di riassumerlo in "chiunque giuri di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità, mente".

                                (con buona pace di Perry Mason, che evidentemente Goedel non lo aveva studiato :P)
                                I miei teSSSSori: http://tinyurl.com/a3ybupd

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