Avvocato, grazie per le spiegazioni.
Punto 1: intendo esattamente questo, che è normale "fidarsi" di persone che hanno avuto esperienza diretta di una cosa per conoscerla. È comunissimo e persino doveroso per apprendere da maestri, libri, altre persone, perché la verifica diretta non sempre è possibile.
Se e' per questo, gran parte della "scienza" si basa sulla fiducia. Gli esperimenti scientifici per definizione devono essere ripetibili; ma ad un certo livello ripetere l'esperimento e' troppo complicato (quanti individui hanno in casa un accelleratore di particelle?) e molti scienziati si fidano del parere concorde di un certo numero di colleghi, senza per questo rinunciare alla razionalita' scientifica. E la cosa vale perfino per i matematici (che sono quelli per cui verificare da se' e' piu' facile): non dubito che la
dimostrazione di Perelman sia corretta, ma e' sulla base della fiducia negli esperti che l'hanno controllata; so che potrei verificare di persona leggendomi gli articoli di Perelman, ma dato che si tratta di roba complicata in una disciplina di cui ho solo un'infarinatura, stimo che se volessi esaminare i vari dettagli dovrei investire almeno un anno a studiarmi la materia e preferisco dedicare il mio tempo a ricerche che mi interessano di piu'.
Pero' questo
"fidarsi" di persone che hanno avuto esperienza diretta di una cosa per conoscerla mi sembra abbastanza diverso dalla fede religiosa; a meno che tu non voglia ridurla ad un "credo in Dio perche' il signor Cunegondo, che e' tanto una brava persona, mi ha detto che esiste".
Vedi, il problema dello scetticismo perenne è proprio questo: che difficilmente puoi vivere, se credi solo nell'esperienza diretta.
Se e' per questo, anche l'esperienza diretta puo' trarci in inganno.
Cogito, ergo sum; ma come mi assicuro che quanto mi comunicano i sensi non sia piu' o meno erroneo? Siamo tutti costretti a scendere a compromessi. Pero' e' bene esserne coscienti: in base ai dati in mio possesso esistono tanto la Sicilia che quella persona che sul Papersera si fa chiamare Avv.Photomas, ma sono "ipotesi" a cui potrei rinunciare se trovassi dati con loro incompatibili.
Sulla Filosofia del diritto premetto che non ho alcuna competenza: le mie osservazioni non hanno piu' valore di chiacchiere da bar.
Difficile dire che il diritto non sia basato sull'etica. Per un semplice motivo: che il diritto è per definizione la classificazione di ciò che sia giusto e ciò che sia sbagliato in un dato momento storico al fine di dare giustizia (a ciascuno il suo), e la distinzione tra giusto e sbagliato è proprio il fondamento dell'etica. Ne è Dio il fondamento ultimo? Per un credente non può non essere così, pur ammettendosi che la semplice violazione del precetto religioso non sempre può rappresentare una violazione anche della norma di giustizia e vivere comune. Per un non credente, l'etica è solo lo stratificarsi di principi accettati come giusti dalla maggioranza di un popolo, ribadisco, in un dato periodo storico, e il fondamento è solo la necessità di un vivere comune in senso lato "pacifico".
Fin qui non ho grossi problemi. Un unico appunto: nella frase
l'etica è solo lo stratificarsi di principi accettati come giusti dalla maggioranza di un popolo sostituirei "etica" con "insieme delle leggi" o qualcosa del genere (credo non sia cosi' raro il caso di chi aggiunge all' "etica pubblica" il proprio "codice morale personale"). Anche per questo, preferisco cercare di tenere etica e diritto come distinti, e cio' indipendentemente dal ruolo della religione (posso ritenere certi comportamenti eticamente sbagliati ma non perseguibili penalmente indipendentemente da precetti religiosi che li condannino); ma e' un fatto che se ritengo che la legge debba sanzionare determinate azioni, in gran parte dei casi (tutti?) sono motivato dalle mie convinzioni etiche.
Perché si dica quel che si vuole, ma, se non si ammette l'esistenza di un diritto naturale inalienabile, il diritto è solo costruzione umana perché i duelli non finiscano a mazzate, raffinata finché volete, ma tanto è. Se si riconosce invece un diritto naturale, beh allora o lo si ammette apoditticamente* per il solo fatto di essere (perdonate il bisticcio) esseri umani "superiori" agli altri esseri viventi, o ne si pone il fondamento al di fuori del semplice essere umano.
Qua invece ho piu' problemi. Il concetto di
diritto naturale mi mette molto a disagio; e gli esperti che vorrei interrogare in proposito sono in primis etologi ed antropologi. Senza trascurare qualche scrittore:
Thou, nature, art my goddess; to thy law
My services are bound. Wherefore should I
Stand in the plague of custom, and permit
The curiosity of nations to deprive me, [...]con tutto quel che segue. Inclusi i vari delitti di cui
Edmund si macchia e l'ironia di quel
Despite of mine own nature in punto di morte.
Divago. Sara' meglio che chiuda qui. E che nei prossimi giorni mi allontani da questa discussione: e' interessante, ma nell'ultima settimana ci ho dedicato troppo tempo. Dopotutto mi ero iscritto al Papersera per discutere di paperi e topi, non dei massimi sistemi.