Io ti ho dato la spiegazione teologica: a te credere o no, a fronte delle prove della vita.
In realta' questa e' solo una delle varie giustificazioni che costituiscono la teodicea occidentale e si discosta, per esempio, di gran lunga dal pensiero agostiniano. La nozione del male come conseguenza di una colpa dovuta a un cattivo utilizzo del libero arbitrio e' sicuramente predominante in Genesi ma e' messa radicalmente in discussione dal vero perno della teodicea veterotestamentaria, ovvero il Libro di Giobbe, dove l'uomo, spogliato da un Dio onnipotente di tutti i suoi affetti, i suoi beni e dell'ultima sua dignità', non cessa di gridare in faccia a quel Dio la sua innocenza e l'assurdità' del dolore.
Chi e' dovuto recentemente scendere a patti con una nuova giustificazione del male nel mondo, per tentare di dare una spiegazione al suo recente tragico passato, e' stato il pensiero ebraico, che si e' interrogato sull'umiliante assurdità' della Shoah e sulla sua dimensione addirittura metafisica nel piano di Dio: non un evento qualunque, ma l'Evento.
Alcuni hanno tentato di proporre una via di causalità, appunto sulla scorta della classica teodicea cristiana: tramite un cattivo utilizzo della sua libertà' l'uomo ha percorso le vie della colpa ed e' stato punito tramite la pena più' severa, l'Olocausto. D'altra parte una punizione di tale levatura incrina la fede tradizionale giudaico-cristiana nei tre attribuiti principali della divinità, bontà', onniscienza, onnipotenza: il male accade o perché Dio non e' buono, o perche Dio non e' a conoscenza dell'esistenza del male o ancora perché Dio, pur essendo buono e pur conoscendo il male, non e' tuttavia in grado di impedirlo.
La bonta' di Dio non e' stata messa in discussione, altrimenti cadrebbe tutto l'impianto della torah ebraica e del percorso di salvezza del popolo eletto; l'onniscienza di Dio e' invece stata messa in discussione da alcuni rabbini americani in un'ottica non tanto di
causalità ma di
casualità: il Dio irato che dice a Mose' che, disgustato dal suo popolo separerà i suoi destini dai loro, si allontana, devia il suo percorso da quello dell'uomo, resta sullo sfondo come una sorta di provvidenza universale ma fa cadere la cristiana provvidenza personale e per
distrazione e' ormai impossibilitato a conoscere il Male che si invera sulla terra.
Hans Jonas, in una profondissima disanima, si e'invece concentrato sull'attributo dell'onnipotenza: riprendendo una teoria cabalistica di Luria che compitava sulle sefirot e sulla rottura dei vasi ipotizzando una progressiva contrazione di Dio nell'atto della creazione, dove appunto la divinità, che era tutto
ab aeterno, per lasciare posto a qualcosa che fosse altro da se' (il creato e con esso l'uomo), scelse coscientemente e volontariamente di limitarsi e di divenire una parte del tutto, Jonas appunto conclude che Dio, per sua stessa volontà, abbia rinunciato all'onnipotenza e pur
essendo buono e
conoscendo il male non abbia potuto intervenire nei destini dell'umanità'. Immagine dolorosa e poetica di un Dio tragicamente impotente nel suo volto più' umano.