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Disquisizioni teologiche

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PolliceSu

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PolliceSu
    Re: Disquisizioni teologiche
    Risposta #570: Domenica 2 Lug 2017, 21:45:11
    è un massone comunista messo lì da Obama per distruggere la Chiesa (sì, lo ammetto, leggo Socci, e a dispetto di quello che si potrebbe pensare, pur essendo aperto a tutto, non mi ritengo religioso)
    Perchè di questo mondo siamo solo ospiti, fra i tanti. E non i padroni. Insieme abbiamo dimostrato tante cose, ma la più importante è che non esiste l'impossibile. Antidarwinista

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    ele684
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      Re: Disquisizioni teologiche
      Risposta #571: Domenica 2 Lug 2017, 22:39:16
      Questo è sempre stato il Papa delle frasi fatte più per compiacere gli altri che per vera convinzione, quindi non mi stupisce che quando si tratti prendere una vera posizione si nasconda dietro un dito
      Sta solo venendo fuori la sua vera natura
      « Ultima modifica: Domenica 2 Lug 2017, 22:39:43 da ele684 »

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        Re: Disquisizioni teologiche
        Risposta #572: Domenica 2 Lug 2017, 23:52:14
        Ma che prova e prova? Sono assiomi, c'è scritto pure lì. E non citare Tommaso e Anselmo che mi incazzo ;D
        Sei nel mio campo di studio: la filosofia.
        Innanzitutto la parola prova matematica è ad esempio inserita nel titolo di uno dei libri più importanti su questo assioma di Godel, scritto da logici di alto livello. E anche nel link si parla di prova. Come già scritto si basa già su alcune considerazioni,ma inserite in un linguaggio logico formale, delle prove ontologiche di S. Anselmo e S. Tommaso. Sicuramente ''l'assioma'' è stato criticato perchè quasi ''tautologico''.Ma è uno spunto logico-formale interessante.
        W i CWD 1 serie, Il libro di Topolino e William Ward.

        Ecco il mio blog disneyano : http://lagrottadelfumetto.blogspot.com

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        luciochef
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          Re: Disquisizioni teologiche
          Risposta #573: Lunedì 3 Lug 2017, 16:36:18
          Guardate non voglio fare il salvatore della romana chiesa ma, in certi casi, si dovrebbe essere più cauti nei giudizi e negli appellativi.
          Non credere in una religione, o ad una fede, non dà diritto a nessuno di giudicare sommariamente le persone che la guidano o che ne fanno parte.
          Tutti nella vita, soprattutto ai posti di comando, commettono errori. E anche Papa Bergoglio (come altri in precedenza) non si salva da queste colpe.
          Ma definire il pontefice della religione cristiana come massone, burattino nelle mani di Obama mi sembra che rasenti (o scavalchi ampiamente) l'esagerazione.
          Del suo operato il papa argentino dovrà dare atto alla sua comunità ed al mondo intero, ma col passare del tempo.
          Attaccarlo per delle sue "posizioni" così attuali non mi sembra né corretto, né condivisibile.
          Io sono un cattivo... e questo è bello! Io non sarò mai un buono e questo non è brutto! Io non vorrei essere nessun altro... a parte me.

            Re: Disquisizioni teologiche
            Risposta #574: Lunedì 3 Lug 2017, 17:09:48
            Guardate non voglio fare il salvatore della romana chiesa ma, in certi casi, si dovrebbe essere più cauti nei giudizi e negli appellativi.
            Non credere in una religione, o ad una fede, non dà diritto a nessuno di giudicare sommariamente le persone che la guidano o che ne fanno parte.
            Tutti nella vita, soprattutto ai posti di comando, commettono errori. E anche Papa Bergoglio (come altri in precedenza) non si salva da queste colpe.
            Ma definire il pontefice della religione cristiana come massone, burattino nelle mani di Obama mi sembra che rasenti (o scavalchi ampiamente) l'esagerazione.
            Del suo operato il papa argentino dovrà dare atto alla sua comunità ed al mondo intero, ma col passare del tempo.
            Attaccarlo per delle sue "posizioni" così attuali non mi sembra né corretto, né condivisibile.
            Ecco, ottimo intervento.
            Poi non dimentichiamo che questo topic, dato l'argomento borderline, è sempre osservato speciale.

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            feidhelm
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              Re: Disquisizioni teologiche
              Risposta #575: Martedì 4 Lug 2017, 04:29:29
              Scusate lo sfogo, la rabbia, se preferite.

              Ma è possibile che papa Bergoglio intervenga sulla vicenda del piccolo Charlie solo dopo che le autorità inglesi hanno deciso, con un tweet e non almeno una mail e senza mai fare il nome del bambino?

              Commento di una mia amica su FB:

              Citazione
              Io ho trovato molto sgradevole che i cattolici abbiano richiamato il Papa ad intervenire, pronti a massacrarlo in caso contrario. Se non si era esposto pubblicamente fino a quel momento, un motivo ci sarà stato...

              Alla ricerca del motivo, proviamo a leggere quest'altro post su FB:

              Citazione
                Credo sia davvero sbagliata la posizione espressa da alcuni circa la vicenda di Charlie e trovo molto gravi le accuse che vengono rivolte a medici e giudici di essere assassini. Accuse gravi e ingiustificabili. Che mi spaventano molto. Anche perché me le sono sentite rivolgere in una circostanza simile a questa e non è bello quando la tua professionalità, il tuo impegno a servire i pazienti, soprattutto i più piccoli, le scelte durissime che fai in coscienza e per cui non dormi la notte, non solo vengono messi in dubbio - che sarebbe anche utile - ma vengono calpestati con aggressività da persone che non hanno alcuna competenza. Non credo che si tratti di toni degni dello stile cristiano comunque ed è questo mi ha indotto a scrivere qualcosa sull’argomento anche in base a richieste di molti amici. Detto questo voglio provare a chiarire perché penso che medici e giudici abbiano scelto una cosa buona per Charlie. Il mio è solo il parere di un medico cattolico che si pone, senza idee prefissate o preconcetti ma cercando una sguardo di verità e carità, di fronte alle singole e specifiche situazioni che incontra. Sono aperta alla discussione, ma una discussione seria, perché queste situazioni sono nuove, non solo per me ma per la riflessione etica in generale, a causa del progresso della medicina e sono molto molto complesse nelle sfumature che le caratterizzano e non si può procedere per partito preso. Non voglio avere ragione, spero però che si capisca perché sono convinta che qualunque atteggiamento ideologico non ben documentato o che comunque non parta dal porsi domande sia quanto meno pericoloso in questo ambito. Perché un atteggiamento sincero, realista, ben documentato e aperto alla realtà e alla verità (che non possediamo mai fino in fondo) potrebbero portarci a conclusioni inaspettate. A me è successo così e ho capito che la prudenza è sempre una buona consigliera, tanto più se non si hanno competenze tecniche.

              ARGOMENTO ETICO. Occorre distinguere tra eutanasia e sospensione della terapia per non cadere nell’accanimento. La possibilità di sospendere la terapia o di limitarla spetta al soggetto (ai genitori in caso di minore ed entro certi limiti), al medico, eventualmente al giudice qualora questo diritto non venga rispettato. Quando per un medico è legittimo decidere di sospendere un trattamento? Quando giudica un trattamento sproporzionato, cioè se i costi (non intesi in senso economico) superano i benefici. In parole povere: se un atto causa più sofferenza rispetto ai vantaggi terapeutici che arreca è dannoso, inutile, ingiusto e non si fa o si interrompe nel caso si sia iniziato nell’ipotesi o nella speranza di un beneficio che però poi effettivamente non si osserva, oppure nel caso sia stato intrapreso come salvavita di fronte alla necessità di prendere tempo in vista di un percorso diagnostico più approfondito. Si capisce? Il concetto di accanimento terapeutico si basa proprio sull’idea che non sempre e necessariamente un trattamento è buono. Non lo è quando è insensato, inutile, se non dannoso, sproporzionato rispetto al dolore che causa. Il medico ha in questo caso un diritto assoluto di decidere di non trattare ulteriormente, diritto che - se espresso nei limiti della legge - viene garantito dal sistema giudiziario. Ora vediamo perché il concetto di non accanimento si applica al caso del nostro bambino.
              ARGOMENTO SCIENTIFICO. Nel caso di Charlie si è sentito parlare di eutanasia, ma questo è del tutto fuori luogo, dal momento che si parla di eutanasia quando il fine di un atto, lo scopo, è di arrecare la morte. Ora provo a spiegare perché invece si tratta di un caso di sospensione di alcuni trattamenti che se proseguiti scivolano nell’accanimento terapeutico. Charlie è affetto da una patologia congenita, che riguarda i mitocondri, tutti i mitocondri di tutte le cellule, il che comporta un’alterata funzione energetica. Tale malattia si manifesta ad un certo punto dello sviluppo con una crisi energetica cellulare in bambini apparentemente sani fino a quel momento, con un coinvolgimento di tutti gli organi e apparati e i più compromessi sono il cervello, il sistema respiratorio e quello muscolare, cioè quelli che dipendono da un elevato consumo energetico, con perdita di funzione irreversibile. Questa patologia è incompatibile con la vita e ad oggi non esiste una terapia riconosciuta dalla comunità scientifica (ritornerò su questo punto più avanti). Occorrerebbe infatti riprogrammare tutte le cellule del corpo e inoltre all’apparire dei sintomi le lesioni, soprattutto a carico del cervello, sono irreversibili. Quando si manifesta il bimbo di età generalmente intorno ai 4-6 mesi diventa floppy, cioè floscio, poco reattivo, può avere manifestazioni di tipo epilettico e ad un certo momento smette di respirare. A questo punto probabilmente sarà già giunto all’osservazione medica e un rianimatore che si trova un bimbo in arresto respiratorio senza un motivo  poiché é da qualche settimana che il bambino non sta bene ma non è stato fatta una diagnosi (magari un’influenza intercorrente ha aumentato le richieste energetiche in modo improvviso e ha fatto precipitare il quadro) lo rianima - in termini tecnici - in modo aggressivo, lo intuba e lo attacca ad una macchina che respira per lui. Il bambino finisce in una terapia intensiva e qui ogni suo apparato viene supportato massivamente, lui da solo non fa più niente e delle macchine sofisticate e cure intensive lo tengono in vita per settimane affinché si capisca cosa è successo. Ci siamo? Il bimbo in questione di suo sarebbe morto. Ci vogliono parecchie settimane per fare una diagnosi che tra l’altro richiede uno studio bioptico del muscolo (e anche analisi sul liquor). Prima occorre sospettare la malattia, oltre alla clinica si osservano lesioni cerebrali tipiche con una risonanza magnetica e quando c'è una ragionevole possibilità si fa la biopsia e ci vogliono diverse settimane per avere il responso. Non ci sono errori diagnostici. Nel frattempo il bambino viene tenuto in vita e vengono provate molte terapie dato che non si ha la diagnosi certa. Uno dei motivi per cui si sospetta la malattia è che nonostante un supporto massivo il bambino non migliora. E la realtà da accettare è che non migliorerà mai. È come un treno a cui viene tolta la corrente e non c'è modo di ridarla e il treno non ripartirà mai. Il processo non può essere interrotto e il bambino dipenderà sempre da macchine per respirare e il suo quadro neurologico peggiorerà costantemente e in modo rapidissimo senza alcun contatto con l’esterno (anche l’esame neurologico è rilevante nel percorso diagnostico), anche se a tratti aprirà gli occhi, accennerà al pianto e avrà minimi movimenti degli arti per breve tempo. Ora dunque si comprende come interrompere un trattamento in questo caso non si tratta di eutanasia, cioè di fare qualcosa che di per sé causa la morte come fine ricercato. Si tratta invece di interrompere alcuni atti medici, artificiali, che tengono in vita ma senza alcun risultato in termini di autonomizzazione presente o futura e questi atti medici possono essere messi in atto in fase acuta, non per sempre. Tenere un bimbo intubato per un mese significa arrecare dei grossi danni alla trachea, significa causargli infezioni severe e letali, significa tenerlo sedato in una condizione di grande sofferenza (provate a pensare cosa vuole dire avere un tubo in gola, che passa per le corde vocali, dover essere aspirato in trachea ogni 2 ore, senza poter deglutire e così via… su questo mi dispiace ma l’immaginazione non arriva mai a toccare la crudezza della realtà, quindi se non siete convinti vi invito a fare un giretto in una rianimazione pediatrica). Protrarre questi trattamenti non ha alcuno scopo, significa solo procrastinare un decesso inevitabile e facendo soffrire senza alcuno scopo, prolungare una vita naturalmente destinata a spegnersi attraverso atti medici estremamente invasivi e dolorosi. Vediamo dunque come inizia a configurarsi il quadro di accanimento terapeutico, situazione in cui gli atti medici sono inutili (non portano ad un miglioramento), sono dannosi (causano sofferenza e hanno effetti collaterali negativi), non fanno in definitiva il bene del bambino prolungandone l’agonia per un tempo indefinito ma senza un reale obiettivo. Sospendere un trattamento invasivo quale la ventilazione meccanica o il supporto farmacologico del sistema cardiocircolatorio diventa un obbligo morale in queste circostanze. E lo scopo non è far morire il bambino (come nel caso dell’eutanasia), ma interrompere un atto artificiale immotivato, ingiustificato, ingiusto. Talvolta si protrae un trattamento simile per dare il tempo ai genitori di essere pronti, mettendo pertanto il bene dei genitori davanti a quello del bambino, ma questo vale per un certo periodo di tempo. Non giusta sarebbe invece la sospensione delle cure, dell’assistenza, della palliazione e della presa in carico del bambino come della famiglia. La sospensione del supporto ventilatorio non è sinonimo di mettere un cuscino in faccia al bambino e si giunge a questa decisione dopo numerosi tentativi di svezzamento dal respiratore (una sorta di allenamento progressivo con riduzione del supporto e graduale autonomizzazione del respiro) che però falliscono. Tutto fallisce. Le terapie della fase acuta sono della fase acuta e portare questi bambini ad una fase cronica è impossibile. È il bene del bambino al centro (e anche su questo tornerò dopo) anche quando purtroppo si deve ammettere di non avere altre risorse.
              ARGOMENTO ESPERIENZIALE. Vorrei essere un po’ polemica: cosa viene in tasca ad un rianimatore del Great Ormund Street Hospital a far fuori un bambino? (Far fuori è un termine sbagliato ma così si dice in questi giorni negli articoli che mi è capitato di leggere). Nulla se non un mucchio di problemi legali, un sacco di beghe mediatiche, l’evidenza dichiarata del suo fallimento e un carico psico-emotivo tragico. L’obiettivo di un medico è salvare la gente, mica farla fuori. Quando la gente mi dice che ha paura dell’anestesia io ridendo dico sempre: “Non si preoccupi caro, io stanotte voglio dormire”. Dunque, non è un nostro obiettivo uccidere. Perché dunque arrivare a queste scelte tanto controverse di ridurre il carico terapeutico? A tutti piace dormire la notte. E tutti noi - sicuramente in rianimazione pediatrica - piangiamo lacrime abbondanti per ogni bambino che muore e dopo queste decisioni, per quanto di gruppo, chi dorme sereno? Ma fermiamoci un attimo, l’obiettivo è davvero solo salvare? No, l’obiettivo è il bene complessivo della persona, come per ogni uomo onesto di questo mondo, nella prospettiva che ci riguarda di più in quanto medici cioè la salute. Ma la salute non è un bene assoluto. Il bene assoluto è la persona e io sono grata a tutti quei medici che mi hanno insegnato a prendermi la responsabilità della persona che ho davanti: è facile quando salvi una vita, hai molta riconoscenza e riconoscimenti, difficilissimo quando ti scontri con il limite, con l’ineluttabilità di un decorso infausto. Gridare al nazista e all’assassino è peggio che sparare sulla Croce Rossa e anche l’accusa di voler fare di questo caso un caso giuridico è del tutto ingiusta. È il punto di vista di chi non ha alcuna esperienza di questo settore. È sparare contro uomini che sono uomini veri, capaci umilmente di prendere atto della propria impossibilità in questa circostanza e che hanno l’eroicità di domandarsi cosa è bene dunque fare, anche quando il da farsi è decisamente scomodo e incomprensibile per molti: parlare ai genitori del fallimento proprio e della medicina e prendersi cura fino in fondo della persona, rispettandola fino all’ultimo nel suo essere più prezioso di ogni cosa nel tratto di strada che verosimilmente porterà alla morte. A questo proposito vorrei tornare sul discorso della malattia incurabile. L’ospedale in questione lo scorso anno ha spedito due bambini gemelli con malattia genetica incurabile al San Raffaele dove si faceva una cura sperimentale (avevano fatto 8 casi, mica 1000) e c’erano le condizioni per tentare il tutto per tutto: i bambini erano trasportabili in aereo senza grossi rischi, l’ospedale dava garanzia di affidabilità, i casi seguiti avevano dato speranze di successo, la malattia era in fase precocissima diagnosticata su una sorellina più grande che in quei mesi era in fin di vita. I bambini sono poi arrivati nella rianimazione dove lavoravo e i contatti con gli inglesi sono stati quotidiani finché i bimbi non sono ripartiti. Ed è stato un calvario per quella famiglia, ma è stato intrapreso perché c’erano seppur minime ma ragionevoli possibilità di successo, anche parziale. Spese coperte in parte dal servizio sanitario inglese, in parte da donazioni private. Le cure sperimentali sono fatte e favorite se sussistono dei criteri di candidabilità. Ma non dobbiamo dimenticare che oltre agli elementi tecnici e scientifici esistono quelli umani: alcune cure sono delle vere e proprie torture (i due gemellini erano irriconoscibili rispetto a prima, con una fragilità, lesioni, edemi ovunque… io credo che anche in questo caso chi non vede non può immaginare!) e allora torniamo al punto: ha sempre senso? Dove sta il bene nella singola specifica situazione? Posto che nessuno ha lo scopo di uccidere, potrà un medico valutare che un’opzione sperimentale non sia percorribile? Non ha più strumenti di uno che fa tutt'altro nella vita se lavora seriamente e con un'equipe di esperti per capire cosa è davvero meglio per il paziente che gli è affidato? Perché ritorno al punto: i pazienti sono lo scopo della vita lavorativa di un medico, mica i soldi o il riconoscimento sociale che semmai sono conseguenze. Un bimbo come Charlie, intubato e ventilato può sopportare un viaggio in aereo? Il centro proposto offre delle garanzie adeguate di cura? Ha un livello assistenziale adeguato? Perché io medico ho una responsabilità nei confronti del paziente. Una responsabilità per la quale ho fatto un giuramento. Vi sono criteri di scientificità in queste cure sperimentali proposte? Se un’equipe di esperti dà risposta negativa a queste domande: chi siete voi tutti per giudicare? Che strumenti avete? È pensabile che a questi medici possa non interessare una reale seppur minima possibilità di salvare il bambino?! È il loro lavoro salvare bambini!!!
              ARGOMENTO SOCIALE. Per un bambino che occupa un posto in rianimazione per settimane senza prospettive di miglioramento, decine di altri bambini forse con patologie acute guaribili, non hanno possibilità di accesso per il posto occupato. Sembra una crudeltà portare questo argomento ma in medicina e nelle urgenze occorre prendere delle decisioni, scegliere... funziona così, sempre. Si parte dal più grave che può essere salvato. Non da chi non ha chance. Crudele? Sì. Ma il limite, il limite esiste. Dunque è immorale tenere per mesi occupato un posto per un bambino che viene tenuto in vita per non affrontare il fatto che non c'è nulla da fare. O per non urtare la sensibilità del mondo che non accetta la morte o per accontentare dei genitori che non sanno farsi una ragione del fatto che il loro bimbo non diventerà grande. Si può fare per un po' ma non per sempre. Non irrilevante sarebbe accennare anche ai costi. Prosaico? La vita non ha prezzo? Verissimo. Ma nemmeno è giusta la vita ad ogni costo. Siamo responsabili delle risorse, sempre e se non c'è possibilità di guarigione occorre prenderne atto. Duro? Sì. Ribadisco: non si dorme la notte. Ma il coraggio di un medico non si misura solo nell’affrontare grandi difficoltà per salvare vite, lavorare 12 ore al giorno, fare turni di notte, studiare 13 anni solo per arrivare a capire che la realtà lo supera sempre… bensì anche nel saper fare i conti con il limite e con le decisioni che ne conseguono. Tutto questo non vuole dire uccidere un bambino o fare l’eutanasia, cioè ribadisco cercare la morte come scopo. Ma vuole dire che se dei trattamenti sono inefficaci verranno sospesi.
              I NOVISSIMI. I cristiani non credono più nella vita dopo la morte? È così che finiamo per accanirci e per fare delle polemiche veramente assurde. Ricordando sempre che non si punta mai come obiettivo a far morire nessuno, ma credo dobbiamo ricordarci anche e di più che in Cielo si sta meglio di qua. E un bambino fila dritto in Cielo. Allora siamo noi, con il nostro egoismo e la nostra falsa compassione, che vogliamo overtrattare persone senza alcuna altra giustificazione che la nostra paura! Il decorso di questa malattia allo stato attuale non può essere invertito se non da un miracolo, che può accadere sempre, a bambino intubato o no. Potremmo dunque aprire una parentesi sul senso della vita di un bambino come Charlie. Non lo so, ma penso ci sia. Non sta a noi fare nulla per inventarcene uno. Ha senso di per sé ogni vita, comunque vada a finire e per quanto poco duri. Ho seguito due bambini con una forma di patologia uguale a quella di Charlie e non potete immaginare quanto mi hanno dato. Quanto mi hanno dato i colloqui con le loro famiglie e i genitori nonostante il grande dolore erano sereni, a riprova che con sensibilità e molta cura si può arrivare a trasmettere davvero il senso buono di una scelta estremamente dura. E, uno in particolare, l'ho tenuto in braccio a lungo nelle ore in cui si stava spegnendo dopo che abbiamo tolto il tubo (si fa così ovunque, non solo a Londra, nelle poche realtà in cui questi bimbi sopravvivono ai primi mesi di vita) mentre il papà si prendeva una piccola pausa. E sento ancora il suo calore che mi riempie di qualcosa di sconosciuto. E credo lui farà sempre parte di me. E dovete credermi che anche ora al pensiero di Rehan Giuseppe e di Miriam mi si riempiono gli occhi di lacrime. Probabilmente hanno dato più loro a me che io a loro. E credo valga lo stesso per ognuna delle persone che hanno voluto loro bene. Il senso di una vita non si misura nelle lauree che uno prende, ma solo nell’amore che uno fa nascere, nelle domande che uno suscita, nello stimolo a migliorarci e a migliorare il mondo che, pur in circostanze inspiegabili, ci viene trasmesso. È chi non crede a questo che pensa che solo sopravvivere conti, che la vita abbia senso solo se lunga e performante e che non accanirsi è immorale. E poi, come mi ha insegnato il mio maestro più grande, chi può conoscere il dialogo che c'è tra Dio e un’anima? Nessuno. E questa è l’unica cosa che conta. E questi bambini, cosí speciali, vedono Dio dal primo istante della loro brevissima esistenza. Lasciamo dunque posto alla vera compassione, non a quel surrogato di pietismo che nasce dalle nostre paure.

              Ho scritto queste cose per Giuseppe e Miriam. Per rendere giustizia ai medici del Great Ormund nel mio piccolo. Per aprire una discussione, per suscitare domande e cercare nuove risposte.
              « Ultima modifica: Martedì 4 Lug 2017, 13:55:45 da feidhelm »
                       
              In memoria di chi ci ha "cucinato" tante storie memorabili...

                Re: Disquisizioni teologiche
                Risposta #576: Martedì 4 Lug 2017, 07:26:10
                Quindi riassumendo questo lungo post non si tratterebbe di eutanasia, ma di accanimento terapeutico, perché Charlie sarebbe comunque vissuto in condizioni difficilissime. Questo si era capito, ma il comportamento del Papa non mi è comunque piaciuto
                Per essere una buona guida bisogna imparare anche a dire cose che non  possono piacere a tutti  ed essere sempre sinceri e coerenti con le proprie idee
                Dicendo questo non voglio ovviamente difendere chi lo insulta con appellativi da diffamazione, ma semplicemente dire che dovrebbe meno affidarsi a tweet o altri freddi mezzi tecnologici ed essere più libero di esporre ciò che davvero pensa, perché non ho ancora capito il suo modo di pensare, sempre nascosto dietro frasi fatte per avere il consenso di più gente possibile
                « Ultima modifica: Martedì 4 Lug 2017, 08:21:18 da ele684 »

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                  Risposta #577: Martedì 4 Lug 2017, 08:27:28
                  Ma è possibile che papa Bergoglio intervenga sulla vicenda del piccolo Charlie solo dopo che le autorità inglesi hanno deciso, con un tweet e non almeno una mail e senza mai fare il nome del bambino?
                  [Premessa personale] Ritengo che costringere un bimbo di pochi mesi a soffrire per il resto della sua comunque breve esistenza solo per un -comprensibile- attaccamento egoistico da parte dei genitori, sia l'esatto contrario di ciò che si può definire rispetto per la vita.

                  Non comprendo la posizione da parte del mondo Cattolico (in questo caso come negli altri casi di accanimento terapeutico):
                  - se Dio vorrà che sopravviva dopo che hanno staccato le macchine, farà si che questo succeda.
                  - se Dio sta chiamando a se questo bambino, non è che tenendolo in vita artificialmente si oppongono al suo volere?

                  non era "sia fatta la Sua volontà"?


                  Tutti nella vita, soprattutto ai posti di comando, commettono errori. E anche Papa Bergoglio (come altri in precedenza) non si salva da queste colpe.
                  A meno che non usi il dono del carisma, il superpotere che gli da' l'infallibilita  :P

                    Re: Disquisizioni teologiche
                    Risposta #578: Martedì 4 Lug 2017, 09:47:34
                    Se sei il capo di una Chiesa come quella Cattolica, credo che tu abbia il dovere di intervenire sempre su un tema come questo, proprio perché la linea da seguire potrebbe essere difficile da trovare per i tuoi fedeli.

                    Personalmente ho percepito il ritardo papale come un momento nel quale lo stesso Pontefice avrebbe voluto astenersi, e probabilmente l'avrebbe fatto se non sollecitato, peccato che il non prendere una posizione su questi temi sia impossibile per la Chiesa...

                    Sta di fatto che ora il Bambin Gesù, pare con  intercessione papale, si è interessato al piccolo, e ciò è sicuramente buona cosa e da lodare.

                    Tuttavia, il ritardo con il quale ci si è occupati della vicenda mi è parso gravissimo, oltreché incomprensibile.

                    *

                    Pap
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                    PolliceSu
                      Re: Disquisizioni teologiche
                      Risposta #579: Martedì 4 Lug 2017, 10:40:04
                      Non avete controllato sui suoi profili?Magari l' aveva scritto lì

                       

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