@Andy98: ho letto il tuo post del 30.05 scorso, in cui esponi le tue perplessità sull'argomento credenza e fede e fai alcune riflessioni in proposito. La mia esperienza in materia religiosa è diversa dalla tua. Tu giustamente evidenzi che vi è differenza fra credenza, intesa come osservanza di un insieme di regole, precetti, comportamenti e rituali, organizzati in modo collettivo, e fede. In realtà, secondo me, questa differenza, che tu metti in luce, non è il punto centrale di un discorso religioso, viene dopo. Quel che è essenziale è la fede, e la fede per me è incontro con una persona, Cristo, che ha rivelato il volto del Padre. Come in ogni dinamica relazionale, questo incontro può generare un rapporto, e può succedere che non lo generi. I precetti, comportamenti, regole vengono dopo ed acquistano significato solo alla luce ed in funzione di questo incontro e del rapporto che ne deriva: come in un rapporto cui si tenga molto ci sono regole e comportamenti necessari per mantenerlo e farlo crescere, così avviene in un rapporto di fede. L'andare a messa la domenica, tanto per fare un esempio, non diventa più un mero rituale da rispettare per tradizione o per uniformarsi a dei comportamenti collettivi, ma un momento forte di questo incontro con Cristo, ove ogni atto, simbolo e comportamento seve a nutrire ed alimentare il nostro rapporto con Lui. Nella mia visione di fede, dunque, non ci sono e non hanno alcun senso i "debiti" verso la divinità di cui parli tu, nè ha senso parlare di utilità e/o convenienza a seguire od adottare comportamenti e/o pratiche religiose: quel che si fa, si fa ed acquista significato in un'ottica di fede.
@Avv. Photomas: concordo con te che l'intervista/conversazione fra Bergoglio e Scalfari presti il fianco ad interpretazioni relativistiche: in questo senso, certamente Benedetto XVI aveva molto più coraggio ed audacia nell'esprimere a chiare lettere i principi fondamentali di fede e nel non farsi tentare dalle sirene della parola manipolatrice dei concetti: il suo parlare, evangelicamente, è sempre stato "sì,sì - no, no". A ben vedere, però, anche Bergoglio, seppur in modo un po' infelice, ci ricorda una realtà ineludibile, di fronte alla quale tutti prima o poi sbattiamo il capo, e cioè che di fronte alle nostre scelte (morali, etiche, pratiche...) siamo tutti soli con la nostra coscienza e che, in definitiva, è nostro il compito e la responsabilità, di fronte agli interrogativi ed ai bivi della vita, di scoprire le risposte che Dio ci suggerisce. Non si tratta di relativismo, ma di formarsi cristianamente per poter adottare scelte e comportamenti cristianamente ispirati.
Poi, sul fatto che oggi la gente adori il Papa perchè gli sente dire quel che si aspetta e quel che vuole sentirsi dire, ti dò assolutamente ragione; a me, poi, suscita perplessità che questo Papa, lungi dal rifuggire il facile consenso dell'opinione pubblica, sembri invece preoccupato della propria visibilità e della facile propaganda di ogni suo gesto: mi sembra quasi che tenda a scordarsi l'esempio di Cristo che, ogni volta che la folla lo voleva acclamare Re, preferiva rifugiarsi in luoghi appartati, e che tenga anche a scordarsi che lo stesso Gesù Cristo dice "non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra". Ciò non toglie, pur se nutro forti perplessità sul suo modus operandi, che Bergoglio rimane sempre il Papa, e a lui, come pastore della Chiesa Universale, deve andare comunque il mio rispetto, a prescindere dalle mie personali valutazioni e/o simpatie.