La cosa che mi ha più disturbato, infastidito in questa operazione è stato proprio l'editoriale del Direttore. Mentre lo leggevo mi domandavo a quale lettore si rivolgesse il Direttore lui, che più di ogni altro, ben sa qual è stata la giovinezza di Topolino e come è diventato, innanzi tutto quell'avventuriero, quel amico e anche, fra le tante altre cose, un giornalista.
Tutti i lettori di Topolino sanno - o dovrebbero sapere - tutto questo se non altro per sentito dire magari, se sono fra i più giovani, dai genitori. Gli unici che possono essere scusati di non saperlo sono quei piccoli lettori che improvvisamente, un giorno passando davanti ad un'edicola, per un motivo x sono stati attratti da quel giornaletto e che poi hanno voluto continuare a comprarlo.
Ma quanti saranno questi lettori?
Purtroppo con Gottfredson si può 'giocare' più che con Barks: nonostante la sua opera omnia sia stata ristampata in diverse occasioni (dalla fine dei '60 ai recenti Anni d'Oro) fra collane cartonate, brossurate, fogli di quotidiani, Oscar Mondadori, alboni della Comic Art e quant'altro, del meraviglioso periodo anteguerra di Mickey Mouse oggi, a parte i pochi personaggi canonici, si utilizza solo il suo look con gli occhi piccini e i calzoncini rossi, per il merchandising come per le storielle della Egmont citate prima (che nulla hanno a che vedere con 'quel' Topolino se non proprio per il look).
Con Carl Barks questo non avviene, secondo me grazie a tre fattori:
1) non aver abbandonato, da parte del Maestro, molti dei suoi personaggi più importanti portandoseli dietro fino al termine della sua carriera;
2) i cartoni delle DuckTales prima serie (quelle degli anni '80) che riprendevano plot, canovacci e personaggi delle sue storie;
3) Don Rosa che ha riportato all'attenzione mondiale di tutti (qualora ce ne fosse stato bisogno, almeno qui in Europa) i personaggi barksiani sviluppando ulteriormente (se non creando da validissime fondamenta) l'intera esistenza di Paperone.
Tutto ciò ha rimarcato o impresso ex novo certe situazioni dei paperi che non possono essere disinvoltamente scombussolate ne tantomeno ignorate. Aggiungendo a questo la recente storicizzazione italiana dell'infanzia di Paperino (Paperotto) in quel di Quack Town, anch'essa diventata imprescindibile in eventuali riproposizioni di quel periodo della vita del personaggio.
L'opera di Gottfredson non ha giovato di tutto questo: non fedeltà a diversi personaggi creati, no cartoni postumi e specifici sulla sua opera, non un erede che riprendesse i fili degli anni '30 (come Don Rosa ha ripreso quelli dei '50). E' anche vero che i character barksiani, al di là di cartoni e nuovi autori, sono considerati più attuali rispetto ad alcuni di Gottfredson, troppo legati (ma io non sono d'accordo in questo) ad un periodo anteguerra e rapidamente messi da parte a cominciare dal loro stesso creatore.
Come scritto prima, la differenza riguardo l'eredità da consegnare ai posteri sta nel fatto che Gottfredson,
nel dopoguerra, non solo 'rinnega' i vari Musone, Orango, Squick, Enigm, Macchia Nera, Setter ma limita al massimo le apparizioni di Orazio e Clarabella, di Gambadilegno oltre che di Minni, praticamente diventata un cameo negli anni '50, 'salvando' solo Mickey, Pippo e Basettoni, circondandoli di nuovi personaggi creati per l'occasione o che avranno un breve ciclo fumettistico. Al contrario, Barks porta avanti tutta la sua truppa fino alla fine della carriera, permettendo a Bassotti, Gastone, Amelia, Archimede, Cuordipietra (oltre, ovviamente, a Zio Paperone) di proseguire la loro strada con altri autori in tanti altri paesi. Anche riguardo le città, teatro delle loro gesta, il Gott crea Topolinia involontariamente, senza quasi accorgersene (il nome è spesso indefinito). Barks crea Paperopoli con cognizione di causa, lo fa determinazione e convinzione.
Se oggi Alex Bertani 'fa finta' di voler scoprire le origini di Topolino è perché, pur conoscendo quelle storiche, può permettersi di non riproporle (anche in tante salse alternative, più moderne) ai nuovi lettori in virtù di una debole conoscenza delle stesse da parte della gran massa del pubblico, adulto o giovane che sia.
A questi lettori non si può che presentare qualcosa di nuovo e completamente diverso, ignorando del tutto ciò che Topolino è veramente stato. Con buona pace di quella minoranza di lettori che 'sa' (come sono andate veramente le cose). Minoranza che nel caso dei paperi diventa maggioranza proprio per le ragioni espresse prima. Con qualche 'fuoriuscita' ma sempre sulla 'carreggiata' del Klondike riguardo Paperone o di Quack Town riguardo Paperino.
Io non sono d'accordo con questo percorso: se Don Rosa ha avuto un enorme successo non solo con la Saga di Paperone ma anche con tantissime storie di personaggi barksiani ambientate negli anni '50, non vedo perchè non si possano riproporre i personaggi di Gottfredson non tanto nei 'loro' anni 30 quanto in una serie di storie del presente dove, secondo me, potrebbero 'ambientarsi' benissimo (e ripescaggi del genere, sebbene sporadici, ne abbiamo avuti in storie italiane sia del passato remoto che recente).
Una rivalutazione 'popolare' (e non elitaria) di quel periodo permetterebbe storie sulla gioventù di Topolino più 'coerenti' con quel periodo stesso: non riportando tutto agli anni '30 (cronologicamente illogico) ma, con l'elastico temporale tipico del fumetto disneyano, riprendere in un passato indefinito quelle situazioni e quei personaggi che hanno contraddistinto la sua giovinezza. Personaggi che potrebbero essere utilizzati anche nel presente: perché oggi non possiamo avere un meccanico triste, un elegante capitano di volo, un vecchio farabutto, uno scienziato illuminato, un 'piombatore'? Come detto prima, una delle ragioni per cui ciò non avviene è perché Gottfredson, al contrario di Barks, non ha avuto il 'suo' Don Rosa che riportasse all'attenzione di tutti l'intero parterre dei suoi personaggi. Spero sempre che prima o poi qualcuno (Casty?) si prenda l'onere e l'onore di portare avanti l'intera eredità di Gottfredson, come Don Rosa ha fatto con Barks.