Io sono laureato in economia, una laurea che il lavoro me lo ha dato. Posso essere un fallito, i giudizi non mi interessano, ma i miei studi non lo sono stati. Studiare Giurisprudenza è stato un errore, ma personale, nessuno mi ha puntato il fucile alla testa per farmi scegliere.
La vita di una persona si gioca all' Università (se la fa) il resto conta davvero poco, chi dice il contrario mente, in buona o cattiva fede. All' Università devi mettere tutto te stesso, uscire con 110 e uscire il prima possibile. Quello che fai alle superiori è dispersivo, metà di quello che si impara dovrebbe essere a discrezione dello studente, la pretesa di insegnare cose forzatamente e senza l effettivo interesse di chi deve imparare è una violenza. E ora se non vado errato c è l obbligo della sufficienza ovunque. Lol.
E non facciamone un discorso economico, niente anno in Inghilterra? bene, 6 mesi, 3 mesi, corsi integrativi purché seri.
E inoltre non voglio demoralizzare nessuno, voglio solo che chi fa determinate scelte poi sia cosciente di come comportarsi perché il mondo fuori non lascia tante seconde possibilità, e ne vedo fin troppo ragazzi cresciuti con preconcetti FOLLI, basati solo sull'estetica che rimpiangono di non aver avuto chiaro subito cosa dovevano fare per il loro bene. Io sono felice, e un po' orgoglioso di essere uscito in tempo da una mentalità aristocratica e anacronistica che mi ero fatto, e recuperato, non con pochi sacrifici, il tempo perduto e gli errori fatti. Vorrei che gli altri non ne facessero, ma quando mi guardo intorno purtroppo ne vedo tanti, e immancabilmente poi il prezzo è salato.
Immagino che il ragazzo abbia deciso di sua spontanea volontà di affrontare un liceo, senza che nessuno gli abbia imposto alcun obbligo (vorrei sperare, perché dall'altra parte anche i genitori fanno i loro bei danni per rovinare gli studi dei figli), pertanto continuo a pensare che sia davvero pericoloso il consiglio che gli viene dato, che non lo aiuti a vivere serenamente quei cinque anni che per forza di cose continueranno con l'università: e lì, quando proprio dovrà dare il suo meglio, prendere il 110 o l'eccellenza come dici tu, si troverà in difficoltà, non riuscirà più a studiare perché avrà vissuto lo studio di tutte le materie che non gli interessavano come una sofferenza, anche solo per prendere quel misero sei di cui ha bisogno.
Invece quello che mi sembra di vedere è un ragazzo ben stimolato al voler conoscere, e al voler sviluppare quella mentalità critica che servirà tantissimo all'università, poiché vi è differenza tra studiare le cose e capirle - come poi è richiesto da uno che si è laureato in un determinato campo - e studiarle solo per superare l'esame di turno (e tanti lo fanno comunque, quindi non è colpa esclusivamente degli istituti superiori), ma se uno non ha un minimo di coscienza personale verrà solo travolto da tutto quanto.
Che se ne fa uno della cultura? Tanto, perché non bisogna porre i paletti e trascurare ciò che non interessa il proprio campo di interesse, una base serve comunque per avere poi lo spirito critico che farà davvero la differenza nell'ambito del proprio progetto di vita.
Un chimico o un fisico non possono assolutamente trascurare quella che viene definita "cultura umanistica", anzi, sarebbe disonesto ignorare gli insegnamenti della storia (relativamente all'uso e allo sfruttamento di certe conoscenze scientifiche), della letteratura (che fa denuncia e predispone un minimo di atteggiamento critico dinanzi a questioni di pertinenza della scienza), della filosofia (trovo impensabile che uno arrivi ad occuparsi di discipline scientifiche ignorando l'epistemologia, la fenomenologia o pensatori come Cartesio, Hume e Kant, almeno le basi si devono porre). Allo stesso modo, un letterato o un filosofo non possono rimanere ancorati a romanzi o a saggi che si occupano principalmente con il loro campo, ma devono essere formati anche relativamente ad altri ambiti, perché l'analisi della realtà procede anche attraverso le scoperte scientifiche (la crisi di inizio secolo scorso è l'esempio più lampante, o ancora pensiamo a Copernico e a Galileo... può un letterato ignorare veramente queste cose e rintanarsi nelle sole letture di Ariosto, Tasso e Marino? Non penso proprio).
Che poi tu sia stato deluso dal metodo di insegnamento scolastico è un conto, ma ripeto: sarebbe alquanto fuorviante indirizzare così un ragazzo che mi sembra decisamente consapevole della sua scelta e proporgli un modello di vita piuttosto sterile e arido, poiché uno potrà anche mettere tutte le proprie energie e studiare esclusivamente ciò che gli servirà per il futuro, ma così svilupperà solo una mentalità chiusa, vuota e puramente individualistica (tu stesso gli hai suggerito di farsi un gruppo di amici solidi, ma dubito che con un atteggiamento del genere sia possibile portare avanti delle amicizie, anche quelle poche e sincere che si potrà fare...).
E fidatevi, la sensazione di vuotezza e di inettitudine, quando si fa sentire, può veramente rovinare una persona, anche per pochi istanti. Se invece ha qualcosa o qualcuno su cui fare affidamento, ne potrà uscire più fortificato di prima. Se un proprio progetto di vita fallirà, si avrà lo spirito necessario a superarlo al più presto e a ricominciare.
Perchè poi è questo il problema della nostra società: non si riesce più a ricominciare quando si fallisce, e ci si lascia abbattere perché non si ha sufficiente apertura al mondo.