Recensione Topolino 3361È innegabile che ogni nuova storia di
Casty susciti, in chi segue più o meno assiduamente
Topolino, curiosità ed aspettative.
La copertina di Andrea Freccero ispirata alla storia di Casty.
Nonostante nel corso degli anni si sia guadagnato l’indiscusso riconoscimento di autore di kolossal quasi come uno dei più acclamati registi cinematografici, è indubbio che la sua verve e la sua creatività spicchino anche nelle storie più semplici, qui intese non come una caratteristica dispregiativa ma, tutt’altro, come un ottimo contraltare a quelle che sono, vuoi per lunghezza, vuoi per complessità di trama e tematiche affrontate, delle storie più impegnative.
Quindi, dicevamo, storie semplici a prima vista, che rappresentano anche loro l’universo dei Topi sempre così ben rappresentato dall’autore goriziano, con il suo solito stile fresco, vivace e coinvolgente.
E anche la storia di questa settimana non fa eccezione a questo suo
marchio di fabbrica.
Topolino e la casa dei dipinti che fingono (in inglese
Mickey Mouse and the house of the pretending paintings) è una storia di lunghezza standard, ma che nelle sue 35 tavole a metà tra il thriller, il gotico e la fiaba più o meno cupa riesce a toccare le corde giuste che ci fanno sorridere, emozionare e spesso anche immedesimare nei personaggi rappresentati.
Andiamo quindi alla scoperta, in parallelo all’avventura vissuta da Topolino e Pippo dopo l’acquisto del villino per le vacanze, anche della storia del pittore Odoard Crunch, che a seguito di un amore non corrisposto cerca sfogo nella pittura, senza rendersi conto di stare sprofondando man mano nella tristezza e nella depressione. In una similitudine con
Dorian Gray, i quadri iniziano a riflettere sempre più il lato intimo e nascosto del loro autore, ingrigiscono, soffrono, fino a che – lo scopriremo poi sul finale –
cuando menos piensas sale el sol (come cantava anche Shakira qualche anno fa), e insieme al protagonista scopriamo che tutte le sofferenze possono essere superate e la serenità può venire ritrovata quando meno ce lo aspettiamo, all’improvviso.
L’ingresso di Topolino nel mondo dei quadri di Odoard Crunch.
Il tutto sapientemente condito sia dal registro caratteristicamente
humor dell’autore, sia da un tratto grafico per certi versi
vintage ma che, a parere di chi scrive, ben si confà alle storie dell’autore, realizzando quella perfetta sinergia tra testi e disegni che difficilmente si può trovare quando le mani e la mente di sceneggiatore e disegnatore non sono le stesse.
Anche perché a vedere tavole come quella che qui riportiamo, viene davvero impossibile chiedersi se ci potesse essere di meglio.
Si potrebbe obiettare che alcuni passaggi sul finale siano un po’
troppo affrettati, ma sarebbe davvero un dettaglio che non inficia nella maniera
più assoluta il risultato della storia. Se proprio devo muovere una critica, la
faccio piuttosto al titolo, che trovo personalmente non in linea con quello che
viene rappresentato nella storia.
Come seconda portata del numero abbiamo il terzo episodio di
Zio Paperone e la pietra dell’oltreblù, seconda saga italiana di
Bruno Enna con i disegni di
Alessandro Perina. In questa puntata i paperi sono in trasferta a Firenze, ormai prossimi alla conclusione della vicenda, e con ancora un finale tutto da scrivere. La narrazione si presenta molto più coinvolgente della precedente avventura leonardesca, e ci offre anche dei siparietti degni di nota (come non pensare al dialogo tra Zio Paperone e il calzolaio fiorentino?).
Segue poi un nuovo episodio della serie
Miao (Cronache feline) intitolata a Malachia, dal titolo
Una visita sgradita (
Salati/
Faccini), avventura simpatica e per nulla banale.
Altro piatto forte della settimana è
Zio Paperone e il Criptodeposito (
Sisti/
Mangiatordi), che ci accompagna alla scoperta del mondo delle criptovalute, e lo fa, grazie alla maestria della sceneggiatura, e ad uno scenario più che credibile e realistico. Sicuramente molto interessante, e forse lo sarebbe stato ancora di più se ci fosse stato a corredo un redazionale di approfondimento sull’argomento.
Dopo un’ennesima breve martoriata dalla censura, in chiusura troviamo
Paperino e il ritorno del bassotto trasformista (
Mazzoleni/
Held) che riprende un personaggio già visto alcuni anni fa. La trama qui è gradevole ma non è niente di eccezionale, e i disegni, purtroppo, non aiutano ad apprezzarla maggiormente. Non si capisce se la somiglianza tra i due personaggi attorno ai quali ruota la vicenda è lasciata all’immaginazione del lettore – magari per facilitarne la distinzione ai lettori più giovani – o se davvero la popolazione di Paperopoli ha dei seri problemi di vista.
In ogni caso, piccolezze a parte, è davvero un numero di ottima qualità, come non se ne leggevano da un bel po’. Al netto di pochi dettagli, tutte quelle presentate sono storie di sostanza e non solo di fumo, e questo non può che portare ad un ottimo risultato!
Voto del recensore:
5/5Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
http://www.papersera.net/wp/2020/04/29/topolino-3361/