Dopo aver letto la storia delle Giovani Marmotte mi sto chiedendo: nelle prossime storie delle GM vedremo mai degli animali più selvatici oppure il massimo rappresentabile oggi sono animaletti di piccola taglia che sembrano degli affettuosi peluche?
Se non altro, così le GM sono più accostabili ai gruppi scoutistici nostrani, che nei boschi non incontrano certo il leopardo albino.
Ho iniziato la lettura di questo numero con una certa noia, perché
Operazione Alaska non mi aveva preso per niente; nipotini perfettini, GM fin troppo entusiaste di se stesse, missione ancora solo abbozzata... e i becchi sempre aperti disegnati da D’Ippolito mi danno un po’ fastidio. Meravigliosa la copertina di Cavazzano ma... per capire se salvare il numero sono saltato subito alle storie su cui avevo letto commenti positivi;
Strada facendo sono “inciampato” in
Quando Pippo... entra in libreria, breve che va via in un soffio, scontata ma gradevole in particolare per i disegni...
Arrivo dunque all’agognato Faccini di
Ride bene chi ride ultimo, che mi ha strappato molti sorrisi in sole cinque pagine, in particolare per il finale che rientra in quello humour che mi fa andare in brodo di giuggiole!
Ma il piatto forte è
Pico e il problema del blackout, che mi convince a “salvare” il numero, e che vede l’ottimo ritorno in scena parimenti di Salvagnini e di Guerrini! Disegni fantastici e accattivanti, da cui emerge lo studio che è stato fatto sul personaggio per renderlo al meglio e in linea con la perfetta caratterizzazione che ne fa lo sceneggiatore; ciò dimostra che anche Pico, abbastanza appiattito negli ultimi anni, può tornare a essere una star se viene “capito” fino in fondo. Il che significa renderlo se stesso... con tutta la sua disarmante personalità.
Il numero si conclude con
Pippo, Topolino e lo stellocchiale di Astrus de Pippis, che non rivela una grande inventiva ma perlomeno fa recitare bene i personaggi e presenta gag convincenti; a parte il finale banale e buonista, almeno qui Topolino appare scettico e quindi quantomeno dotato di un briciolo di spessore caratteriale, a differenza del suo alter ego asettico che aveva visitato la soffitta in Topolino- Le origini.
Torno quindi indietro e trovo la convincente conclusione de
La pietra dell’Oltreblu, che si rivela non solo un bel divertimento e conferma il fascino di Paperello, ma consegna anche una Amelia di nuovo piena di grinta, a differenza di come viene più spesso ormai da anni rappresentata. La storia si riallaccia a una futura saga a tema ciclistico che però... yawmn... non mi sconfinfera granché, non è forse la ventordicesima volta che si narrano avventure sul giro d’Italia?
Subito dopo ecco
Agente Paperin Palladio e la missione architettonica. Sarà che ormai mi si era rinfrancato lo spirito, ma la storia mi è piaciuta! Certo, le gag non sono proprio il massimo... ma devo dire che mi ha fatto incuriosire sull’ artista, e penso che fosse il primo scopo per cui è stata scritta.
A questo punto, decido di tornare indietro a
Operazione Alaska per rileggerla e capire se darle un’altra possibilità. Beh... qualcosa c’è. I disegni non sono affatto male, cerco di non fissarmi sui becchi e... chissà che nelle prossime puntate la differente caratterizzazione dei paperetti non riservi risvolti interessanti. Per il momento, però, provo un po’ troppa nostalgia per la sottile ironia con cui Barks (come anche molti artisti italiani in verità) narrava le vicende delle GM , per divertirmi davvero con questi paperetti... speriamo bene! Certo, se negli anni ‘70 essi si confrontavano con draghi fatti di rifiuti, allora adesso dovrebbero essere praticamente sconfitti di fronte al progresso e all’inquinamento, quindi forse è meglio idealizzarli un po’... purché si torni a ridere con personaggi verosimili! Certo, che fighi i nipotini che camminano in equilibrio sul tronco sotto la pioggia... ehm, dicevo, personaggi più verosimili!