Recensione Gli Archivi di Topolino - Anno Due 1950 Qualche mese fa, in occasione della
recensione al primo numero de Gli Archivi di Topolino, ci siamo lasciati con un interrogativo abbastanza pesante: a chi è rivolta questa nuova (e costosa) collana? La risposta, allora dettata principalmente dalla speranza di una sua continuazione, rimetteva al gusto del
lettore colto l’esistenza stessa di questo progetto editoriale. Passato un po’ di tempo e lasciata alle spalle l’inedita angoscia del confinamento, nonostante la mancanza del traino delle fiere Panini ha sfornato il secondo tomo degli
Archivi: tutto appare finalmente più chiaro e, a parere di chi scrive, intrigante.
Forte di un dettagliato
disclaimer posto all’inizio in cui vengono ripresi concetti già espressi nell’introduzione del primo volume (dove a tal fine si sottraeva una pagina intera agli approfondimenti, ma “Santità, se è necessario…”),
Gli Archivi di Topolino – Anno Due 1950 appare immediatamente per quello che è: un prodotto editoriale ottimo e sostanzialmente
privo di difetti.
Come già accaduto con molte altre pubblicazioni disneyane, fatto decantare l’entusiasmo dettato dalla smania di novità, è dal secondo numero in poi che effettivamente si cominciano a capire le intenzioni dei curatori. In questo caso
Luca Boschi prende tutto lo spazio possibile per creare una forte
liaison tra il lettore del 2020 e il materiale pubblicato nella seconda annata di
Topolino libretto e, ulteriore passaggio, tra gli albi italiani di allora e i loro omologhi americani di fine anni Quaranta. L’articolo di presentazione del volume, infatti, è interamente dedicato a una delle innumerevoli pubblicazioni statunitensi nelle quali, troppa grazia!, sfilarono le firme dei grandi autori dell’epoca:
Boys’ and Girls’ March of Comics, un
giveaway dal titolo chilometrico e giovanilmente militaresco dato in omaggio negli
store d’oltreoceano, che insieme a
Vacation Parade è l’effettivo protagonista di questo volume, per certi aspetti anche più dello stesso
Topolino.
La copertina del Dono di Topolino ai suoi amici, ripresa dal primo numero di Walt Disney’s Comics and Stories
A sua volta, in questo gioco di rimandi tra Vecchio e Nuovo Mondo, il posto d’onore è tutto di
Paperino e la Cleopatrias Extinta, storia pubblicata da noi per la prima volta
non su
Topolino ma su
un leggendario albo-dono agli abbonati, tanto iconico quanto prezioso, collezionisticamente parlando. Da un regalo all’altro si arriva al 2020: per la prima volta, e Boschi sottolinea questo aspetto nel redazionale di presentazione della storia, la suddetta barksiana torna nella
versione più fedele all’originale, arricchita in questo caso dalla quadricromia dell’albetto italiano del 1950. La visione tardocoloniale già vista e, con la giusta quantità di sale in zucca, apprezzata in
Paperino e il feticcio qui esplode nuovamente in una serie di elementi topici, trovando in una pubblicazione di un certo livello come gli
Archivi la sua collocazione ideale: i selvaggi, i cannibali, gli indigeni sono traccia indelebile della mentalità di quell’epoca lì; l’Africa ostile e inesplorata, il giocare con la multiforme fauna locale, i paperi che uccidono un coccodrillo per travestirsi con la sua pelle sembrano quasi un’eco del discusso
Tintin in Congo. Bene, abbiamo un assaggio del
Dono di Topolino ai suoi amici. Ma
Topolino libretto? Questo volume è infatti molto di più che un semplice e meritorio recupero della
Cleopatrias e presenta un’antologia del meglio della produzione americana dei tardi anni Quaranta, un’offerta decisamente più ricca rispetto al precedente tomo:
Bill Walsh e
Floyd Gottfredson,
Carl Barks,
Paul Murry,
Bill Wright, per arrivare alle classiche e in quel tempo ubique storielline del bosco.
Paperopoli (MI)
Salterà immediatamente all’occhio, specie ai meno navigati, la mancanza totale di storie italiane. Nulla di strano, in realtà: “bruciato” lo
slot dei
Grilli atomici, l’unica storia italiana del 1950 se si escludono le puntate finali dell’
Inferno, sarà così anche per un eventuale
Anno Tre 1951, l’unico periodo in cui di italiano ci furono solo i redattori; l’ascesa delle storie prodotte a Milano sarebbe iniziata, infatti, soltanto nel 1952. Ciò detto, comunque, la selezione di storie è effettivamente preziosa e, meglio che nel primo volume, dà alla perfezione l’idea di cosa fosse
Topolino settant’anni fa, ripubblicando anche alcuni giochini apparsi all’epoca come
Hanno marinato la scuola! e
Topofilm.
Le storie, dicevamo. Fa piacere ritrovare un’avventura del ciclo di Eta Beta assente da dieci anni nelle ristampe di casa nostra:
Topolino e la banda della morte è uno dei classici fondamentali dell’opera di
Walsh, complice la presenza di un
villain intrigante e credibile nella sua bonaria e candida crudeltà. Lucius Lamb è la rappresentazione grafica del lupo travestito da agnello, un espediente narrativo che curiosamente sarebbe tornato molto tempo dopo in uno dei migliori film Disney degli ultimi anni,
Zootropolis, in cui il cattivo è nuovamente un innocente ovino: metafore magari un po’ didascaliche, ma memorabili nella loro semplicità. Meno metaforica la pudica censura sul nostrano
Topolino, opportunamente segnalata da una nota a piè di pagina, dell’avvenente signorina che si rivolge all’agenzia investigativa di Eta Beta e Topolino, richiamo a sua volta della medesima attività messa su da quest’ultimo insieme con Pippo
nel 1933.
Quanto pudore da queste parti Tornando al focus principale degli
Archivi, è sulle storie tratte dai
giveaways americani che è concentrata l’attenzione di gran parte del volume. Barks è presente anche con la pluriristampata
Paperino e l’isola misteriosa, un
instant classic emblematico per via della caratterizzazione sempre più approfondita delle sue due principali creazioni, Zio Paperone e Gastone. Come avvenuto per la
Cleopatrias, anche in questo caso la versione tratta da
Topolino 16 e 17 è la più vicina a quella di Barks. La storia editoriale dell’
Isola misteriosa è del resto abbastanza nota: perduti gli impianti e irreperibili in buone condizioni gli albi del 1949, fu
Daan Jippes a ridisegnarla vignetta per vignetta nel 1975. In Italia, invece, dove non si butta via niente, l’originale – con i suoi cannibali
politically incorrect – è fortunatamente sopravvissuto e fa bella mostra negli
Archivi.
Scherzi innocenti
A questo punto, ricercando
una visione a 360 gradi del fumetto Disney americano, il volume compie una necessaria sterzata per concentrarsi non più su determinate tematiche, ma sugli autori. Spesso offuscati dalla luce abbagliante dei due grandi Maestri loro connazionali, i nomi e le opere di
Paul Murry e
Bill Wright necessiterebbero del giusto riconoscimento qui da noi. Sebbene in passato abbiano goduto di un passaggio, rapido e fugace, sui
Capolavori Disney della Comic Art (entrambi) e sui
Maestri Disney (il solo autore del Missouri), da tempo sono poco presenti nelle testate italiane, se si eccettuano le sortite nella vitale miniera dei
Grandi Classici. Nel secondo volume degli
Archivi Boschi dedica loro il giusto spazio con articoli e storie, dando al lettore un’infarinata sull’altra faccia della medaglia della produzione a stelle e strisce.
Al sublime Barks delle
ten-pagers di
Walt Disney’s Comics and Stories si affianca allora Murry con
Paperino e la casa dei sobborghi, fortemente influenzata nel ritmo dall’animazione del periodo; al Topolino delle strisce sindacate di Gottfredson, invece, fa da contraltare quello, non meno avventuroso, dei
comic book. Nella
storia in cui Murry per la prima volta utilizza i personaggi di Topolinia ci sono delle evidenti ingenuità (una balena ammaestrata, sul serio?), ma il senso di mistero che pervade la prima parte è notevole e va segnalato il legame fortissimo, anche in questo caso, con il cinema: dopo aver dato filo da torcere a Pinocchio, a Geppetto e al Grillo, Monstro è qui un elemento fondamentale, archetipo del cetaceo disneyano.
Una prova migliore è quella di Bill Wright, autore completo di
Topolino e l’aeroporto della città morta: ci sono il giusto horror mortifero e angosciante, il giusto enigma, i giusti comprimari, da Pippo al neopromosso Colonnello Setter, il giusto uso dell’inchiostrazione specie nelle azioni in notturna. Sostanzialmente un’ottima versione del Topolino avventuroso che, nonostante le sole 22 tavole a disposizione, non difetta nella sceneggiatura.
L’orrore alla disneyana Arricchiscono il volume un moralizzante racconto dello Zio Remo con
Fratel Coniglietto e una storia con
Penna Bianca, il Little Hiawatha di Longfellow già apparso nell’
omonima Silly Symphony del 1937. L’indianino è qui protagonista di un insolito incontro con Tip, Tap e Topolino, classico esempio di quel sincretismo dei mondi narrativi disneyani che andava particolarmente forte nel secondo dopoguerra.
Come ricorderanno i lettori più fedeli dell’edicola del Papersera, nella recensione al primo volume degli
Archivi erano state riscontrate alcune criticità. Se dinanzi al
prezzo, sempre 29,90€, nulla si può fare – ma per un prodotto del genere è pienamente giustificato –, va notato un deciso miglioramento su tutti gli altri fronti. I
redazionali sono aumentati nel numero di pagine (24 a fronte delle 16 del primo numero) e si distinguono per varietà di argomenti e per qualità dell’approfondimento. Sulla
colorazione, i puristi possono gioire per la riedizione fedele alle versioni del 1950 delle due storie di Barks; in tutti gli altri casi sono nuovamente presenti i colori digitalizzati, più o meno meno invasivi.
Volpius De Moniacus, tamburi di guerra, i nipotini venduti ai cannibali e la colorazione originale: la magia Disney del 1950 Infine, e qui c’è da segnalare una certa attenzione ai lettori, nelle due
pagine di appendice contenenti le copertine di ogni numero di
Topolino edito tra aprile e dicembre 1950, oltre alle varie informazioni di prezzo, foliazione e indici vari si fa luce sulla logica di questa operazione editoriale: «La cronologia delle copertine di
Topolino […] prosegue da dove si è interrotta nel primo volume de
Gli Archivi di Topolino,
che riguardava il primo anno di vita del libretto, dall’aprile 1949 al marzo 1950». Stavolta non ci sono “inciampi” sulla selezione delle storie e il cerchio è effettivamente completo.
Insomma,
ad maiora e arrivederci ad una terza puntata: c’è assoluto bisogno di questa qualità nell’offerta disneyan-italiana dei nostri tempi.
Voto del recensore:
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