Recensione Topolino 3409
E per l’ennesima volta la montagna Vertigo ha partorito un topolino.
Siamo già alla quarta avventura in otto mesi con protagonista questo fantomatico personaggio e ancora una volta resto profondamente deluso. La
prima storia, che “analizzava” il fenomeno delle
fake news e che si concludeva in maniera piuttosto banale, mi aveva portato a pensare che potesse essere semplicemente un prologo più corposo della media, un modo per preparare nel modo migliore l’entrata in scena del nuovo
villain nell’avventura successiva. In seguito,
L’incubo di Mister Vertigo trasportava a Topolinia il caso di guerriglia marketing legato a
“This man” e, per la seconda volta, ero rimasto perplesso: Vertigo ancora non si palesava direttamente ai suoi avversari ma, soprattutto, non faceva nulla di veramente illegale.
La storia che si conclude questa settimana poi,
Topolino e l’ombra di Mister Vertigo, sembra quasi una completa divagazione dal tema generale raccontando una vicenda, almeno apparentemente, del tutto slegata dalla trama principale. Io voglio ancora concedere il beneficio del dubbio a
Nucci che, nella sua ancor breve carriera di sceneggiatore Disney, ha fatto vedere anche cose interessanti, ma non so se l’eventuale
plot twist che prima o poi spero arriverà sarà così forte da risarcirmi di tanto tempo sprecato. Perché la delusione non è l’unica sensazione che queste storie lasciano. C’è anche una discreta dose di noia: vicende che dovrebbero essere intriganti per natura vengono invece raccontate senza molto
pathos, col
risultato di una narrazione piuttosto piatta e non coinvolgente.
A questo si aggiunge
una scelta non ottimale dei disegnatori:
Petrossi e
Panaro hanno uno stile che poco si adatta alle ambientazioni ricche di
suspense che ci si aspetta dalle storie di Vertigo e l’effetto è quindi quello di “disinnescare” il potenziale gotico delle vicende narrate.
En passant, come se non bastasse,
stavolta cade nel ridicolo anche Macchia Nera, l’unico tra i cattivi storici di Topolinia ad avere ancora della credibilità: vederlo spalleggiato da Sgrinfia e rubacchiare come un Gambadilegno qualsiasi fa molto male.
Di topolini, comunque, da un po’ ne vengono partoriti diversi. Un altro esempio è
Zio Paperone, Battista e i segreti del deposito, storia di
Sisti dallo spunto molto classico che nelle canoniche trenta tavole o giù di lì, in un’unica soluzione, avrebbe fatto la sua figura. In questa occasione invece, complice la promozione del gadget abbinato, viene
dilatata oltre misura fino a ben tre puntate.
Facciotto ha quindi la possibilità di illustrare con dovizia i tanti angoli del deposito ma, per via anche del
plot non originalissimo, il risultato è un brodo allungato.

Un’altra storia si sarebbe conclusa qua, ma non questa
In soccorso del numero arriva per fortuna
Mastantuono, con le sue
Papersera News. L’autore romano riprende ottimamente
una vicenda narrata un anno fa e che sembrava conclusa già allora. In più non si limita a darle un seguito, ma fa chiarezza sia su quanto accaduto all’epoca, sia sull’episodio della giovinezza di Paperone che fa da sfondo ad entrambe le storie.
Il risultato è molto apprezzabile perché, proprio nelle battute finali, quella che sembrava dover essere l’ennesima riproposizione del cattivo redento si rivela per ciò che è davvero: la storia di un’amicizia sincera, vittima di incomprensioni ma mai tradita. Il finale è solo apparentemente lieto, virando piuttosto sulla malinconia.
A completare il numero una breve di Malachia scritta da
Gagnor con i disegni di
Faccini e la ristampa di
Messer Papero e il ghibellin fuggiasco della coppia
Martina/
Carpi, prima puntata delle sette che compongono
la saga di Messer Papero. Il motivo della riproposizione di questa storia è la presenza, nel ruolo di co-protagonista, di
Dante Alighieri, di cui ricorrono i 700 anni della morte. A Dante è dedicata anche ampia parte dei redazionali
Voto del recensore:
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