Non era certo la prima volta che un film Disney Television passava per i cinema:
Doug e
Ricreazione avevano portato sul grande schermo le animazioni rudimentali della sezione adibita alle serie televisive, mentre con
T Come Tigro era stata la sezione lungometraggi ad avere il suo momento di gloria. Era quindi la seconda volta che un film dei futuri Toon Studios veniva dirottato su grande schermo a causa dell'elevata qualità delle sue animazioni.
T Come Tigro non era però da considerarsi un vero e proprio sequel di
Winnie the Pooh dal momento che il mondo dell'orsetto era stato inteso fin dall'inizio come una dimensione serializzata e aperta ad un infinito numero di seguiti, un po' come il cosmo di Topolino, Paperino & co.
Return to Neverland, invece, vero e proprio sequel di
Peter Pan, costituì una novità assoluta per un pubblico abituato all'uguaglianza Cinema = Classico.
Due soli sequel erano stati prodotti dalla Disney Feature Animation:
Bianca e Bernie nella Terra dei Canguri e
Fantasia 2000. Ed entrambi come ovvio non si discostavano affatto dall'andamento qualitativo Disney, finendo spesso e volentieri per rivelarsi visivamente superiori ai rispettivi predecessori. La visibilità che il passaggio cinematografico diede a
Return to Neverland spinse anche lo spettatore più disattento a fare i conti con una nuova realtà "minore". E anche lo spettatore meno nerd cominciò ad avvertire subliminalmente che in questi film c'era qualcosa di diverso che li allontanava dallo stile Disney a cui ci si era abituati. Portare al cinema questo lungometraggio significò cancellare definitivamente con un colpo di spugna il sempre più labile confine che divideva il Disney di serie A da quello di serie B, e se da un lato questa mossa contribuì a dare a questo valente team di animatori la dignità e la fiducia necessaria per darsi poco tempo dopo un nome e un logo, inevitabilmente finì per inflazionare ulteriormente il marchio Disney al cinema, suggerendo subliminalmente agli spettatori meno esperti e meno disposti a fare dei distinguo, che non sempre il marchio Disney era sinonimo di qualità.
Ma la colpa di tutto questo è della politica dirigenziale e non certo del povero
Return to Neverland che in sé è uno dei prodotti migliori del filone. Questo è un sequel con un suo perchè, e sebbene prenda non poco spunto dallo spielberghiano
Hook, riesce a ripresentare il mondo del classico del '53 sotto un ottica nuova, inserendolo nella drammatica cornice della Seconda Guerra Mondiale. Il maggior punto di forza è infatti proprio la parte iniziale ambientata in una Londra distrutta dai bombardamenti, in cui ha logo la vicenda di Jane, figlia di una Wendy divenuta adulta.
Per la prima volta un personaggio viene trasformato totalmente, e fa un certo effetto il riconoscere la cara vecchia Wendy in questa madre di famiglia. Sono inoltre assenti Gianni e Michele, tralasciati per non sovraccaricare il film di inutili, quanto ridondanti, presenze. E si ripropone per l'ennesima volta il tema della nuova generazione ribelle, che assume dei comportamenti opposti a quelli del genitore. E' proprio la guerra e la partenza del padre al fronte a giustificare la maturazione precoce di Jane, troppo impegnata a curare il suo senso pratico per lasciarsi trasportare dalle fiabe della madre, come fa invece il fratellino piccolo. L'inizio del film, che parla degli sfollamenti dei bambini nelle campagne ricorda inoltre
Pomi d'Ottone e Manici di Scopa, nonché il più recente
Le Cronache di Narnia - Il Leone, la Strega e l'Armadio, in cui con questo espediente si giustificava l'arrivo dei protagonisti in un mondo magico. E l'introduzione di Jane nel mondo di Peter Pan avviene forzatamente, tramite Capitan Uncino, che credendola Wendy, la "preleva" gentilmente da casa sua, in una sequenza che vede il Jolly Rogers veleggiare per Londra, schivando la contraerea inglese.
Il problema del film è che una volta arrivati all'Isola Che Non C'è non succede più nulla. Che il feeling adulto necessario a introdurre Jane e porla in contrapposizione con Peter ad un certo punto scompaia è sicuramente una tappa obbligata del film, ma sinceramente una volta arrivati all'Isola si percepisce come nel soggetto manchi una qualche componente fondamentale. La permanenza di jane sull'Isola è infatti caratterizzata da un'iniziale malsopportazione delle atmosfere infantili e dalla progressiva (apparente) accettazione del mondo di Peter a seguito di un patto con Capitan Uncino che le promette il viaggio di ritorno se lei gli porterà il tesoro dei Bimbi Sperduti. Ma in tutto questo si avverte un eccessiva decompressione della sceneggiatura portata forzatamente a 72 minuti. Ci sono anche alcune cadute di tono abbastanza grosse come la presenza di un inutile polipo, in sostituzione del classico coccodrillo, che aspetta di papparsi Capitan Uncino. E un altro difetto è proprio il buffonesco Capitano, che ridotto qui a personaggio comico e imbranato finisce per collezionare sconfitte a ripetizione, che ne eliminano inevitabilmente il carisma.
Ma ci sono anche molti momenti topici, come la carrellata inizale tra le nuvole che mostra le sagome dei personaggi del primo film, il volo di Jane sulle spalle di Peter e soprattutto l'incontro finale tra Peter e Wendy, carico di nostalgica poesia, due minuti che riscattano il film di ogni suo difetto.
L'animazione di
Peter Pan in Ritorno all'Isola Che non C'è è assai ben fatta anche se molto spesso scade nel gommoso. Questo accade principalmente con i Bimbi Sperduti, il cui iperespressivismo fa a pugni con la qualità del loro umorismo, che diciamocelo, non è proprio il massimo per essere accompagnato da una simile enfasi.
Ma al di là di questo non ci si può proprio lamentare, Wendy nella sua nuova incarnazione è fantastica mentre Trilli è una gioia per gli occhi. Forse perchè uno dei simboli della Disney, forse perchè era già nell'aria il progetto
Fairies, ma sembra quasi che su Trilli siano stati fatti studi speciali per renderla assolutamente fedele - e oserei dire superiore - all'originale, anche in vista del futuro
Tinker Bell Movie che dovrà vederla protagonista insieme ad un gruppo di sua amiche fate. Venendo poi alle ambientazioni e ai colori, non a tutti è piaciuto il volo del galeone di Capitan Uncino sui cieli londinesi, caratterizzato da un integrazione 2d/3d assai discutibile. La colorazione del film però è brillante, brillantissima, e se questo riesce a rendere piacevole alla vista la prima parte assai cupa e ambientata a Londra, si traduce però, una volta giunti sull'Isola, in effetto epilessia, con una scelta di colori pure troppo sgargiante.