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Uno Zoo in Fuga

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Grrodon
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PolliceSu
    Uno Zoo in Fuga
    Venerdì 15 Set 2006, 05:05:37

    Era in lavorazione da anni. Da troppi anni a quanto pare visto che la Dreamworks bel bella ha avuto il tempo di produrne a tempo record un clone. E fosse stata la prima volta, anzi in questi anni non è uscito da quegli studi di animazione un solo film che per tematiche o ambientazione non abbia il suo corrispettivo Disney o Pixar. Come sia iniziata questa corsa allo scoppiazzamento non è dato saperlo, come non è dato sapere se nel 100% dei casi la colpa sia della Dreamworks (anche se è quasi sicuramente così). L'unica cosa certa è che mai come in questo caso la somiglianza si era rivelata così dannosa per l'originale tanto da farlo sembrare già visto e quasi inferiore. Ma dico appunto sembrare perchè non c'è alcun dubbio che Uno Zoo in Fuga sia un prodotto, per quanto non eccezionale, assai più curato di quel trionfo di superficialità che era Madagascar. Il prodotto Dreamworks, con la sua trama esile e del tutto votata all'umorismo facile era infatti un inno al cinema d'animazione disimpegnato degli ultimi tempi, ma aveva dalla sua una grafica frizzante e carica d'appeal che stilizzava i perosnaggi rendendoli senza alcun dubbio più gradevoli a vedersi dei pupazzoni fotorealistici della Disney. O Per meglio dire della C.O.R.E. Feature Animation (Toronto), visto che il film è stato prodotto in uno studio esterno alla Disney Feature Animation. Intendiamoci, sempre di un Disney si tratta, The Wild è stato infatti progettato, scritto e sceneggiato dalla Disney per poi venir sbolognato ai C.O.R.E. Studios per la realizzazione delle animazioni, addirittura tra i soggettisti è presente Kevin Lima, già regista di In Viaggio con Pippo e Tarzan. Niente a che vedere quindi con prodotti quali Valiant della Vanguard o i film dello Studio Ghibli, che la Disney distribuisce soltanto e non in tutti i paesi. E non si tratta neanche di una pratica del tutto nuova, visto che già in passato la Disney era ricorsa ad animatori esterni per portare a termini progetti di cui non poteva occuparsi in prima persona a causa del troppo lavoro (la Silly Simphony Merbabies (1938) e il mediometraggio Winnie the Pooh and a Day for Eeyore (1983) ne sono un esempio). Il perchè di questo passaggio di consegne non è del tutto chiaro, anche se si può facilmente immaginare che il trauma causato da Eisner col passaggio al 3d e la conversione di tutti i vecchi progetti abbia causato non pochi disagi agli studios, incapaci di lavorare a Chicken Little e Meet the Robinsons contemporaneamente a The Wild. L'ipotesi più accreditata però è che la Disney stesse cercando un partner che potesse rimpiazzare la Pixar, in procinto di andarsene dopo la fine del precedente contratto e i dissapori che nel frattempo alcuni membri del consiglio d'amministrazione, Eisner in testa, stavano alimentando. Tutti problemi attualmente risolti, con la fusione Disney/Pixar e il ritorno del 2d, rimane però questo strascico eisneriano fatto di film geneticamente modificati, snaturati nei contenuti e maldestramente pasticciati che vedono in Chicken Little l'ideale esponente.
    Non si sa se la scelta di realizzare un The Wild fotorealistico sia stata spontanea o un'estrema contromisura per differenziarsi da Madagascar, fattostà che è questo il principale difetto del film. Più passa il tempo più il 3d mostra i suoi limiti: il suo relativo realismo adatto per film come Cars o Monsters & Co., si rivela una falla quando si tratta di realizzare soggetti più familiari, come esseri umani o animali domestici. La sensazione di plasticoso, di finto, di cadaverico tipica di film come Polar Express è stata aggirata da Pixar con le deliziose caricature de Gli Incredibili. Il fotorealismo va bene quindi per i filmati dei videogiochi, ma esteticamente parlando è un grosso handicap per un film d'animazione, un handicap che lo mette sullo stesso piano dei film live-action facendogli fare magre figure. Quando poi il film in questione non vuole neanche prendersi troppo sul serio ecco che il fotorealismo diventa un suicidio. E' il caso di Uno Zoo in Fuga, penalizzato proprio dallo stridìo che dà vedere accostati soggetti realistici e dialoghi al limite del demenziale. E ci rimette la recitazione, la mimica, l'immediatezza e l'espressività tipica di ogni prodotto Disney che si rispetti.
    Al di là di questi forti handicap non si può non rimanere piacevolmente sorpresi dall'incipit di Uno Zoo in Fuga che presenta una splendida sequenza in cui il protagonista, il leone Samson racconta al figlioletto Ryan le sue prodezze di gioventù nella savana. Lo stile usato per quella sequenza è ottimo, assai stilizzato e colorato in modo particolarissimo tanto da sembrare un caro vecchio film in 2d (e alcuni particolari che ornano il logo Walt Disney Pictures nell'originalissima introduzione sono indiscutibilmente disegnati). E fa una certa rabbia assistere alla fine di tale sequenza e venir di colpo scaraventati in un universo 3d in cui gli animali sembrano dei giganteschi peluche e gli esseri umani vengono mostrati sempre e solo di spalle. Ma tutto sommato lo sconcerto passa subito perchè il film dalle prime battute rivela una certa anima che mancava in Madagascar.  Come in Chicken Little è il rapporto padre e figlio a costituire la spina dorsale del film, trattato in modo forse un po' ingenuo ma che non potrà non ricordare le due fonti d'ispirazione primarie ovvero Alla Ricerca di Nemo e Il Re Leone. Dal primo, The Wild preleva il pretesto per innescare l'azione ovvero la missione di soccorso di un padre che tra mille sensi di colpa cerca di salvare il figlio, messosi nei guai dopo un litigio, dal Re Leone, The Wild preleva...ehm..tutto. Oltre ad avere i leoni come protagonisti e la savana come setting  della maggior parte del film è impossibile non notare la miriade di citazioni/scoppiazzamenti di cui il film è cosparso: dal manifesto del musical teatrale ostentato in più di una scena newyorkese alle continue inquadrature di personaggi aggrappati a rupi con gli artigli, alle cariche di gnu, fino ad arrivare ai due migliori amici di Ryan, un cangurino e un ippopotamo che sembrano la brutta copia di Timon & Pumbaa e che ripropongono il già di per sé odioso tormentone delle tartarughe di Nemo.
    « Ultima modifica: Venerdì 15 Set 2006, 05:07:24 da Grrodon »

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      Re: Uno Zoo in Fuga
      Risposta #1: Venerdì 15 Set 2006, 05:06:28

      Dopo un inizio piuttosto interessante il film inizia già a perdere i colpi con la sequenza dello zoo in notturna, che dovrebbe servire a presentare i personaggi e l'ambientazione a suon di gag ma finisce per risultare confusionario. Le battute si accavallano tra di loro, i personaggi passano velocissimamente senza che lo spettatore riesca a rendersene bene conto e il senso di caos infastidisce non poco. Insomma, se volevano riproporre il feeling da "mondo che si risveglia" direi che non ci sono riusciti e fino alla fine della scena del tartacurling ritmi e tempi comici decenti non sono che un'utopia. Inizia poi la fase avventurosa con il viaggio attraverso New York alla ricerca di Ryan e poi per mare, e i personaggi hanno finalmente modo di farsi notare e apprezzare. A una Littizzetto troppo invasiva nel ruolo della giraffa Bridget si contrappongono le caratterizzazioni assai più riuscite dello scoiattolo Benny, innamorato di lei e migliore amico di Samson, e la spiccata personalità del Koala Nigel. Assolutamente irrilevante quando non irritante è il serpente Larry, qui unicamente nel ruolo dello scemo da usare come attrezzo. Questa altalena qualitativa contagia anche i personaggi incontrati occasionalmente durante il viaggio e se i piccioni lasciano non poco a desiderare, di ben altro tenore è la scena coi coccodrilli, riusciti oserei dire ottimamente. Ma è quando si arriva in Africa che il film finalmente ingrana grazie alla buonissima idea della setta di gnu intenzionata a scalare la catena alimentare a costo di andare contro natura. Il rovesciamento di ruolo rispetto ai leoni, le imboscate delle truppe di gnu, le verità sul passato di Samson che vengono finalmente a galla, contribuiscono a costruireper The Wild ciò che Madagascar non aveva: un finale. Mentre il serraglio Dreamworks una volta giunto alla meta si ritrovava senza molto da fare, trascinando stancamente il film per un'altra mezz'ora, qui di cose ne avvengono eccome e sebbene anche qui ci siano trovate umoristiche fuori luogo (lo scoiattolo isterico alla toilette), il morale dello spettatore si solleva alquanto anche grazie ai camaleonti agenti segreti  e agli espressivissimi gnu, a cui la CGI dona non poco. Non poteva mancare ovviamente il solito finale coreografico, ormai tratto distintivo di questa generazione di film animati, come anche le gag cosparse lungo i titoli di coda. Gag che in questo caso falliscono nel tentativo di bissare la gradevolezza di Nemo, dal momento che si vede troppo che altro non sono che animazioni scartate o addirittura riciclate dallo stesso film.
       Pur non iscrivendosi nella gloriosa tradizione dei musical Disneyani, Uno Zoo in Fuga ha al suo interno alcune canzoni, che si sentono per alcuni minuti, e vengono lasciate quasi sempre in inglese. Le prime canzoni a sentirsi sono Clocks e Lovin' You, semplici sottofondi meramente funzionali alla scena del risveglio notturno dello zoo e infatti i personaggi ci parlano sopra creando il famoso caos di inizio film. La prima canzone a sentirsi per intero è invece Good Enough che esprime il complesso d'inferiorità di Ryan nei confronti del padre. Big Time Boppin' accompagna gli animali per le strade di New York, mentre Real Nice Day è l'unica canzone intradiegetica, inno degli gnu e come tale tradotta in italiano e recuparata per il gran finale. Ci sono poi Bolly Boom Boom Bogie e Der Fluschen Flaschen ascoltabili per pochi secondi e la canzone dei titoli di coda, Real Wild Child. Niente di impressionante, se si escludono la canzone di Ryan molto carina e quella degli gnu, assai orecchiabile.
      Ecco in definitiva quello che è The Wild, il prodotto di una Disney che snatura sé stessa, ma che in definitiva, scava scava, è capace di offrire ancora qualcosa di più della concorrenza. Non tutti però hanno la pazienza di scavare o di far caso alle piccole finezze, men che meno la fascia di pubblico a cui questo tipo di prodotti, ahimè, si rivolgono, a cui è indubbiamente più adatto un Madagascar.
      Per il resto, rimane il fatto che questo prodotto molto probabilmente resterà un unicum nella produzione Disneyana, che con il ritorno di Pixar e la nuova politica gestionale di Lasseter e soci spazzerà via ben presto lo strascico di Eisner. Strascico che però ci dovremo sorbire ancora per qualche tempo, e sinceramente se tutti i prodotti saranno come Uno Zoo in Fuga non dovrebbe essere neanche troppo pesante da sopportare.

      da La Tana del Sollazzo

       

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