https://inducks.org/story.php?c=I+TL+2065-1La presente si configura come una delle migliori storie di Sarda nonché del suo personaggio.
Essa si divide in due tempi, a cui corrispondono due parti narrativamente e stilisticamente diverse.
La prima puntata è quella più avventurosa, in cui si prende spunto da un antefatto poco utilizzato: gli ultimi anni di Stevenson vissuti in Polinesia. Quest’ultima diviene il teatro di una delle caccie al tesoro tipiche del soggettista, non memorabile ma comunque narrata bene e con un buon affiatamento dei tre protagonisti.
La vicenda si fa più interessante una volta pervenuto l’oggetto della ricerca: la grotta del titolo in cui sono racchiuse le componenti malvagie degli uomini. E qui, ancora prima della fine del primo episodio, avviene lo spartiacque tra i due blocchi di cui il fumetto si compone: senza che Indiana se ne avveda, Topolino e Minni rimangono intrappolati nello specchio mentre i doppioni negativi ne escono, fingendosi gli originali. A questo punto i tre tornano a casa ma la faccenda si presenta ulteriormente complicata: infatti l’archeologo era entrato nella caverna da solo e ne era riemerso poco dopo, lasciando il dubbio il dubbio nel lettore che abbia seguito la sorte degli amici e sia stato sostituito dal suo speculare.
A questo punto la storia abbandona l’avventura per trasformarsi in thriller. Il punto di vista si sposta sugli alter ego di Topolino e Minni (il primo dei quali si dedica ad un’ascesa nel crimine e comincia ad assoggettare e incutere timore nella malavita urbana), lasciando che il lettore si chieda se Indiana sia quello vero. Infatti dal ritorno a casa l’esploratore comincia a comportarsi in modo diverso dal solito, fornendo indizi sia per l’una che per l’altra ipotesi (in ciò si inserisce la scena più inquietante dell’opera, in cui l’esploratore con sguardo sinistro estrae un coltello).
Da tale quesito discendono inoltre nuove preoccupazioni: nel caso sia quello cattivo, difficilmente non conosce la vera identità degli altri due perciò quasi sicuramente tenterà di sbarazzarsene. Nel caso sia quello buono, invece, da cosa è causato il suo strano comportamento? In ogni caso sembra che trami qualcosa.
In tale situazione, in cui nessuno comunque è stupido, ciascuno può arrivare a sospettare dell’altro, ma poiché si ha che fare probabilmente con un potenziali assassini, per sapere la verità è necessario indagare con molta circospezione, fingendosi il personaggio originale e, per non allertare l’avversario, meglio ancora vivere tranquillamente non mostrando di nutrire sospetti.
La trama risolve questo gioco delicato in modo ingegnoso e convincente, seppure non eccessivamente complicato. Durante la conclusione hanno luogo spiegazioni da parte più personaggi, per nulla appesantenti la narrazione, nelle quali, accanto ad alcuni elementi intuibili già in precedenza ve ne sono altri per nulla prevedibili.
Ho però una recriminazione da fare, sulla natura delle perfide copie. Sarebbe stato molto più interessante (idea che mi ero fatto da come esse vengono descritte inizialmente) che racchiudessero i difetti, magari amplificati, della persona di riferimento. Invece questi sono dei semplici sosia, ma malvagi.
In altre parole, avrei voluto che fossero legati agli originali per la psicologia, oltre che per l’aspetto.
PS: viene detto che Stevenson ha utilizzato il tema della doppiezza dell’animo umano più volte. A quali opere si riferisce, oltre a Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde?