Recensione L’Inferno di Topolino Regular Edition Quando alcuni mesi fa
Anteprima di Panini annunciò la riproposizione dell’
Inferno di Topolino in ben due versioni, in molti (scrivente compreso) avranno pensato che solo
l’edizione deluxe potesse contenere la versione originale, integrale e non modificata negli anni. La versione
regular (al costo di
25 euro e dalle dimensioni simili a un brossurato formato
Definitive Collection) sembrava essere il rimpiazzo per coloro che non avrebbero potuto o inteso spendere cifre particolarmente importanti.
E in questo, tutti noi che abbiamo pensato ciò, ci siamo sbagliati:
anche la regular riporta l’edizione originale, integrale, ripristinata e ricolorata in maniera superba della prima parodia Disney italiana. Non solo: questa versione comprende
un ottimo apparato editoriale che, confrontato con quello della deluxe, appare perfettamente complementare.
Questo cartonato segue nella stessa collocazione editoriale la ristampa della
saga di Messer Papero e Ser Paperone, uscita a marzo di quest’anno. Il rosso carminio della copertina viene contornato da una bella cornice elaborata in oro, al cui centro appare
una nuova versione di Topolino-Dante, realizzata per l’occasione da Giorgio Cavazzano. Un personaggio composto, benché lasci cadere i suoi fogli, come se le cose scritte fossero veramente tante.
Massimo Marconi, storico autore e caposervizio sceneggiature del settimanale,
firma la premessa a questa edizione e per l’occasione non solo racconta la sua sensazione alla lettura dell’
Inferno pressoché in contemporanea su
Topolino tra il 1949 ed il 1950, ma
svela anche come Martina si sentisse scettico a concepire al tempo le versioni “infernali” dei vari personaggi Disney, e che collocare Topolino e Pippo nei panni dei due protagonisti della
Commedia fosse “un po’ forte”. Così, spiega Marconi,
il Professore risolse l’imbarazzo architettando l’ipnosi iniziale da parte del mago Abdul, e quindi la versione “ad immedesimazione totale” dei due protagonisti mantenuta dopo la rappresentazione teatrale, così come l’“immersione” profonda nella lettura delle cantiche dantesche all’inizio della storia.
Il Pippo-Virgilio restaurato non le manda più a dire! E proprio l’avvio della vicenda ci fa capire come questa versione sia l’originale restaurata. Alcuni dettagli sono abbastanza indicativi: tra gli altri,
il ripristino della battuta «Eccoti, maledetto!» recitata da Pippo-Virgilio non appena incontra Topolino-Dante e, sul finale,
la famosa chiusa sull’amor patrio con il verso conclusivo tanto discusso e rimosso nel corso degli anni «Dio ti protegga, Italia. Così sia!».
Per chi è esperto delle varie edizioni dell’
Inferno, questi due esempi appaiono sufficienti per capire
la bontà dell’operazione di restauro. Al contempo, chi volesse essere ancora più scrupoloso potrà anche raffrontare questa versione con una delle più recenti e provare a fare il paragone pagina per pagina, vignetta per vignetta, battuta per battuta. Si ritroverà, quindi, soddisfatto dal constatare che una simile e iconica storia sia ritornata a brillare.
L’apparato editoriale è sicuramente ricco, organizzato e realizzato per far apprezzare ancor di più questa celebrazione fumettistica del settimo centenario della morte del Sommo Poeta. Dopo una breve biografia dei due autori,
Luca Boschi racconta la storia editoriale dell’Inferno, spiegando con minuzia di dettagli sia quali sono state le diverse edizioni dell’opera, sia come si è proceduto a modifiche e rimaneggiamenti (non ultimo l’inserimento del viso di Cicerone, ad opera di Marco Rota, nella celebre scena del lancio delle pagelle e dei calamai da parte degli scolari).
Il curioso inserimento del volto di Cicerone nell’edizione del 1971 (e relativa versione restaurata) E qui si apprezza anche
il lavoro di restauro artistico e filologico che c’è dietro questa operazione: un’attività di discernimento delle interpolazioni degna del miglior Philippe Ménard o di un Friedrich Carl von Savigny; il raffronto descritto tra le diverse edizioni (dalla ristampa dell’
Albo d’oro 77, passando per
I Classici di Walt Disney 3, fino all’attuale versione) è meticoloso ed efficace nell’esporre anche in quali modi le diverse operazioni di correzione e rimaneggiamento sono state apportate.
La sezione degli editoriali prosegue poi con
la descrizione certosina del processo di ricolorazione effettuato da Luca Merli con la supervisione e la consulenza di Fabio Celoni. Qui possiamo apprezzare come le scelte cromatiche adottate sono state perfettamente individuate e adattate: «una suggestiva colorazione dai toni dominanti aranciati, vermigli, a tratti cupi, che suggeriscono l’asfittica fornace degli Inferi […]; alla generale atmosfera soffocante, […] fanno da contraltare i cromatismi freddi di alcune scene particolari, liberatorie».
Boschi illustra gli ambienti ricolorati da Merli, ma al contempo evidenzia come tale processo abbia voluto
ridare una dignità magnificante all’opera stessa. Il risultato è un totale apprezzamento, sia per quanto riguarda l’aspetto filologico, sia per quanto riguarda quello artistico, che non esitiamo a definire quasi assimilabile a quella delle illustrazioni del Doré o delle rappresentazioni litografate di Go Nagai, con anche un pizzico dei toni artistici del
Pinocchio disneyano.
Uno dei riferimenti satirici più intuibili dai lettori del secondo dopoguerra: il fiammifero del Monopolio A seguire, Boschi propone
una descrizione delle citazioni martiniane al contesto sociale e storico dell’epoca. Proprio come Dante nel XIV secolo, Martina nel secondo dopoguerra propone le sue personali rappresentazioni satiriche della contemporaneità, cercando di scherzare ironicamente su alcuni spunti. Si evince quindi
un’operazione straordinaria di adattamento della letteratura al fumetto. Non solo: come Dante, anche Martina colloca i vari personaggi Disney all’epoca in auge nei vari gironi. Il risultato, per i lettori del 1949/50, fu rendere più piacevole la lettura e più divertente il confronto con il mondo reale.
È interessante poi
una breve disamina della trasposizione in lingua inglese dell’opera. L’intervento di
David Gerstein (che ha curato l’edizione su
Walt Disney’s Comics and Stories 666) rievoca la sua personale operazione, coadiuvata da altri autori, di
traduzione delle terzine martiniane adattandole alla poetica anglosassone. Anche qui, si spiega come il risultato finale sia stato comunque apprezzabile e che la scelta di voler recuperare la storia originale abbia comunque risentito delle modifiche che sono state apportate fino a quel momento.
Versioni a confronto: negli USA a parlare è… Mammolo da fuori campo Il volume si chiude con una carrellata di cinque pagine ricche di illustrazioni che hanno contraddistinto l’
Inferno di Martina, ed in particolare si espongono
vari tentativi di riproporre l’icona di Topolino-Dante. La prima, per chi scrive forse la più iconica, è quella del doppio paginone centrale raffigurante il protagonista all’imbocco della selva oscura, contornato dalle fiere fameliche. Seguono altre rappresentazioni, tra cui quella ben nota raffigurata nel colonnino del
Diario degli amici di Topolino, e le non poche versioni realizzate da Cavazzano, dalla copertina del volume
Dall’Inferno a un papero bisbetico a uno dei francobolli celebrativi per i 90 anni di Mickey Mouse nel 2018.
In ultima analisi,
ci si deve chiedere se valga veramente la pena acquistare questa edizione di una storica e iconica parodia. La risposta è sicuramente affermativa. Le motivazioni, peraltro, possono soddisfare i più differenti palati: da chi cerca un’edizione attuale e magistralmente colorata ad un prezzo accessibile, fino al collezionista che ritiene di poter avere anche una versione aggiornata e ripristinata (verrebbe da dire: liberata di tante modifiche) della prima parodia Disney, fino a chi voglia cercare un’edizione sobria ma completa che possa essere inserita in libreria.
È sicuramente
un volume di pregio, un’edizione che permette ai più esperti di ritrovare il piacere della lettura, e ai neofiti di apprezzare un grande classico d’epoca che ha fatto la storia del fumetto italiano.
Voto del recensore:
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