Recensione Topolino 3444 Crescita, tempo, ricordi. Tre tematiche importanti, fondanti della maggior parte dei testi narrativi, sono quelle (casualmente?) presenti nelle storie di rilievo di questo numero, ognuna in modo diverso e di soddisfazione per il lettore.
Si parte con
Area 15: Vent’anni dopo, sceneggiata da
Marco Nucci e disegnata da
Libero Ermetti. È un racconto destinato ai più giovani, ma che
non può non solleticare le corde del ricordo e della nostalgia anche nei lettori più maturi, che magari hanno avuto anche loro la fortuna di creare o appartenere ad un “club”, o che comunque si trovano in una situazione paragonabile a quella degli “adulti” di Paperopoli.
La parte introspettiva, sempre più presente nelle narrazioni del settimanale, è ben affrontata e rifugge dalla scontata retorica della “lacrimuccia”: il ritmo narrativo è volutamente lento, per dar modo al lettore di entrare in sintonia con il
mood della narrazione; i personaggi mantengono un comportamento coerente e credibile per tutto lo svolgimento, con
un’evidente maturità psicologica che evita le solite fruste macchiette, appartenenti ad un passato, dorato e forse anche glorioso, ma ormai appunto passato e non più adatto al mutato gusto, aspettative e livello di maturazione del pubblico.
Prova ne siano quasi tutte le espressioni di Paperino ed in particolare la vignetta riportata qui sotto che – rifuggendo facili “
feelings” – contribuisce a
ridefinire il rapporto tra Paperino e i suoi nipoti, adottando peraltro una soluzione grafica molto gradevole.
Una svolta nel rapporto tra zio e nipoti Menzione d’onore per le tavole da pagina 17 a pagina 21, un interludio narrativo spiazzante e ben orchestrato, narrato tutto in soggettiva dal protagonista in
un’ambientazione rarefatta ed onirica che dona valore aggiunto alla storia. Evidentemente la tematica della commistione sogno-realtà è particolarmente interessante per l’autore, come visto nella
frame story Profondo nero.
L’albo prosegue con la storia di
Roberto Gagnor,
Marco Ponti e
Donald Soffritti,
Amelia e la numero uno del numero due. Sulla spinta delle prime due parti, la vicenda della rinnovata Amelia (anche qui il tema della “crescita” è evidente) giunge all’inevitabile conclusione con uno scontro tra la fattucchiera e i due ricconi.
La “nuova” Amelia, determinata e carismatica
Il bilancio della storia non è affatto deludente o riconducibile – come qualche scriteriato scrive sui social – ad una banale storia di “Amelia gnocca”, mostrando poco rispetto per il personaggio e per il ruolo delle protagoniste femminili in generale all’interno di un’avventura.
Ben altri potrebbero essere gli aspetti che una lettura più ampia dei temi affrontati potrebbe far venir fuori:
l’importanza dell’autostima e della fiducia in sé stessi, il bisogno di cambiare, di evolvere per andare avanti, coerentemente con i propri obiettivi del passato, che non vanno quindi abbandonati ma affrontati da un punto di vista innovativo e con quel tanto di entusiasmo che ci possa permettere almeno di reagire alle sconfitte.
Molto simili ai concetti della storia precedente, dove Paperino e in genere tutti gli adulti non rimpiangono sterilmente la passata gioventù cercando consolazione nella ripetizione di vecchie abitudini, ma
accettano di buon grado l’essere “andati avanti”, arricchiti – questo sì – dalle esperienze passate.
Si chiude purtroppo l’avventura di Paperin Pigafetta. “Purtroppo” perché essere stati accompagnati per quattro settimane dalle splendide tavole di
Paolo Mottura significa
essere stati abituati al bello; in quest’ultima parte spicca la scena dello schianto tra le navi in uscita dal vortice, folle e visionaria, ma ho preferito le due situazioni consecutive di riepilogo dell’avventura e di celebrazione dei personaggi. Un pezzo di bravura del
Premio Papersera 2018 che immagino verrà degnamente celebrato da una ristampa in formato più grande nel prossimo futuro.
Anche a noi il ricordo di quest’avventura resterà a lungo
Il viaggio è la metafora per eccellenza della crescita personale, esplicitata dal cambiamento della personalità di Paperino durante la storia e anche dell’atteggiamento di Magellano nei suoi confronti.
Pietro Zemelo scrive una delle sue migliori storie, talmente coinvolgente che si passa sopra senza alcuna fatica a piccole inesattezze (a Sanlúcar de Barrameda la nave superstite approdò venendo tecnicamente da Sud, non da Est; le stesse Filippine erano sconosciute agli europei prima del viaggio di Magellano)
o a probabili censure (a pagina 92 durante l’arrembaggio Paperone non ha una sciabola in mano, benché la posa lo faccia pensare, e nella vignetta in basso il colore è quello di una sciabola… di patate!) e ci si gode la storia della prima circumnavigazione del globo al suono della ballata marinara che celebra l’irresistibile richiamo del mare verso orizzonti sconosciuti e nuove avventure.
Menzione particolare per come è stato gestito il “problema” della morte di Magellano durante il viaggio: Pico-Barboso in chiusura di tavola annuncia che
il capitano «non è più con noi», e finché non giriamo pagina non sappiamo cosa ne sia stato. Dettaglio di poco conto per i bambini che non conoscono il vero destino che l’esploratore portoghese dovette affrontare, ma che invece riesce a creare un minimo di
suspense per chi ne è a conoscenza.
Sulle ultime due storie, c’è ben poco da dire;
sarebbero state bene nel settimanale di qualche anno fa (bene, insomma… tollerate!) ma oggi sembrano più che mai dei corpi estranei, alieni al grande sforzo teso a dare uno spessore maggiore alle storie che compongono il “libretto”. Di certo nel variegato menù di
Topolino c’è bisogno anche di storie brevi, comiche, che mettano di buon umore o che facciano apprezzare le capacità degli autori…
queste però tra le caratteristiche appena elencate hanno solo quella di essere “brevi”.
Il calendario di Cavazzano allegato al fascicolo, non credo rimarrà nella storia dei gadget del giornale: una riproposizione di immagini belle ma già viste e per di più proposte in dimensioni risibili, ha forse la sola funzione di essere oggetto di accumulo da parte dei collezionisti completisti e compulsivi.
Voto del recensore:
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