Recensione Topolino 3501Nel 2026 toccherà a Qu-Qu 7?
L’ultimo numero del 2022, ma anche il primo dei 3500, è
un albo sicuramente difficile da non notare nelle edicole, complici i colori fluorescenti che contraddistinguono le grandi scritte in copertina e i fuochi d’artificio.
Una cover che però non può non ricordarci una sua gemella, dove già un
alter ego di Paperino campeggiava fiero, orologio alla mano, aspettando la mezzanotte. Il papero, apparentemente grande assente da entrambe le copertine celebrative del 3500, si ripropone quindi in tutta la sua fierezza ad aprire l’anno che verrà.
Il supereroe, maldestro ma audace, è anche il protagonista della storia d’apertura del numero:
Paperinik e il Capodanno con il danno, sempre sotto l’egida di
Marco Gervasio e
Emanuele Baccinelli. La storia, diversamente dalle altre più recenti del ciclo, è
autoconclusiva e si svolge quasi interamente al Duckdorf Astoria, l’hotel personale di Red Duckan, che per una volta non ricopre il ruolo di
villain ma solo quello di elemento scatenante degli eventi: Paperino, costretto alla partecipazione da Paperina, dovrà infatti sventare una grossa rapina ai danni del miliardario.
L’azione è concitata e ricorda alcuni tipici esponenti cinematografici del genere, grazie anche a scene davvero d’effetto come lo sfondamento della vetrata o il salto verso l’elicottero. Complici anche i dialoghi, più svelti e fluidi rispetto a quelli cui ci ha abituato lo sceneggiatore nel corso delle storie di Fantomius, la storia risulta molto ben riuscita, rappresentando senza molti dubbi
la punta dell’albo.
Sullo stesso genere
action, ma meno d’effetto,
Topolino e l’esperimento del dottor Aster riunisce due collaboratori saltuari e altresì storici della rivista:
Rudy Salvagnini e
Marco Palazzi. La storia parte da un concept che ricorda
Topolino e l’incubo dell’Isola di Corallo: Gambadilegno è stato incastrato e ora è in prigione al posto e nel corpo di qualcun altro; in questo caso, il Dottor Aster del titolo. Come prevedibile, la situazione presentata nasconde un inghippo, e toccherà a Topolino cavarsene fuori.
Una pluriennale relazione complicata
A spiccare è sicuramente
una curiosa sequenza in cui il “Dottor Aster” deve convincere il topo della propria identità “gambesca”, e lo fa citando alcuni noti casi che hanno visto Topolino e Gambadilegno confrontarsi faccia a faccia. In ordine:
Topolino e la collana Chirikawa,
Topolino e il boscaiolo e
Topolino e la valle della dimenticanza.
Peccato che a detta di Topolino la storia di Gottfredson sembra essere ambientata prima del rapimento infantile descritto da Scarpa. Una piccola gaffe che sembra tradire quasi una coscienza metanarrativa del personaggio.
Paperino e la lucidatura delucidata è una storia di
Giorgio Fontana e
Andrea Greppi, disegnatore esordiente per la produzione di
Topolino,
ma non della Disney poiché vanta all’attivo persino i fumetti della più recente incarnazione di
DuckTales. Se
i personaggi sembrano vivi grazie ad una scuola dalle radici palesemente animate, altrettanto non si può dire della trama, che gira attorno ad un semplice confronto tra Paperino e Paperone riguardo un fatto di vita quotidiana dato per assodato negli anni.
È solo l’ultima istanza di
una moda ormai diffusa che cerca di trovare un senso ad ogni piccola cosa (un’abitudine, un elemento del vestiario, un oggetto…), magari anche richiamando in causa la sempreverde
Saga di Don Rosa.
Ma la storia non va oltre questi elementi e come tutte le precedenti restituisce la sensazione di girare in tondo, senza effettivamente aggiungere nulla al pregresso. Ma anche senza costruire nulla di autonomamente valido.
Il fastidio di Paperone è quasi tangibile[/size][/i]
Qui, Quo, Qua e i furfanti di neve, storia danese di
Sune Troelstrup e
Cynthia Campanario Pineda è una breve a quattro strisce che richiama molte altre: i Bassotti prendono il controllo di un’invenzione di Archimede e la rivoltano contro Paperone finché i nipotini non intervengono attivamente. Una riempitiva molto disimpegnata, ma che nel suo essere veloce ha
dei ritmi ben sostenuti.
Chiudiamo con il secondo episodio (e mezzo) de
Il destino di Paperone. In
Zio Paperone e il mondo di cristallo, Fabio Celoni ripropone un
topos delle avventure dei paperi vecchio quanto… Testaquadra. I nostri eroi, capeggiati dal decano occhialuto, finiscono in mezzo ad un popolo di cristalli viventi, la cui pace è stata turbata dall’invasione del mondo esterno. Ai paperi il compito di riequilibrare la situazione e restituire l’armonia perduta, magari anche guadagnandoci su.
L’oggetto disturbatore stavolta non è altri che
un pallone da calcio, venerato ed invidiato dai cristallidi per le sue rotondezze.
Il racconto contiene varie reminiscenze ciminiane che condivide anche col primo episodio della saga. Ciò che forse può far storcere il naso, però, è proprio all’inizio.
Ognuno pensi al portapiume suo!
Facciamo un passo indietro. Questo ciclo di storie parte da un presupposto molto importante e fondamentale: Paperone è stato privato di ogni suo avere dai Bassotti e ha sfidato il destino nella ricostruzione del suo impero in un mese.
Un obiettivo gargantuesco che da subito ha portato i lettori sull’attenti, affamati di imprese enormi da superare con poco. Peccato che questo episodio parta da un Paperone che, sorridente, attende il proprio tè alla scrivania del suo ufficio, circondato dal denaro e da Battista. E ancora, tutte le azioni e imprese successive Paperone le compie sfruttando il suo… ex-patrimonio.
Nella pratica questa storia non è dissimile dalle “ciminate” di cui sopra, se non per un vago asterisco che ci ricorda che le spese vanno sul conto dei Bassotti. Un po’ poco. Quasi quanto l’avanzamento della storia, che sembra essersi impantanata in
uno status quo di avventure slegate tra loro, in attesa che un evento inaspettato nell’ultimo episodio riporti tutti gli averi in mano a Paperone esattamente allo scoccare del termine pattuito.
Una nota positiva va però assolutamente segnalata nel personaggio di Paperino che, nel confronto col re, sembra aver ripreso buona parte del suo
character originario. La sua ostinazione a dissacrare il pallone, incapace di scendere a compromessi tra quella che a lui sembra a tutti gli effetti una sciocchezza e la percezione altrui è una delle cose più da Donald che abbiamo visto sin dai tempi di Barks.
Voto del recensore:
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