Recensione Le serie imperdibili 1 - Le Tops Stories Negli anni Novanta fu il telefono cellulare: i ristoranti di tutto il mondo si riempirono di maleducati che urlavano, ma era iniziata una rivoluzione che dura tutt’ora. Prima erano state le macchinette Polaroid, il chiodo, la radio a transistor, il ricettario Carnacina, l’orologio da polso, la gonna svasata a campana, gli stivaletti Balmoral. Nel Cinquecento era fondamentale possedere almeno uno schizzo di Botticelli in salotto, e al tempo degli antichi romani non eri nessuno se non avevi l’ultimo modello di gladio iberico.
Oggi, all’inizio del 2022, il “must-have” è rappresentato dal primo volume di una nuova collana a fumetti, Le serie imperdibili.
Prima di analizzare il volume in sé e lanciare qualche breve spunto sulle storie contenute (le prime tre avventure del ciclo delle
Tops Stories,
Topolino e la pietra di Sbilenque,
Topolino e il flauto di Omar e
Topolino e il segreto della settima meteora, tre opere che fanno parte del bagaglio irrinunciabile di ogni appassionato di fumetto Disney che si rispetti – ma non è mai inutile parlarne) mi piacerebbe spendere due parole sul romanziere marxista
Peter Kolosimo, nominato a pagina 14.
Questo nome,
pseudonimo di Pier Domenico Colosimo, potrà oggi dire poco, ma appartiene ad uno scrittore italiano molto amato dai nostri padri. Prima di diventare uno degli autori più popolari della seconda metà del Novecento, Kolosimo fu uno dei 7.500 partigiani armati che dal 1942 fino all’arrivo dell’Armata Rossa lottarono per la liberazione della Boemia e della Moravia occupate dai nazisti; in seguito, fu direttore di Radio Capodistria e gestì la rivista di mistero Pi Kappa (poche ragazze da quelle parti, direte voi).
I suoi visionari romanzi, a metà strada fra la saggistica allucinata e la fantascienza delirante, vinsero premi e furono tradotti in oltre sessanta paesi. I titoli sono cose come
Astronavi sulla preistoria,
Italia mistero cosmico,
Civiltà del silenzio. Lo scrittore veneto
Giorgio Pezzin, altro autore popolare cui questo volume è totalmente dedicato, ammette di avere
un debito con le storie di Kolosimo, come d’altronde buona parte del fumetto popolare di fine secolo. Dirò di più: il suo personaggio Top de Tops, parente inglese del nostro Topolino,
sembra proprio una versione Disney dello stesso Kolosimo.
Summer on a solitary beach
Poliglotta, colto, avventuroso, non estraneo all’uso delle armi, amante della libertà, considerato un ciarlatano: a vederli così, accostati l’uno all’altro, le similitudini appaiono lampanti. Eppure, non vi avrei mai pensato se lo stesso Pezzin non avesse rivelato in questo volume l’importanza che i romanzi allucinati di Kolosimo hanno avuto nella costruzione della piastra di Petri nella quale è cresciuto il personaggio di de Tops,
il misto di alchimia e fantascienza, magia e fantarcheologia che costituiscono il nerbo delle sue avventure.
Nelle numerose pagine di contenuti inediti presenti in questo primo volume delle
Tops Stories c’è molto, molto di più.
Ci sono i soggetti originali delle storie proposte, grazie ai quali possiamo apprezzare tutte le differenze intercorse fra il concept iniziale e la versione disegnata e andata in stampa (lo sapevate che in origine de Tops di nome si chiamava “Topolino”?; e lo sapevate che in origine
Il segreto della settima meteora era molto diversa, e fra i banditi che cercavano di predare il monastero c’era un parente di Gambadilegno?); ci sono delle
introduzioni scritte dallo stesso Pezzin, utilissime per conoscere retroscena e fonti di ispirazione; ci sono dei commenti, in cui lo stesso autore elenca a grandi linee le modifiche redazionali e le giudica sulla base della riuscita.
In breve, in questo volume c’è tutto ciò che noi appassionati abbiamo sempre chiesto a delle ristampe: contenuti inediti, validi e interessanti, che possono essere ignorati da chi cerca solo le storie “nude e crude” ma sono altresì preziosi per chi ama leggere il fumetto Disney in modo diverso, con gli occhi del critico o semplicemente con lo sguardo dell’acquirente un po’ più esigente.
Sono solo l’ombra della luce
Tra Indiana Jones e Tintin, il miglior “pilota” possibile di questa serie,
La pietra di Sbilenque è sempre stata una delle mie avventure preferite, anche grazie alla straordinaria perizia grafica di un
Massimo De Vita al meglio della propria maturazione estetica.
La compresenza di stile Disney classico ed elementi più realistici, come le figure e l’architettura Maya, viene lodata anche dallo stesso Pezzin nel suo interessante commento.
La pietra di Sbilenque è anche una di quelle avventure detopsiane con un alto grado di compartecipazione di Topolino, il che ci permette di trovare dentro di noi una risposta alla domanda “
sarà tutto vero?”.
La successiva
Il flauto di Omar, altrettanto inquietante, ci porta a Baghdad (originariamente Il Cairo, ma funziona comunque benissimo) in uno scenario a metà fra
Le Mille e una notte e un film horror. Nell’introduzione, Pezzin ci parla del misterioso potere della musica e attira la nostra attenzione sulla
grande quantità di pippidi che si incaricano di aiutare de Tops in questa avventura, fonte di innumerevoli siparietti comici che, invece di spezzare il ritmo della narrazione, permettono alla storia di “respirare” meglio.
Come dicevo più su,
Il segreto della settima meteora è la storia che ha subito le maggiori modifiche – cosa che, a giudicare dal commento, non deve essere andata già al suo sceneggiatore. Passi il cambio di location, ma alcuni cambiamenti in effetti creano dei piccoli cortocircuiti di logica interna. Come si intuisce dalle introduzioni presenti nel volume,
ogni storia di de Tops ha il focus su un aspetto particolare e questa è stata concepita per offrire al lettore
riflessioni sul potere della mente.
Riflessioni che perdono di senso nel momento in cui tutta la narrazione è improntata sul soprannaturale. Nonostante questo, e spero che il maestro Pezzin possa perdonarmi, questa storia ha un fascino senza pari e il risultato finale mi pare anche più interessante di quanto era previsto in origine. Da 23 anni sono in attesa di leggere il ritorno di de Tops fra quelle montagne, e ora che la serie ha ripreso la propria pubblicazione spero proprio di poter essere, un giorno, accontentato.
Pubblicità usata per il lancio della testata, con azzeccate citazioni esplorative
La saga di de Tops ha un
appeal senza tempo. Gli elementi del suo successo sono molteplici:
la cura grafica; il mistero (qualcuno l’ha definito un “X-Files steampunk”);
l’attenzione per il contesto storico (mi viene in mente, ad esempio, un de Tops dubbioso e perplesso nell’atto di utilizzare per la prima volta un paracadute ne
La pietra di Sbilenque); la
sottile vena di inquietante pericolo che attraversa tutta la saga; l’espediente narrativo del baule di diari fornito a Topolino dal notaio Unzpapper, la “Casa di foglie” di de Tops unico tramite fra lui e il visionario parente, che non ci permette mai di stabilire con esattezza l’attendibilità del narratore (o, se lo fa rivelando troppo, questo è il frutto di modifiche occorse tra la stesura della sceneggiatura e la realizzazione grafica).
D’altronde la sospensione dell’incredulità è un espediente per vecchie signore, la seconda metà del Novecento ci ha mostrato che ci si può immergere nelle storie anche continuando a tenere presente la loro natura di (infantili) fantasticherie:
le avventure di de Tops sono immaginarie, poco importa se l’inventore sia Pezzin o de Tops stesso. Ma non smettono di affascinarci. Professor Mystère senza murchadna, Indiana Jones senza frusta,
il baronetto de Tops appare oggi paradossalmente meno fumettistico e più disarmato di altri figli popolari della fantarcheologia, e forse è anche questo ad avergli permesso di invecchiare così bene. Vorrei concludere questa mia recensione con una piccola nota di colore: in rete è reperibile
un romanzo di Giuseppe Genna in cui si immagina che Kolosimo, agente segreto della Stasi, abbia scritto i propri libri con lo scopo di confondere e fiaccare il debole Occidente. A me pare che, al contrario, le avventure di de Tops abbiano il potere di
stuzzicare la nostra fantasia permettendoci di viaggiare in territori lontani e irreali, regalandoci uno sguardo nuovo anche sul nostro presente. A ben vedere, questa è prerogativa di tutto il migliore fumetto Disney.
Voto del recensore:
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