Recensione Topolino 3485 Se ormai possiamo dirci abituati alle storie
in continuity che ci accompagnano in alcuni momenti dell’anno, l’operazione di questa fine estate topolinesca non ha davvero precedenti: ben più della nevicata invernale dell’anno scorso,
l’incombere del Pianeta Ramingo sta allacciando a sé tante e tali trame e sottotrame, ma soprattutto – ci torneremo –
tante e tali reazioni, che si può parlare a ragione di un
deciso alzamento dell’asticella nella concezione di questo tipo di operazioni “a tutto campo”.
E ciò non solo per la dimensione del progetto, ma per il richiamarsi anche a cicli molto recenti, a posteriori anch’essi incastrati nel sistema narrativo, come la storia delle
sette streghe vulcaniche. Chiamato a portare avanti questo complesso alambicco è l’insospettabile e quasi esordiente
Francesco Vacca, autore nell’ultimo anno, viceversa, di prove tutt’altro che ambiziose; un autore che, prima ancora che tale, appare in maniera evidentissima grande e avido lettore, tanto la sua scrittura è infarcita di richiami e citazioni persino al mondo di PK (sospensione del tempo soggettivo, tecnarchi…).
Affidare un progetto così ambizioso ad uno sceneggiatore relativamente nuovo al mondo di
Topolino ha
vantaggi e svantaggi, che ci sentiamo di sintetizzare come segue: il
soggetto della storia, come quasi sempre i prodotti dell’immaginazione dei veri
fan, è
sentito, avvincente, personale; la
sceneggiatura, invece, mostra talvolta i segni dell’impegno muscolare necessario per abbracciare tanti cambiamenti di scena, azione e punto di vista. Lo sforzo paga, portando a una complessiva sensazione che il meccanismo si regga in piedi, ma
non evita una sostanziale impressione di innaturalezza in alcune giunture dei pannelli narrativi.
Ci riferiamo soprattutto alla storia principale,
Minaccia dallo spazio, che in questo numero giunge al suo quarto episodio. Il tratto forse più felicemente peculiare di questa storia, il focus sul
mosaico di reazioni dei personaggi di tutto il cast calisotiano alla incipiente collisione, funziona al meglio quando viene meno la sensazione di una “apparecchiatura” troppo incalzante, più consona ad un film d’azione che ad un fumetto. Ad esempio, l’atterraggio di Topolino sul Pianeta Ramingo, con annessa scoperta di una popolazione locale tutt’altro che rozza o sprovveduta, porta avanti alla perfezione il discorso, smuovendolo dalla orizzontalità che aveva regnato nelle precedenti puntate; laddove lo scontro fra Paperinik e Macchia Nera inciampa nell’errore di accostare due personaggi entrambi alieni al tronco principale della narrazione per come presentatoci finora.
Il Pianeta Ramingo è abitato, ma anche… architettonicamente ispirato!
L’entrata in scena dei due appare, per ora,
più come una risposta a una forma di horror vacui nel sistema dei personaggi che una reale necessità narrativa. Di nuovo, una messa in scena cinematografica avrebbe avuto dalla sua, a potenziare questo che qui appare come un inserto un po’ debole, la chiassosità di un apparato di effetti speciali e musicali, che nel fumetto manca, nonostante la genuina imponenza di Macchia Nera nella sua nuova armatura – un “microdarkenblot” di non meglio specificata origine.
Al contrario,
l’espediente dell’”orologio della collisione”, che così bene scandisce la narrazione, si accorda alla perfezione con l’incessante ticchettare delle vignette. Il passaggio più riuscito della puntata è probabilmente l’incontro di Topolino e Atomino con la comunità di abitanti del pianetino, con le ripercussioni che questo ha sul piano originario.
Il principale personaggio introdotto,
la tecnarca Basileia, dimostra lungimiranza, carattere, e un semplice quanto riuscito
design. L’intervento di Gambadilegno e Trudy, invece, sebbene indugi a un tratto su un principio validissimo («dovrei forse curarmi di un pianeta che mi ritiene un gaglioffo?»),
passa tutto sommato troppo in fretta per convincere davvero a livello narrativo: un po’ come se una storia dall’andamento tradizionale, con loro come antagonisti e il malvagio
Polemarco come complice, fosse stata compressa in una spedita catena di montaggio sceneggiatoria.
I disegni di Casty sui paperi, che erano apparsi in evoluzione nelle precedenti puntate,
qui mostrano talvolta la corda, soprattutto negli snodi più rapidi dell’azione in cui la sceneggiatura prova ad appoggiarsi alle espressioni dei volti e alla dinamicità della scansione. Al contrario, al rientro nella
comfort zone l’autore friulano non manca di
regalarci autentiche perle come quella riprodotta in questa pagina.
Come interludio, con
Surf! Enrico Faccini regala una spericolata quanto ossessiva avventura di Paperoga in… sella alle onde. Ma attenzione: anche questa bizzarria è inquadrata nel severo sistema di incroci e rimandi del Pianeta Ramingo. Le mareggiate, infatti, sono provocate dall’avvicinarsi del corpo celeste, e nella storia principale i nipotini commentano proprio sulla vittoria di Paperoga alla competizione surfistica. Un modo come un altro di arricchire, e quasi portare alle conseguenze più ironiche e paradossali, la nozione di
continuity.
Segue
I Bassotti e la crociera criminale di
Pat e Carol McGreal e
Marco Rota, ultimo segmento del ciclo estivo di storie estere
Finestra sul mondo che però non lascia particolari emozioni. La risoluzione è ampiamente prevedibile, ma proprio i disegni di Rota portano ad una qualche empatia verso il terzetto di briganti.
Il lavoro di fino di Mario Ferracina: dettaglio, regia, respiro
La seconda parte dell’albo, invece, è occupata dai due episodi di
Cronache degli Antichi Regni: La fortezza del gelo di
Alessandro Sisti e
Mario Ferracina. La storia è godibile, piuttosto lineare al netto del mistero che coinvolge la scomparsa di Topol (tant’è che il personaggio è sostanzialmente assente dalla storia: un semplice quanto riuscito espediente per lasciare la scena, oltre che a Paperino e nipotini, a personaggi usualmente di contorno).
L’ambientazione e le creature incontrate durante la storia sono sufficientemente originali da fornire il necessario tocco di peculiarità alla vicenda, che di vignetta in vignetta va ritagliandosi un suo sapore caratteristico: e lo fa tanto quanto più trova l’equilibrio (più rodato forse rispetto al capitolo uscito qualche mese fa) tra un sobrio contenimento delle ambizioni e l’ancor più necessaria presenza di spunti freschi e inaspettati. Forse il punto più debole del lavoro è il
lieve sovrabbondare di personaggi: nonostante l’assenza di Topol, si fa sentire la compresenza di due schiere di nipotini, a cui vanno aggiunti Piip, Myn e Papehrin.
Il vero punto di forza del lavoro, ad ogni modo, sono i disegni: Ferracina raccoglie il testimone di Francesco D’Ippolito e compie, con questa prova, il vero e proprio salto di qualità.
Dettagliato, vario nelle pose e nelle espressioni, attento ai rapporti di peso dei personaggi nella vignetta e nella tavola, ligio ad una narrazione chiara, ma soprattutto capace di fare suo
l’afflato arioso e purificante della navigazione aerea, di quel vento che riempie la prima parte della storia per poi perdersi nei misteri della destinazione finale.
A margine delle storie, vale la pena di segnalare una collana di prossima uscita,
Le Grandi Saghe, che prenderà le mosse dal primo capitolo de
La Spada di Ghiaccio del grande Massimo De Vita per accompagnarci alla (ri)scoperta dei bei cicli disneyani dei decenni passati.
Voto del recensore:
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