Tempo addietro (erano comunque gli anni '90), lasciai da parte il moderno Topolino (dove probabilmente ogni tanto trovavo bellissime storie, ma non sempre) e agognavo di leggere i Grandi Classici. Era sempre stata una pubblicazione affascinante, dal sapore non solo vintage, ma anche dal velato senso di ricerca delle origini. Del resto, all'epoca si andavano ricercando storie che andavano dagli anni '50 fino agli anni '70.
Questa nuova serie di GCD, recuperata di recente dopo 25 anni ormai, non smentisce del tutto le mie aspettative: le storie sono sempre belle, benché si capisce molte fossero scritte per intrattenere più che incuriosire.
In questo volume, devo dire che sicuramente la storia di Barosso-Pavese-Scarpa merita senz'altro: le situazioni e i colpi di scena sono sempre ottimi.
La storia di Bottaro mette ancora una volta in luce il talento di questo artista, soprattutto nel realizzare un microcosmo pieno di stranezze che sembrano arrivarti dritte in faccia; un colpo d'occhio micidiale.
Benché apprezzi Strobl, la storia di Newton e delle GM non sembra essere granché; così come la storia della Fondazione P.d.P., che invece sembra seguire la linea delle storie lievi del Topo di quegli anni (e francamente sono di parte, non avendo mai realmente apprezzato le storie del filone "Dal diario di Paperina").
Nessuna aggiunta alla recensione del buon Guglielmo per quanto riguarda la storia di Gott: una delle poche che non rileggevo da tempo e in cui Topolino è costantemente messo sotto pressione, in bilico tra la vita e la morte a momenti, con i giusti colpi di scena e il giusto pathos. Meno interessanti le altre due storie: Ogle-Murry non particolarmente vivace, mentre quella di Renzi sembra avere qualche buco, risolto solo dall'intuito di Eta Beta.
Nel complesso, concordo sul ritenere questo un buon volume, auspicando che anche il prossimo sappia ravvivare il mio rinnovato interesse per la testata.