Recensione Topolino 3515Sono secoli, se non millenni, che noi esseri umani ci chiediamo se quello che vediamo, sentiamo e tocchiamo corrisponde davvero a ciò che c’è là fuori. Da Platone a Matrix, il dubbio ci ha sempre assalito: la cosa in sé, l’esistenza oggettiva, indipendente dal nostro sguardo, è vera o è un’illusione dei sensi?
E ancora, qual è il limite tra la realtà e il sogno? Fino al suonare della sveglia, il mondo dei sogni, con i suoi fantasmi e i suoi miraggi, ci appare credibile né più né meno che l’ordinaria quotidianità. Ma allora al risveglio come facciamo a garantire con tanta certezza di non essere più addormentati?
Come possiamo – come canta Guccini – “distinguere il vero dai sogni”? Non c’è un modo (neanche il famoso “pizzicotto” tipico dei fumetti può aiutarci con certezza) per accertarsi che la realtà percepita dal nostro cervello sia fattuale e non mediata da intermediari biologici.
All’interno dei pericolosi confini di questa
terra incognita ci accompagna Casty, sceneggiando una di quelle avventure che non solo ti riconciliano con la lettura del settimanale, ma – sono pronto a scommettere – che rimangono impresse nella memoria dei lettori, contribuendo a formare una base solida, quello zoccolo duro che non sono continuerà ad acquistare
Topolino, ma che in futuro vorrà passare l’abitudine ai più giovani della famiglia.
La trama di
Topolino e l’ipotetico Doppioscherzo è gestita con sapienza ed equilibrio da
Casty, sebbene storie dove il
villain entra in scena spergiurando di essere cambiato ce ne siano moltissime (a proposito, le espressioni di Vito nella tavola in cui riappare sono varie e fenomenali!) questa si sviluppa per sentieri molto poco battuti della narrativa Disney(*).
L’angosciante attacco a Topolino e Minni
Il lettore (immedesimato con Topolino, come è giusto che sia) viene man mano accompagnato verso una crescente consapevolezza dell’inganno in cui crede di vivere e dello star vivendo un incubo, passando per le fasi del
turbamento e dell’
alienazione dovuti al percepire che la realtà in cui si è immersi “non funziona”, all’
angoscia dell’inseguimento da parte dei coprotagonisti del sogno come fossero zombie, al
terrore del volo verso Topolinia (ah, quanto mi sarebbero piaciute vignette dalle dimensioni più generose in queste pagine!), alla
consapevolezza di essere ancora all’interno del
Figuratif e all’approccio
razionale e
razionalistico di Topolino che “capito il trucco”, dimostra come lui e Minni siano vittime dell’inganno dei sensi nella potente (e altamente cinematografica) scena del Museo di Storia Naturale.
(*) L’esempio più notevole che mi viene in mente al proposito è la conclusione dell’avventura
Topolino e Eta Beta nel pianete minorenne, quando al dubbio di Topolino se l’avventura vissuta fosse stata o meno reale, l’uomo del futuro risponde saggiamente “
Che differenza fa? Una volta passati sogni e ricordi sono la stessa cosa!“.
Colpaccio da autore furbo e consumato quello di Casty il far dichiarare a Minni sin dall’inizio quale sia
il vero protagonista della vicenda e cioè
il ricordo, la capacità della nostra mente di ordinare le percezioni sensoriali in uno schema conosciuto e razionale da lei stessa interpretabile.
Infatti è proprio nella prima vignetta che Minni dichiara che quello che fecero anni fa ad Acapungo “
fu un soggiorno indimenticabile!” (il neretto è presente nella vignetta), facendo aumentare l’aspettativa per il
Classico dedicato a Doppioscherzo tra breve in edicola.
L’importanza del ricordo[/size][/i]
Insomma, una storia come questa da sola garantisce le 5 stelle al fascicolo, nel senso che è un acquisto assolutamente consigliato per tutti gli appassionati capaci di abbandonarsi alla narrazione e di sognare(!) l’avventura.
Non sfigurano neanche le altre due storie: la seconda stagione di
Siamo serie! conferma la bravura e l’affiatamento della coppia
Badino-Ziche che sebbene limitando la storia (volontariamente) ad una serie di gag, riesce a far sorridere (anche a ridere di gusto nel caso del “
Kayak”) il lettore,
arrivando opportunamente a smorzare la tensione dopo una storia che tocca le corde dell’angoscia e dell’insicurezza del lettore.
Che fa, allude?
Infine il secondo episodio della storia del fondatore di Paperopoli,
Lo stato senza mappa, ci consente un’evasione nell’universo narrativo già noto ai lettori delle avventure del
Comandante Mark, sebbene di qualche anno successivo a queste: trapper, indiani, malviventi e – soprattutto – le atmosfere delle storie di frontiera. Sessanta tavole sceneggiate da
Sisti e disegnate da
Capovilla, che scorrono via piacevolmente, promettendoci nuove avventure lungo il tragitto che porterà l’avventuroso emigrante olandese a fondare Paperopoli.
Cornelius sembra
un personaggio con un potenziale narrativo importante e gradito dal pubblico, atto a coprire questo genere di storie che una volta erano interpretate dal consueto cast dei Paperi, ma che oggi, in presenza di una visione di
continuity e di coerenza narrativa interna, forse non potrebbero più essere fatte.
Infine,
permettetemi un ringraziamento al direttore e/o alla redazione per aver citato anche quest’anno
il “nostro” TopoOscar, sia nell’editoriale introduttivo, sia nelle interviste in chiusura della storia di Cornelius. Fa davvero piacere!
Voto del recensore:
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