Recensione Topolino 3523 Dove una serie si chiude(?), un’altra si apre. Tra atomi e aerei,
Topolino 3523 propone
un piccolo passaggio di consegne che vede al centro Topolino avventuriero e investigatore. Due anime che hanno accompagnato il personaggio nel corso della sua lunga vita e che qui sono affrontate con sensibilità sempre nuove e peculiari.
Si potrebbe dire, senza temere correzioni, che Mickey Mouse sia
un personaggio nato per volare. Sin dalla sua prima apparizione, nel cortometraggio
Plane Crazy (1928), il piccolo roditore ha dimostrato
un incessante amore per il cielo, etereo limite dei sogni dell’uomo, pronto a sfidarlo ogniqualvolta il terreno si fosse mostrato troppo stretto per la sua sete d’avventura. Così è il Topolino della sua
prima striscia a fumetti del 1930, dove si ingegna a costruire fisicamente il suo biposto.
E così è anche il Mickey di
Le prodezze di Topolino aviatore (1933), dove debutta uno dei principali comprimari della prima era del personaggio: il capitano Setter dell’aeronautica militare americana. Un personaggio che porterà Topolino a confrontarsi con il Dottor Enigm in una delle storie più importanti dell’intera bibliografia Disney,
Topolino e il mistero dell’Uomo Nuvola (1936), che ritroveremo anche in una delle storie di quest’albo.
Novant’anni dopo il debutto di Setter,
Alex Bertani,
Pietro Zemelo e
Nico Picone riprendono lo spirito aereo di Mick(ey) e lo mettono al servizio di
una narrazione a metà tra Lost e Il piccolo principe in
Le isole della Cometa. Dopo ben sette puntate (che la consacra tra le storie più lunghe degli ultimi anni), ci saremmo dovuti ritrovare a fare i conti con la
legacy quasi secolare del personaggio, sottolineato anche dalla presenza di
personaggi storici quali Radimare e Sfrizzo, ma risulta difficile tirare le somme di
una storia che, con un colpo di coda, si rivela incompleta, promettendo una seconda stagione.
Ma anche volando bassi (
pun intended) e limitandoci ad analizzare solo il racconto in sé, ci accorgiamo che
qualcosa non funziona del tutto. È innegabile che a vivificare i personaggi sia
una sensibilità nuova, scarsamente affrontata nelle storie Disney perché propria di una narrazione introspettiva e poco calzante per l’animazione in cui questo mondo affonda le radici. Ma gli ultimi anni ci hanno grandemente dimostrato che
Paperi e Topi sono ormai pronti a porsi le stesse domande esistenziali che affliggono l’essere umano e spesso con risultati sorprendentemente riusciti.
La copertina variant dedicata a Etna Comics 2023
Non è questo il caso.
La figura di Mick, tormentata da memorie e nostalgie, quella di Dippo, afflitto dai propri errori, Minni e Minerva, antitetiche sorelle in eterno disaccordo, Babou, traumatizzato e aggressivo: tutti i personaggi della storia si avvicendano cercando di apportare la propria dose di conflitto alla trama, in
un caos situazionale che dovrebbe agitare l’animo del lettore… se solo capisse cosa stia accadendo. In ben sette puntate, infatti,
la trama si muove di appena un passo, i dubbi restano dubbi e i misteri si rivelano poco più che vaghezze, enigmi talmente poco accennati da non riuscire neanche a suscitare pienamente la curiosità del lettore.
La conclusione mette poi in luce
una problematica recente. Già presente dai tempi del ciclo di Vertigo, dove dopo i primi episodi la storia andava avanti promettendo una conclusione che non arrivava mai, o di quello di Macchia Nera,
l’assenza di conclusione immediata può essere a tutti gli effetti frustrante per quel lettore che, dopo dozzine, centinaia di pagine, non riceve la retribuzione promessa.
Ma dove Vertigo e Macchia Nera potevano contare almeno su una risoluzione della trama verticale di turno,
Le isole della Cometa non fa altro che diluire la quest per tutta la durata dell’”avventura”, per poi rimandarla a giorni migliori. Sia ben chiaro che non c’è nulla di male nelle “seconde stagioni”, che hanno in passato costruito alcune delle più belle saghe del settimanale, ma ha il suo peso la differenza tra il chiudere e riaprire una trama e il lasciare tutto in sospeso.
È istantaneo fare il confronto con la recente
Gli Evaporati, che si troncava allo stesso modo ma
non senza prima soddisfare il lettore con un punto di arrivo importante (una spiegazione che veniva centellinata lungo gli episodi precedenti per essere poi rivelata nella sua interezza appena prima di calare il sipario). Qualcosa che qui viene a mancare e dove Mick sembra aver finalmente fatto pace con se stesso
il lettore sembra essersi appena perso del tutto. Cos’è la “cometa”? A cosa serve la “bussola”? Chi è “l’altro Mick”?
Più d’azione e meno riflessivo è, invece, il primo episodio di
Topolino e il fattore Gamma: Anomalie gravitazionali.
Alessandro Pastrovicchio, uno dei grandi recuperi della gestione Bertani, compie il proprio
debutto come autore completo con una trama fantascientifica dai molteplici ammiccamenti pop fin dalla prima pagina. È geniale, infatti, l’idea di
rielaborare in stile kirbyano la tecnologia della Dimensione Delta,
storica residenza del Dottor Enigm, trasformandone il
design, sicuramente invecchiato nel tempo, in una forma nuova e funzionale, dall’amabile sapore vintage.
Allo stesso modo, l’elmo dell’avversario in silhouette ricorda vagamente quello di Ultron, storico avversario degli Avengers creato da Roy Thomas e John Buscema nel 1968. Il caso gira attorno ad una serie di furti dai tratti fantascientifici in cui Topolino si barcamena affiancato da Atomino Bip-Bip (qui potenziato dopo gli eventi di
Topolino e gli Ombronauti di
Casty) e il Dottor Enigm, che funge da supporto chiarificatore per i paroloni e le teorie che qui e lì fioccano.
L’indagine, dopo aver seguito gli indizi volutamente lasciati dal misterioso latinista, conduce i nostri alle coordinate di Raton Valley, 36° 14N 116° 46’W, che nel nostro mondo corrispondono invece al Parco Nazionale di
Death Valley, dove l’antagonista li aspetta per mettere in moto il resto del suo piano (e il secondo episodio).
Le ingenuità narrative del novello sceneggiatore sono veramente poche e sembrano essere più dovute alla volontà di rifarsi ad
uno stile più retrò di scrittura, figlio dello
storytelling dell’epoca di Romano Scarpa.
Un ultimo encomio merita soprattutto il disegno, che qui e lì regala perle estetiche non indifferenti. In coda al succitato kirbynismo, d’effetto sono anche
la splash page sul vicolo molto americano di pagina 30 e la splendida vignetta raffigurante un buco nero a pagina 41.
Dalla nuova Dimensione Delta di Alessandro Pastrovicchio al Quarto Mondo di Jack Kirby[/size][/i]
Tra le due succitate storie si affastellano
tre brevi. Dal sapore classico, sia nella trama che nel disegno,
Zio Paperone e l’affare in ballo di
Carlo Panaro e
Valerio Held difficilmente resterà impressa, non mostrando altro che l’ennesimo capitolo dell’eterna faida romantica tra Paperone e Brigitta.
Diringo Dirango, invece, ci mostra come il genere folle del Paperoga di
Enrico Faccini non riesca a risultare stantio neanche volendo. Al centro delle gag, infatti, vi è un (discutibile) motivetto, alienante e ripetuto:
una situazione già proposta in passato e nonostante ciò trattata in maniera freschissima.
Chiude la carrellata
Non è la solita storia, tredicesima istanza della serie
Newton e Pico in viaggio nel sapere.
Giorgio Fontana e
Simona Capovilla stavolta si concentrano sulla materia storica, tanto lontana dalle corde del pratico inventore quanto vicina a quelle del vecchio luminare. A differenza di gran parte degli episodi, data la natura dell’argomento, Pico non va ad illustrare tematiche universali e realistiche, concentrandosi sulla
storia della città di Paperopoli e, per la precisione, sul miglioramento della rete elettrica e dei nuovi lampioni.
L’episodio,
come al solito nella sua semplicità e brevità molto riuscito, non sfugge ad
una grossa nota di demerito. Nonostante la validissima idea di riprendere Cacciavite Pitagorico, nonno di Archimede, direttamente dalle storie di
Barks e
Don Rosa,
il personaggio risulta graficamente totalmente diverso. Una situazione già verificatasi in passato, con
Howard Rockerduck e che ci pone davanti ad una domanda ora inevitabile:
a che scopo riprendere personaggi già noti ai lettori se poi vengono rielaborati e rimodellati tradendo platealmente l’intento?Voto del recensore:
3/5Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
https://www.papersera.net/wp/2023/06/07/topolino-3523/Ora è possibile votare anche le singole storie del fascicolo, non fate mancare il vostro contributo!