Ormai sono diventato mio malgrado un lettore saltuario di Topolino, sebbene resto un acquirente
fedele nei secoli. Cerco di non perdermi nulla di interessante per ritrovare quegli elementi di coinvolgimento e passione che sembrerebbero essere merce sempre più rara sulle pagine del settimanale… Questa volta la lettura di “Tutto questo accadde domani” è riuscita a farmi apprezzare come non accadeva da un po’ troppo tempo a questa parte Topolino.
Forse la cosa che mi ha più colpito alla prima lettura (sì, c’è stata una prima lettura seguita da una seconda e da una terza!) è stata l’azzeccatissima caratterizzazione di Gambadilegno, specialmente nella sua versione “pubblica” di comunicatore che ricorda sin troppo da vicino loschi figuri della politica nostrana (uno in particolare…) in particolare quando si rivolge dallo schermo direttamente ai telespettatori con lo “charme” di un venditore di pentole cercandone la “complicità” e il consenso facile.
Ma poi anche quando vediamo gli effetti della sua mania di grandezza, anzi della sua megalomania, con la statua gigante, la sua residenza con vulcano, piscina e cascate, quando parte in quarta con la sua macchina volante per precipitarsi al ristorante dove dovrebbero essere Topolino e Minni, per poi… presentarsi in kimono ai suoi ospiti. Davvero
un signor cialtrone, un personaggio così ben caratterizzato da percepire il lavoro (extra) che c’è dietro la sceneggiatura per cercare di far comportare gli “attori” in maniera coerente con il loro ruolo, il loro passato e le esigenze di quello che si vuole raccontare.
Lo sferzare le abitudini e le storture della nostra società non si esaurisce con il personaggio di Gamba, ma anzi si allarga a tutta la popolazione di Topolinia (e quindi a tutti noi, che siamo il loro riflesso) con le spettacolari panoramiche cittadine, ricche di personaggi e di situazioni che arricchiscono la storia, con i comportamenti dei topolinesi che presumo più di un lettore avrà giudicato comicamente eccessivi senza realizzare che quella è invece la nostra realtà, quella in cui siamo immersi e che sembrerebbe non poter prescindere da uno smartphone (o smartwatch che dir si voglia) e dal farne un utilizzo incentrato sui gattini, sul litigio (e io aggiungo - ma questo su Topolino non si poteva dire - dal porno!)
Che bello poi vedere le caratterizzazioni dei due Topolino così diverse: esuberante, entusiasta, quasi ingenuo quello anni Trenta; più posato, maturo, riflessivo e “furbo” quello attuale, sottolineando così l’evoluzione della sua personalità nel tempo, rendendolo più credibile o quantomeno dando un senso ai suoi due diversi ruoli nella storia, altrimenti sarebbe stato “solo” uno sdoppiamento del solito Topolino un po’ forzato.
Quindi sì, “Tutto questo accadde domani”
è bella, ma...…ma qui stiamo sottovalutando un aspetto “clamoroso” della narrazione di Casty!
La struttura della storia!I quattro mini episodi che ci ha presentato per far crescere l’attesa non sono un “prequel” della stessa a mo’ di antefatto, come era stato per l’Impero Sottozero, ma sono
momenti chiave della narrazione, tirati al di fuori della linea narrativa standard e proposti singolarmente al lettore.
Lettore che si è trovato così disorientato dal leggeri, e dove il cercare di ricostruire l’intreccio principale disponendo solo di quegli elementi poteva essere solo un azzardato gioco di fantasia.
Allo stesso tempo l’autore si è garantita la possibilità di narrare le vicende della storia senza dover ricorrere a flashback, spiegoni o salti del flusso temporale degli eventi (e in una storia che parla appunto di viaggi nel tempo, paradossi temporali e “what if” non è davvero poco!).
Destrutturando la sequenza temporale degli eventi, e sottoponendola in momenti separati e “disordinati” al lettore si potrebbe rischiare di complicare la narrazione principale rendendola di difficile comprensione e un po’ fumosa, qui invece il flusso degli eventi è così chiaro ed incalzante che scorre perfettamente, e le quattro parti presentate in precedenza non creano alcuno spiazzamento nel lettore che riesce ad inquadrarle esattamente nello schema del flusso principale, forse anche grazie al loro essere brevi e focalizzate su un unico elemento, ed ognuna con una caratteristica precisa: lo straniamento della prima parte con un Topolino troppo integrato ed omologato all’uomo medio(cre) per essere vero; una seconda parte dalla grafica deliziosamente retrò e di credibilissima collocazione negli anni degli esordi di Topolino; una terza parte dal ritmo indiavolato reso ancor più folle dal fatto che il lettore non sa cosa stia combinando Topolino, ed una quarta “giustificativa” della trama che spiega come mai anche lui abbia uno di quei “cosi” al polso e che funziona perfettamente - questa sì - come introduzione alla parte più corposa della storia (storia che ovviamente va vista come un unicum narrativo e non come 4 pezzi +1). Ah, e per fortuna che le due parti della storia sono finite sullo stesso fascicolo: il ritmo e la costruzione del gioco di rimandi ne avrebbero sofferto inevitabilmente.
Una novità strutturale come da tempo davvero non si vedeva su Topolino, ne sono entusiasta!
E non vedo l’ora di potermela godere di nuovo all’interno di un’edizione dedicata con pagine belle grandi che diano giustizia ai disegni di Casty ed alla leggibilità del tutto a volte un po’ penalizzata dai toni cupi della colorazione.
Ah, giusto... consentitemi ancora pochissime parole sui disegni di Casty: forse ho capito perché mi piacciono tanto: all’interno delle le sue vignette i personaggi non occupano tutto lo spazio disponibile, ma sono “ripresi” da più lontano (come si usava fare nelle storie più datate che hanno contribuito alla mia formazione Disney e che forse per questo ritengo più godibili delle attuali). Ma questo non è un vezzo o un arcaicismo dell’autore. E’ una necessità, perché nelle sue storie, nelle sue vignette, *succedono cose*, c’è tanto da raccontare, c’è bisogno di spazio, ad esempio mentre Gambadilegno scende dalla sua macchina, dà degli ordini al suo robot, ed in contemporanea il Topolino del presente fa saltare fuori dal portabagagli la sua versione anni Trenta: il lettore deve vedere cosa succede, il comprimere questi due eventi in una sola vignetta dona velocità allo svolgimento della trama, appassionando il lettore...
Vabbè, ora smetto, si è capito che mi è piaciuta?
- Paolo