Recensione Topolino 3532 Un proverbio latino recita “
Misera fortuna, qui caret inimico”, che si può tradure con “è sfortunato chi non è invidiato”. Il concetto di
fors,
la fortuna come sorte, trae origine proprio dalla cultura latina: la sorte è benevola, quando capita in un momento favorevole, e può essere
avversa, quando se ne abusa troppo.
La fortuna, inoltre, è
sempre precaria, momentanea, mai perenne; nel Medioevo, questa caratteristica era rappresentata da una ruota, in cui quattro fasi del ciclo si avvicendavano continuamente: dalla sfortuna alla fortuna e ritorno.
Gastone forse conosce questa situazione della fortuna, benché siano ormai 75 anni che continua ad averne perennemente (e quasi mai è avversa); ha cercato di evidenziarlo anche
Marco Nucci, che già con
La solitudine del quadrifoglio nel 2021 aveva illustrato come il nostro Mida disneyano probabilmente vive una vita dove il perfetto equilibrio si raggiunge tra la fortuna per sé e l’invidia di Paperino e altri.
Con queste premesse si apre
Topolino 3532.
I cieli di Farmtown (
Marco Nucci/
Stefano Zanchi) presenta, anzitutto, un titolo che gioca molto sull’assonanza con opere precedenti (
I cieli di Escaflowne, anime di Shoji Kawamori del 1996, ma anche
Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders del 1987, o il più recente
I cieli di Alice di Chloé Mazlo del 2020).
Già qui sembra che si voglia sottolineare la
difficoltà di avere una vita ideale sognata, agognata; una vita che Gastone ha identificato in un luogo ben preciso (Farmtown, appunto)
in cui riesce ad essere apprezzato per quello che è e non per quello che appare.
Le inquietudini di Gastone perfettamente riassunte in questa tavola
Ciò, difatti, è anche lo spunto per la storia medesima,
quando il mondo ideale di Farmtown rischia di svanirgli dalle mani perché potrebbe incontrarsi con quello “invidioso” di Paperopoli. Nucci, quindi, prova a mettere in crisi quello stesso universo creato nella precedente storia e a rimettere il tutto sui binari che la sorte (gioco di parole) ha riservato a Gastone già dal 1948.
Essendo comunque la prima puntata di due, qui si vede (al di là di una serie di tavole usate per riassumere i fatti
in nuce della precedente storia) un’impostazione di apertura, dove
appare evidente la prima vera inquietudine di Gastone per la notizia datagli da Priscilla (il suo arrivo permanente a Paperopoli)
e dalla necessità di “mascherare” la sua attuale condizione.
Non si parte male, e gli spunti per raccontare un buon seguito ci sono, ma
il rischio è quello di doversi muovere forse troppo tra le situazioni equivoche che si genereranno e la necessità di fissare uno status quo ormai imprescindibile.
La regia narrativa è anche aiutata da
Zanchi, che
non indugia più di tanto nell’impostazione della gabbia quando si devono esporre le inquietudini di un papero fortunato e sapientemente riesce a mescolare le varie scene e addirittura a combinarle in un’unica tavola.
Continuano le cronache delle origini del Papersera
. Blue Peaks Valley: Un commerciante (
Corrado Mastantuono) mette in scena un’altra componente delle vicende classiche di Paperone, ovvero la concorrenza con il rivale di turno.
Anche in questo caso, come nelle precedenti storie, a emergere è l’uso del Papersera quasi come
un pretesto di fondo; tuttavia, si deve sottolineare che in tutte le storie finora il Papersera è emerso come contesto generale delle storie, un contesto cronistico come originariamente si concepivano i quotidiani.
La cronaca, quindi, diviene
essa stessa il racconto della storia. E qui, forse più che nelle precedenti, si assiste ad
un’impostazione di worldbuilding attorno a Paperone che non ci si aspettava o, meglio, che coglie il lettore di sorpresa nel finale di storia. Va anche detto che una soluzione simile venne adottata da Don Rosa ne
Il re di Copper Hill e forse è l’ennesimo tentativo di dare una
lore credibile e coerente ai personaggi disneyani.
Non sarebbe la prima volta
Dal serio al faceto, anche letteralmente nella stessa storia.
Pippo e una piccola sorpresa (Tito Faraci/Lucio Leoni) è una breve che… stupisce.
Non ci si aspettava un Pippo così profondo (magari poteva essere caratteristica di un Indiana Pipps, come ne
All’inseguimento della stella verde), che qui diventa
filosofo dello stupore per le piccole cose del mondo; atteggiamento che colpisce anche per la semplicità che viene palesata nell’illustrare questa filosofia spicciola.
Faraci prova a innescare una riflessione minimale a tutto tondo, cercando di far immedesimare il lettore con lo stupore e la consapevolezza dello gnomo ivi presente. Tuttavia,
è un esempio di filosofia morale che sembra molto arrangiato, quasi sacrificato rispetto alla volontà di dare alla storia una prospettiva inusuale; eppure, nonostante ciò, risulta credibile nella sua impostazione e apprezzabile in fin dei conti.
Lucio Leoni ai disegni, con un
tratto pulito e perfetto, completa questa piccola parabola di vita con le sue scelte grafiche, rendendo ancora più morbida la stessa.
Una strana coppia si delinea nella successiva
Miss Paperett e Battista e il tesoro dei tropici (Carlo Panaro/
Valerio Held). Dopo una
pregevole storia di Francesco Vacca del 2021, questa volta lo spirito investigativo dei due dipendenti di Paperone non si applica nei confronti del principale, ma alla ricerca di un fantomatico tesoro, sepolto da un fantomatico antenato di Miss Paperett e da cercare ai tropici, mentre i due sono in ferie forzose.
Storiella riempitiva molto innocua, sia per mettere al centro due personaggi secondari che poco hanno da dire, sia per collocarli nel medesimo contesto in cui il loro principale opera, ovvero la competizione con Rockerduck, rendendo così la storia molto meno credibile di quello che si poteva pensare.
No comment
Più convincente la prova di esordio di Giulia Lomurno quale autrice completa con
Topolino e la malefatta malfatta.
Storia che parte subito
in medias res, mette i personaggi in una
situazione completamente opposta alla solita caratterizzazione cui siamo abituati (e le
vibes possono addirittura portare
all’esordio di Mickey Mouse Mistery Magazine), per vedere come si comportano di fronte a situazioni inusuali con cui si trovano ad avere a che fare.
Anche in questo caso,
una breve molto movimentata, dinamica anche graficamente, benché forse un po’ povera dal punto di vista del contenuto. Un buon esordio, che però si spera possa dare seguito a miglioramenti futuri.
Non una selezione malvagia per questo albo.
La giusta commistione tra storie lunghe e storie brevi fornisce al lettore una tranquilla lettura. D’altra parte,
ci sono forse alcune cose da verificare, che in un contesto simile rendono la lettura meno agevole: per esempio, accenni di un
worldbuilding “personalizzato”, che forse avrebbe avuto maggiore risalto e miglior collocazione in un altro tipo di albo; oppure l’innocenza di alcune storie, che forse cozza un poco con la serietà di altre.
Siamo comunque stati
abituati a selezioni disomogenee, e questa non è da meno, reputandosi comunque una buona lettura vacanziera. In definitiva, il
Topolino odierno rimane nella scia dei precedenti, ma, come sempre,
offre spunti differenti ogni volta e per sensibilità plurime.
Voto del recensore:
3/5Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
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