Recensione Topolino 3540Da quando Alex Bertani è direttore di
Topolino sono state spese moltissime parole, anche da parte di scrive queste righe, sul
cercare di analizzare la nuova linea editoriale, cercare di capire quali fossero le differenze rispetto alla gestione precedente, quali input dare agli sceneggiatori.
Quale, in poche parole, sarebbe stato il Topolino che ci aspettava. C’è stato indubitabilmente un impatto sul settimanale soprattutto dal punto di vista della narrazione, permettendo agli autori di sbizzarrirsi con storie dal numero di tavole impossibile da immaginare solo qualche anno fa.
Ma in tutto ciò
i cambiamenti si sono visti soprattutto nella gestione della quotidianità settimanale, con tante avventure a puntate,
e non sui “picchi”, sulle storie memorabili che, anzi, talvolta hanno iniziato a latitare.
Questo perché per quanto la squadra di collaboratori possa essere affiatata, accompagnata, indirizzata verso un obiettivo editoriale chiaro e preciso, alla fin fine
i grandi racconti li fanno i grandi autori. Che non possono esprimersi sempre al massimo delle loro possibilità ma che,
quando lo fanno, raggiungono livelli assolutamente d’eccellenza. E che, quando vengono lasciati liberi di creare, portano
un plusvalore eccezionale al settimanale.
In questo numero ce ne sono due:
Francesco Artibani e
Bruno Enna.
Per quel che riguarda il primo, abbiamo
una storia su commissione relativa al ciclo sulla Basilicata.
Topolino e la signora del lago, ambientata nei pressi del delizioso Lago Sirino, cerca comunque di costruire una trama e un mistero adeguati, in modo tale che il risultato non sia un inutile marchettone. Artibani, come dicevamo, è un autore eccellente e infatti
riesce a barcamenarsi bene tra sortita lucana e intrattenimento.
Ultimo episodio di
un ciclo di quattro, questa avventura vede ancora una volta protagonisti
Topolino e Rock Sassi; personaggio ricorrente è
Pietro Sassi, disonesto ma simpatico bisnonno italiano dell’ispettore topolinese, che non perde occasione di mettersi nei guai.
La storia non è molto lunga e il mistero è semplificato, con il piano degli “antagonisti” che non potrà comunque avere grande successo (rapinare facendosi vedere in volto? L’unico modo di non finire nelle patrie galere sarebbe di far fuori tutti i testimoni), ma nonostante i difetti la lettura è piacevole.
I disegni di Soldati sono adatti al tono della vicenda, che potremmo definire
una “classica avventura di Topolino”. Il finale lascia il lettore alle prese con il dubbio: l’autore suggerisce una (incredibile) soluzione, ma ognuno può scegliere a cosa credere in piena autonomia.
Aria (lucana) di famiglia[/size][/i]
Di tutt’altro tenore è il terzo episodio della seconda stagione de
Gli Evaporati, intitolato
Quantum: parlando poc’anzi di “plusvalore” il pensiero andava certamente nella sua direzione.
Le prime cinque puntate pubblicato a marzo si erano concluse con un’apparente spiegazione del mistero. Il rischio era che in questa seconda
tranche quella
componente “thriller” che così tanto aveva dato alla serie fosse del tutto mancante.
Enna tuttavia è bravissimo nel mantenere sempre alta la tensione. Nessuno
status quo può essere dato per scontato e il continuo rimescolamento di carte e personaggi non fa altro che aumentare la curiosità di leggere come si concluderanno gli avvenimenti narrati.
Lo sceneggiatore continua a giocare anche con scene relative a diversi luoghi e ambienti che avvengono in contemporanea, ed
è bravo a “staccare l’inquadratura” al momento giusto per alimentare mistero e interesse da parte del lettore. Nella prima tornata c’era stato anche un sapiente ed azzeccatissimo uso dei flashback che aveva arricchito ancora di più la qualità della narrazione, mentre ora sembra si stia seguendo
un percorso più lineare.
Se la conclusione dovesse essere all’altezza di quanto visto fin qui non vi è dubbio che Gli Evaporati andrà per forza di cose annoverata tra i più grandi picchi dell’epoca bertaniana.
Cesarello, col suo tratto sporco, apparentemente imperfetto, ha collaborato non poco alla definizione dell’ambientazione cupa e disturbante rappresentata nella storia.
Qui qualcuno ha voluto omaggiare lo sceneggiatore
Talvolta vi è qualche imprecisione nel tratto e spesso i personaggi secondari sono solamente abbozzati, sintomo di un lavoro fatto in tempi molto stretti, ma d’altronde la prima serie si era conclusa solo qualche mese fa e
non deve essere stato semplice disegnare tutte queste tavole (per nulla semplici) con queste tempistiche.
Tuttavia, nella non canonicità del tratto e dei lineamenti dei personaggi, anche in questa seconda stagione
i volti sono vivi, vitali, espressivi. I protagonisti recitano in maniera molto convincente e il risultato finale è complessivamente molto buono.
Questa saga, puntata dopo puntata, ha assunto sempre più
i contorni di una serie TV, attraverso la suddivisione in stagioni per un totale di ben dieci episodi. Mancano solo due capitoli e si potrà fare un bilancio definitivo di
una serie che, comunque vada, sarà sicuramente ricordata.
Come non avverrà per il resto del numero.
Zio Paperone e la rivincita delle Wild Card di
Roberto Gagnor e
Valerio Held è anch’essa una storia promozionale, ponendo l’attenzione sul golf e sulla
Ryder Cup, manifestazione importantissima e seguitissima oltreoceano che da decenni vede sfidarsi la squadra europea e quella statunitense e che pochi giorni fa si è tenuta a Roma.
In Italia l’evento non è molto seguito, né noto, ma
questa storia e i redazionali collegati hanno certamente lo scopo di pubblicizzarlo. La storia di per sé presenta dei momenti simpatici, anche se pagina dopo pagina la vicenda assume
contorni sempre più assurdi fino a un finale dal “
girl-power” lievemente ostentato. Held classicheggiante.
Carlo Panaro e
Massimo Fecchi firmano una nuova storia per
I misteri di Paperopoli, ciclo che si propone di svelare segreti e peculiarità della città dei Paperi.
Pico, Paperino e la pagina nascosta è una tradizionale sceneggiatura di Panaro, con tutti i risvolti positivi e negativi della definizione: ottimo incipit, svolgimento a tratti didascalico, finale in cui il “colpevole” è un personaggio che qualche pagina prima ha sentito parlare i nostri protagonisti. Sembra però poco plausibile che nessuno abbia mai pensato di cercare questa famosa “pagina nascosta”, perno della trama, nel nascondiglio in cui poi è stata trovata. Fecchi classicheggiante (e due!).
Una storia “bestiale”[/size][/i]
Un
Arild Midthun autore completo conclude questa recensione con la breve storia
Paperino, Zio Paperone e l’avventura ecologica, che si lascia leggere con piacere pur nell’inverosimiglianza delle situazioni e di una serie di travestimenti e controtravestimenti da fare invidia alle pellicole di spionaggio. Disegni sempre molto belli.
In definitiva
un numero in cui i nomi fanno la differenza.
Voto del recensore:
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