Recensione Topolino 3543La copertina e la statuetta celebrativa
Altre celebrazioni per il
centenario della Walt Disney Company continuano ad essere presentate sul settimanale: dopo il francobollo della scorsa settimana è la volta di
una bella copertina di Andrea Freccero con i colori “
old style” realizzati da
Andrea Perrotta, dove ci viene riproposto l’iconico Mickey Mouse del 1928 alla guida dello
Steamboat Willie e – per chi la desiderasse –
una statuetta in plastica dello stesso soggetto realizzata in base ai disegni di
Emmanuele Baccinelli,
particolarmente ben riuscita e che spicca notevolmente rispetto alla qualità media dei
gadget allegati a Topolino.
La genesi della copertina e della statuetta (a proposito, il prezzo della confezione con il gadget è superiore di 10 euro ai consueti 3,5) è presentata nelle prima pagine del
Topolino con
un’intervista doppia di Francesca Agrati ai due autori ed è arricchita da alcune interessanti illustrazioni degli schemi realizzativi della statuetta.
Le celebrazioni del centenario continuano all’interno del fascicolo, con
una simpatica serie di cinque gag autoconclusive da una pagina ognuna sceneggiate da
Francesco Artibani e disegnate da
Lorenzo Pastrovicchio in stile retrò, ricche di citazioni grafiche e simpatiche da leggere.
Mi sono mancate però alcune trovate tipiche delle tavole domenicali anni Trenta, in particolare
la minore verbosità dei balloon, dove non veniva spiegata l’azione descritta dal disegno, in favore di un’abbondanza di fumetti contenenti solo punti esclamativi o interrogativi,
oppure la vignetta finale dove si vedeva spesso svenire il protagonista.
Ma l’omaggio confezionato dagli stessi autori di altri due precedenti omaggi al Topolino di Gottfredson (
Topolino e i bracciali di Maciste e
Topolino e l’avventura su misura) è molto piacevole, e sarei curioso di vedere
qualche sperimentazione in più aumentando il numero di vignette alle dodici tipicamente presenti in una tavola domenicale.
Le trovate tipiche delle tavole degli anni Trenta[/size][/i]
In apertura del fascicolo troviamo la storia lunga – 60 tavole – di
Luca Barbieri e
Francesco D’Ippolito,
K – Diari del Klondike, ennesima rivisitazione dei temi della gioventù dello Zione che
forse impone una riflessione sull’utilizzo di questa tematica: quanto presentato sul settimanale offre un omaggio all’Uomo dei Paperi, ha
una trama godibile, ben disegnata e con spunti grafici interessanti nelle tavole di apertura – ad esempio si veda pagina 16, dove i rapidi movimenti dei nipotini sono sottolineati da una struttura della tavola originale e dinamica.
Quello che però secondo me impedisce al lettore di appassionarsi allo svolgimento degli eventi è
il voler costantemente “impreziosire” le imprese di Paperone con un suo gesto nobile, generoso, onesto e solo teoricamente inatteso… mentre di contro mancano i suoi eccessi, la celebrazione della sua folle adorazione per il denaro, la sua ferrea volontà di eccellere e primeggiare, la volontà di combattere e litigare per un decino.
La particolare visualizzazione degli spostamenti del nipotino all’interno della tavola.
E ancora meno convincente trovo l’utilizzo fatto negli anni dei comprimari delle storie di Paperone, in particolare Doretta Doremì:
Barks con un pugno di vignette l’ha definita creando un universo ricco di sentimenti, sottintesi, potenzialità, empatia e umorismo, Rosa ha dato al personaggio la sua interpretazione (che personalmente condivido) inserendola in una storia e in un tessuto sociale attentamente studiati dall’autore.
Gli altri temo la stiano riducendo ad una “papera qualunque”, l’ennesima figurante nell’universo dei paperi, indistinguibile dall’attuale Brigitta, per dire.
Procedendo nella lettura, incontriamo il lavoro di
Jaakko Seppälä e
Kari Korhonen sono gli autori di una sorta di omaggio a Barks, con
Paperino e i campionati contesi (
The Tale of Two Cities nell’originale, citando il romanzo storico di Charles Dickens con il quale comunque la storia non ha nulla a che spartire), una classica storia di 10 pagine, i cosiddetti
ten-pager consolidatisi nei
comic book statunitensi negli anni Cinquanta, dove Paperino riesce ad affermarsi come eccellenza in una determinata attività salvo poi esagerare nello sfoggio della sua maestria e
guidare l’avventura verso l’inevitabile disastro finale. Il voler mantenere il
layout originale della storia, appesantendolo peraltro con uno sfondo della pagina giallo, penalizza un po’ la lettura, ma la storia in sé è una valida riempitiva.
E arriviamo a
Gambadilegno e la nave fantasma, storia migliore del numero e
una delle migliori dell’anno. Quest’opera di
Giuseppe Zironi meriterebbe un approfondimento circostanziato e analitico, ma trasformeremmo questa recensione in qualcos’altro. Mi limito a sottolineare come ci si trovi di fronte a
un vero e proprio racconto horror, che lega le sue atmosfere a moltissimi altri, in particolare quelli di William Hope Hodgson e Howard Phillips Lovecraft (
Dagon e
Il Richiamo di Cthulhu tra tutti).
Gambadilegno è solo in quest’avventura (fortunatamente! La presenza di una spalla comica come Sgrinfia o Trudy avrebbe stravolto le atmosfere), la narrazione avviene in prima persona durante un interrogatorio in prigione, situazione consueta per il Nostro, che ci introduce ad una tematica ancora più standard: l’oggetto misterioso portatore di influssi nefasti.
Sperduti nell’oscurità oceanica.
Il piano che porta al furto dell’oggetto è abbastanza standard e assolutamente non problematico per il lettore, ma da lì
la trama prende una piega inaspettata; uno dei personaggi di sfondo rompe il consueto schema narrativo e si propone come antagonista, rappresentando l’elemento disturbatore dello svolgimento canonico della routine narrativa.
Senza voler rivelare troppo,
vi dico che l’equipaggio della nave in cui incappa Gambadilegno rimarrà tra i ricordi memorabili “inquietanti” della sterminata produzione Disney, accanto al Capitano d’oro di
Zio Paperone e il viaggio nel paese-che-non-c’è, agli sguardi di
Minni e le mummie del pianeta Rhubarhape, alle visioni di
Minni e il segno della Sfinge… e ovviamente anche in questo caso alle opere di Barks come lo scheletro che cammina in
Paperino e il segreto del vecchio castello e il Gongoro di
Paperino e il feticcio.
E poi c’è l’ambientazione: l’oceano, l’ultima frontiera della conoscenza umana, affascinante e nascosta, dove i più profondi (
…indegno gioco di parole!) segreti del nostro pianeta attendono pazientemente di essere rivelati o di indurre al dubbio, alla disperazione e infine alla follia il malcapitato che dovesse trovarsi ad incrociare i loro sentieri.
Le tavole di Zironi, graffiate e spigolose come al solito, si adattano perfettamente a questa narrazione, con vignette standard che si alternano ad altre a tutta pagina, sequenza che non inquadrano direttamente nessun personaggio, sequenze claustrofobiche e rivelazioni terrorizzanti (senza svelare nulla, guardate pagina 142).
Insomma una gran bella storia.
Concludendo, un fascicolo che mi ha dato modo di citare Gottfredson, Barks e Lovecraft potrebbe meritare il massimo dei voti, ma non è sempre tutt’oro ciò che luce.
Non basta citare i miti per poterli emulare e quattro stelle credo siano il valore giusto da dare ad un numero che comunque nel complesso è il migliore che ho letto da un bel po’ di tempo a questa parte.
Voto del recensore:
4/5Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
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