Recensione Topolino 3546Topolino 3546 è
visivamente uno spettacolo.
Dalle sperimentazioni di
Francesco D’Ippolito, sia nella recitazione dei personaggi che nella regia della tavola, al tratto più classico e al contempo moderno di
Cristian Canfailla ai guizzi e scenari immaginifici di
Alessandro Pastrovicchio, questo numero è un vero e proprio manifesto di quello che a parere di chi scrive è stato
il cambiamento migliore apportato dalla gestione di Alex Bertani:
l’aumento della qualità del comparto grafico. E senza limitarsi solo alle innovazioni nel campo del disegno, c’è da menzionare anche
un’importante ed evidente ricerca anche per quel che riguarda il colore.
Ma procediamo con ordine.
La storia d’apertura, cui è dedicata peraltro
la particolarissima ma splendida copertina variant di Andrea Freccero, è il primo episodio di
Ritorno a Ducktopia, seguito della
storia pubblicata durante l’estate del 2021 che aprì la collaborazione di
Licia Troisi con il settimanale e in particolare con
Francesco Artibani.
Personalmente, sebbene fosse nell’aria, non mi sarei aspettato un sequel di una storia, come
Ducktopia, fondata interamente su un colpo di scena, e dopo l’annuncio ufficiale, nonostante le rassicurazioni di D’Ippolito e la fiducia che nutro nei confronti di Artibani sono rimasto molto scettico nei confronti del senso dell’operazione.
Felice d’essere stato smentito.
La premessa sulla quale poggia questo
ritorno è
molto intrigante e per nulla banale, e lascia presupporre
un interessante ibrido tra mystery e fantasy, due generi solo apparentemente distanti. I personaggi, da sempre punto di forza di Artibani, sono ottimamente delineati, e su tutti spicca Amelia, nella cui caratterizzazione è riconoscibile l’impronta di Licia Troisi.
Alle matite D’Ippolito fa un gran lavoro,
impostando la regia della tavola in modo originale ed efficace, addirittura facendo sì che in certe tavole essa sia composta da elementi interni al disegno. I suoi personaggi sono vivi, reali, si muovono in modo credibile e convincente nello spazio.
Sperimentazioni grafiche
A seguire, la seconda puntata di
Topolino e la profezia del cavaliere scarlatto è altrettanto convincente. Dopo la deludente prova dello scorso anno con
La leggenda della Spada di Ghiaccio, che aveva pagato lo scotto di dover (e voler) essere a tutti i costi un ritorno al passato, la prima puntata di questa nuova storia mi aveva convinto molto di più, complice anche il cattivo, molto più carismatico e misterioso di Re Atro, e in generale
l’atmosfera e il tono della vicenda sono più seri e dunque maggiormente conformi allo spirito delle storie devitiane, senza rinunciare però a vari momenti umoristici costruiti principalmente sulla figura retorica della ripetizione, molto usata da
Marco Nucci.
Questo episodio conferma le mie impressioni iniziali, mettendo in scena
un’avventura piuttosto riuscita e appassionante, che sviluppa bene quanto visto nell’incipit. L’idea della nevicata rosso sangue continua a sembrarmi vincente, permettendo di creare
un clima tetro e comunque suggestivo, grazie anche al gran lavoro della colorista
Debora Grazio.
Anche i disegni di Canfailla contribuiscono alla riuscita generale della storia: simili allo stile di De Vita, al quale sono chiaramente ispirati,
riescono anche a distaccarsene e a risultare molto personali creando una sorta di commistione che risulta accattivante.
La terza e ultima storia dell’albo, cui è peraltro dedicata
la copertina regular di Ivan Bigarella, è
Viaggio attraverso l’impossibile, sequel di
Viaggio nella Luna e – come la precedente – ispirata da un film di Georges Méliès, regista francese dell’età pioneristica della cinematografia:
Le voyage à travers l’impossible.
Purtroppo, a mio avviso, la storia risulta meno efficace rispetto al suo primo capitolo, perdendo molto dell’aura surreale che lo caratterizzava. La trama è sicuramente solida, l’inizio e il finale sono ottimi, ma
mostra delle debolezze a livello di ritmo, soprattutto nelle scene del villaggio gravosvizzero, risultando così
più lenta e meno scorrevole. Merita assolutamente una menzione
la brillante trovata metanarrativa adottata da Bruno Enna per tagliare la scena della piovra, che sarebbe risultata altrimenti ridondante.
I disegni di Alessandro Pastrovicchio sono come di consueto ottimi, e
anche lui ha modo di esprimere il meglio nelle visionarie sequenze finali della vicenda, ma ho avuto l’impressione che sia rimasto un po’ ingabbiato, soprattutto nelle parti più lente della narrazione.
In definitiva, il numero 3546 di
Topolino è – al netto di un piccolo inciampo –
un ottimo albo, dove fra stili completamente differenti permane comunque un
trait d’union rappresentato dal genere
fantasy, interessante da vedere declinato nei modi più congeniali per i vari autori.
Voto del recensore:
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