Bella la storia ambientata nelle gelide terre del Nord, nei pressi di uno scenario classico quale quello del Klondike, luogo mitico della giovinezza e della fortuna di Zio Paperone, foriero di ricordi ed esperienze di vita vissuta da parte del vecchio Scrooge.
L'affermazione di quest'ultimo sia in ambito economico nel suo primato finanziario che come uomo (o papero, che dir si voglia) di valore - come mostrato da questa nuova incursione nei ricordi affidati ai suoi diari - passa attraverso la maturazione di esperienze che lo vedono affrontare sfide ardue da portare a termine, contrapposto a figure losche, invidiose del suo successo, del suo proverbiale "fiuto" per la ricchezza e decise a mettergli i bastoni tra le ruote lungo il suo cammino.
I disegni vividi di Francesco D'Ippolito supportano la godibile sceneggiatura di Barbieri conferendo lucentezza e smalto alla messa in scena di questo tuffo tra le memorie del papero più ricco del mondo, proponendo un uso della gabbia più libero e disinvolto rispetto alla tradizione, con rapidi cambi di inquadratura che rendono dinamica e briosa la fruizione della storia.
Molto graziosa anche la storia che ha per protagonista l'aggiustatutto topolinese per antonomasia.
Quella che Francesco Vacca racconta nell'arco di poco meno di una ventina di tavole è una deliziosa storia di vita quotidiana, nella quale lo spirito disincantato di Orazio nei confronti della ripetitività del proprio lavoro di tutti i giorni incontra la goffaggine di un cugino simpatico ma terribilmente catastrofico, che finisce per ispirare tenerezza di quante gliene capitano e di quanti danni si ritrova (ahilui) responsabile.
Mi è piaciuta la gestione del rapporto tra i due cugini, così come ho apprezzato la vicinanza di Clarabella alla causa del buon Curiazio, i momenti di tenerezza col fidanzato e l'affettuosità che viene fuori tra i due parenti ritrovati.
Il carattere genuinamente dinamico e vivace dei personaggi viene abilmente recepito e trasposto su carta dai disegni pimpanti e squisitamente espressivi di un Lucio Leoni di cui amo la capacità di rendere frizzanti gli interpreti della vicenda, per mezzo di uno stile immediatamente riconoscibile e delizioso nella sua effervescenza.
Simpatica la rubrica sul disegno del volto di Paperina con la maestra d'eccezione Silvia Ziche mentre la storia finale di importazione danese mi è risultata intrigante fino al colpo di scena che spiega l'origine del misterioso tempio esplorato dal gruppo dei Paperi.
Da quel punto in poi il mio interesse per la storia è scemato nettamente...
Ciò che prendo di buono di questo racconto, a livello narrativo, è sicuramente l'ambientazione esotica di un territorio inospitale quale quello della giungla che, unito al clima di mistero che vi si respira, mi ha trasmesso un buon coinvolgimento e le simpatiche scenette con protagonisti i due zii in delle vesti decisamente estranee al loro ordinario.
Il comparto grafico rientra infine tra le note positive che colgo di questa vicenda, animato dalle matite splendide di un Maestro quale Giorgio Cavazzano che ha contribuito significativamente a farmi immergere nel contesto di fitta vegetazione laddove si svolge il cuore narrativo della storia.
Un cenno in particolare dell'abilità interpretativa del Maestro riguardo alla messa in recita dei personaggi in questa storia voglio riservarlo, nello specifico, alla vignetta in cui Paperino (immaginandosi come un vero duro, temprato dall'esperienza) accarezza l'occasione della vita di prendere parte al suo programma preferito e diventare così una celebrità del piccolo schermo.
Trovo sia splendida la sua espressione ammaliata ed incantata da una tale prospettiva, che si vede in modo palpabile come non riesca a trattenere l'entusiasmo, tipico di una personalità comune cui si presenta una possibilità straordinaria per "bucare" quello schermo nel quale per il momento segue soltanto le gesta di altri arditi avventurieri.