Recensione Topolino 3571La memorabile storia del 1972
Paperinik e il Castello delle tre torri, vuoi per la suggestione del titolo, vuoi per il carismatico ruolo di vendicatore interpretato da Paperinik, è stata da subito considerata tra le preferite del personaggio, restando ben salda nell’immaginario dei lettori dell’epoca. Lettori che con il tempo sono cresciuti, e uno di loro, nella fattispecie
Marco Gervasio, è diventato l’autore Disney incaricato del prestigioso compito di portare avanti le avventure di Paperinik. Inevitabile, quindi, che porti nelle sue storie i ricordi e le passioni nate con la lettura delle storie di quell’epoca, per reinterpretarle, ampliarle, condividerle “a modo suo”, consapevole – credo – del rischio che si corre nel andare a ritoccare qualcosa di ben conosciuto e amato da altri lettori.
Onestamente non sempre il risultato è stato tale da giustificare la reinterpretazione dell’originale, ma
Paperinik in: trappola al castello è una storia valida, dove la trama scorre senza essere inficiata dalle eccessive “strizzate d’occhio” al lettore
d’antan. Il castello è calato nella realtà paperopolese (sebbene valga sempre il dubbio di cosa ci faccia un antico maniero negli Stati Uniti…) in maniera naturale, la recitazione dei personaggi funziona e il lettore è coinvolto. Personalmente non ho gradito molto lo spiegone finale e la trovata del “super cattivo mutante”, archetipo Marvel e un po’ fuori standard per le storie Disney, però – come detto – la storia funziona.
E’ inoltre un ottimo specchio dei tanti cambiamenti avvenuti su Topolino negli ultimi anni: per un lettore che avesse abbandonato il settimanale qualche anno fa la maggior parte degli interpreti risulterebbero infatti dei perfetti sconosciuti. Chi è il tenente Sheriduck? E i tre ragazzini in un ruolo che anni fa sarebbe toccato ai “soliti” nipotini?
Non è stato semplice scegliere una sola vignetta di Baccinelli, insieme a questo strepitoso Paperone avrei voluto inserire un’intera “gallery” qui…
L’allargamento del cast di certo aiuta a sospendere l’incredulità del lettore, permettendo di mantenere le solite “maschere” sul volto dei personaggi canonici e di introdurre nuove personalità nel tipicamente statico universo dei personaggi Disney, così da sperimentare nuove proposte narrative… sempre a patto però di restare nel solco della tradizione e non scadere nel citazionismo fine a se stesso. Un elemento che però, se usato a piccolissime dosi, fa anche sorridere, come quando Paperinik si rivolge a Rockerduck chiamandolo
carciofo.
Non sono poi una novità né una sorpresa i disegni di
Emmanuele Baccinelli, strepitoso soprattutto nelle ambientazioni del castello e negli sfondi: nessuna vignetta è tirata via; la presenza di particolari curati, di dettagli rifiniti, di sfondi e di ricercatezze grafiche coccolano il lettore facendogli ritrovare quella sensazione di tranquilla familiarità con i personaggi Disney.
Proseguendo nella lettura del fascicolo, realizzo che sono sufficientemente… esperto da ricordarmi quando lo standard massimo per una storia Disney era di due puntate: la prima che creava la storia e coinvolgeva il lettore fino al
cliffhanger dell’ultima pagina e la seconda che vedeva il culmine dell’azione e la conclusione della vicenda. Da quando le storie più lunghe hanno rimosso questo limite delle due puntate, la distribuzione degli eventi lungo la trama ha dovuto adattarsi a ritmi, scansioni e formalismi diversi, dovendo riuscire a raccontare ed insieme a fidelizzare il lettore in più momenti – impresa non semplice – e dove il rischio di una seconda puntata dal ritmo più diluito, o appesantita da una ripetizione più strutturata di quanto successo nelle parti precedenti è sempre presente. Be’… non è il caso di Casty:
questa seconda puntata scorre via veloce e riesce a legare il lettore come e più della seconda parte, lasciandolo col fiato sospeso sino all’ultima vignetta.
Per rendere l’idea delle dimensioni dell’ingresso nella città nascosta, è necessario un’inquadratura molto ampia.
Dal punto di vista dei disegni mi piace sottolineare il grande utilizzo di vignette in campo lungo per la gestione delle scene d’azione e per permettere alle sontuose ambientazioni della città sepolta sotto i ghiacci di riuscire a risaltare anche sulle pagine un po’ strette del tascabile. Ancora, l’ambientazione del Mar degli Spettri estremizza la percezione di inquietudine, di alienità, di mistero e di pericolo che non permette al lettore di rilassarsi neanche quando i protagonisti sono riusciti a scampare al pericolo di una morte tra i ghiacci dopo una notte di ansia e rassegnazione.
Come sempre
non mancano nelle storie di Casty i personaggi secondari memorabili, che riescono ad emergere dalla narrazione grazie alla loro personalità, al non essere monocorde e facilmente inquadrabili in una divisione manichea tra buoni e cattivi, e a risultare credibili non perché “
fanno cose tanto per fare”, ma perché hanno una loro strategia, una coerenza di fondo ed una logicità nel comportamento. Per questo il piùbarone Cinereon Orbes (ci sarà occasione poi di chiedere a Casty se il titolo di piubarone derivi o meno dalla saga de
La Caste des Méta-Barons di
Alejandro Jodorowsky e
Juan Giménez) di certo entrerà nel novero delle creazioni più riuscite dell’autore friulano.
Un’entrata in scena ad alto impatto emotivo.
Altra trovata degna di ammirazione è quella con la quale l’appena citato piubarone viene a conoscenza dell’identità e delle motivazioni del trio di eroi, ascoltando non visto il loro messaggio di addio nel caso non riuscissero a salvarsi dalla situazione in cui si trovano; una soluzione che consente di non far ripetere ad Eurasia quanto già visto nel breve prologo (strepitoso nelle sue ultime due pagine) che ha introdotto la storia due settimane prima.
Infine sottolineo come non manchi un ingrediente spesso sottovalutato delle migliori storie Disney: l’umorismo. Alcune uscite di Pippo e l’umorismo tagliente del piubarone riescono ad allentare la tensione senza però spezzare la catena emotiva degli eventi.
Chiude il numero la storia di
Corrado Mastantuono,
recente Premio Papersera 2024, con l’ultimo episodio di Blue Peaks Valley,
Un giornalista. A volte gli episodi di questa serie sembrano “stonare” se si prova ad incastrarli a forza nella
continuity/canon ufficiale della giovinezza di Zio Paperone, ma la forza delle storie Disney è proprio nel “teatrino senza memoria”, nella possibilità degli autori di poter piegare, adattare, valorizzare i personaggi ai fini della storia che vogliono raccontare, a supportare la loro narrativa personale senza rinunciare all’enorme bagaglio di forza comunicativa del personaggio. Forse questo episodio non è il migliore della serie, ma sia alcune trovate sia la resa di molte vignette sono ottime, per citarne una quella identica a
Zio Paperone in: freddo, neve e pagine stampate sempre a valle dell’incendio della sede del Papersera,
ed ora che la saga si è chiusa un po’ mancherà alle pagine del settimanale. E poi – diciamolo – fa sempre piacere vedere il Papersera citato sulle pagine di Topolino!
Arrivederci, Papersera!
Il voto complessivo si attesta a 4 stelline e mezzo, sebbene fossi stato tentato di togliere mezza stellina per la bruttezza del gadget, ma qui per fortuna recensiamo storie, non giocattoli…
Voto del recensore:
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