Recensione Topolino 3584 La bella copertina realizzata da
Francesco D’Ippolito per Topolino 3584 ci porta dritti alle ultime due puntate di
Addio, Giovani Marmotte, che presenta con enfasi e sensazione un evento inaudito: Qui, Quo e Qua abbandonano il glorioso corpo scoutistico, insieme al Gran Mogol Bertie McGoose, per dedicarsi ai loro impegni in
Area 15, con i
Bumpers o sul
campo da calcio.
Nucci imbastisce una trama interessante in cui il tempo è il protagonista. La storia dura infatti un anno, durante il quale i nipotini si dedicano ad altro (con un notevole occhio alla
continuity delle storie dell’era Bertani), e con varie citazioni sia alle prime storie di Barks con le GM, a partire dall’
E.S.S.B., che alle storie più recenti, come il
cammino del puma bianco e la
missione tropici. Nucci si spinge oltre, e ci porta anche nella
Farmtown tanto cara a Gastone e cita la gloriosa fondazione della Milizia delle Marmotte da parte di Cornelius Coot, vero prodromo delle Giovani Marmotte fondate da Clinton Coot (
tutto materiale messo in ordine da Don Rosa).
Fa piacere vedere questa attenzione, in cui viene mostrato anche il
logo originale delle Junior Woodchucks, insieme a quello moderno usato per la
recente testata (che vedeva delle belle copertine sempre realizzate da D’Ippolito).
Stupisce piuttosto come questa precisione chirurgica rivolta alla continuity non sia stata utilizzata per
Il Miliardo, sempre di Nucci, e che racconta momenti decisamente più importanti per la
lore disneyana.
Marmotte malinconiche tra tempo e citazioni
Da un punto di vista narrativo, la storia è molto valida. Il tempo, come abbiamo detto e come ben sa chi conosce il capolavoro cinematografico di
C’era una volta in America (1984), è protagonista,
capace di plasmare e modificare i caratteri dei protagonisti e porli su nuovi binari per prendere nuove e vecchie decisioni. Qui, Quo e Qua, e soprattutto il Gran Mogol, il cui nome, Bertie McGoose, deriva dal grande lavoro di costruzione delle GM per la
testata omonima pubblicata negli anni Novanta, si costruiscono una nuova vita ugualmente appagante, e che non esclude il futuro richiamo della foresta scoutistica.
Piuttosta inedita la presenza di una figura paterna, che propone un conflitto non nuovo ma certo raro per le pagine di
Topolino. Segnaliamo che un padre del Gran Mogol era già stato presentato in
questa storia del 1995.
Nucci scrive una sceneggiatura frizzante e ricca dei suoi soliti stilemi e tormentoni che si rincorrono tra le tavole. Da par suo, Ermetti cita copertine del
mondadoriano Manuale delle Giovani Marmotte o di
altre pubblicazioni, oltre al corto
Good Scouts (1938).
Le sue tavole sofisticate, i suoi ampli sfondi e il suo tratto preciso e accurato rendono la vicenda coinvolgente e del tutto piacevole. Un dialogo azzeccato non salva la storia
Vediamo personaggi crescere e rendersi consapevoli di nuovi approcci e, in una storia Disney, non è una cosa che accada spesso. Al netto del sensazionalismo del titolo,
si tratta di una storia matura e che entra di diritto tra le migliori storie delle Giovani Marmotte.
Ritornano
I mercoledì di Pippo, dopo quello della scorsa settimana. Rudy Salvagnini e Marco Mazzarello, esilarante coppia capace di produrre tempo fa la micidiale vicenda di
Horsazio, il mostro galattico mai sazio, ci portano
Alla ricerca dell’ignoto.
Il canovaccio della serie resta sempre lo stesso: Pippo persegue in maniera sconclusionata un genere letterario o cinematografico, oppure si lancia in un mestiere particolare con esiti bizzarri.
Il tema della storia è la
criptozoologia, una pseudoscienza che studia animali fantastici.
L’approccio, comunque divertente, mostra inevitabilmente la corda. Se l’episodio della scorsa settimana risultava surreale, questo diventa in fretta monotono e prevedibile, senza lasciare molto. In ogni caso, per ragioni completistiche, speriamo che venga realizzato un nuovo numero della
Legendary Collection per raccogliere questi ultimi episodi, incluso il
filo conduttore del classico che avrebbe dovuto chiudere la serie.
I corsi e i ricorsi di Paperoga
A questo punto,
possiamo ribaltare il numero e vedere la seconda copertina, realizzata da
Enrico Faccini per celebrare, con colori beat, i 60 anni dell’amato Paperoga, che nel
1964 mostrava tutte le paturnie fricchettone e
new-age dell’epoca.
La redazione ha preso gusto ad utilizzare le doppie
cover, tra quella
dedicata al decino dell’infinito e la prossima in omaggio a Wolverine. La parte dedicata a Paperoga si apre con una vignetta di Sio, e presenta giochi a tema, un articolo celebrativo di Barbara Garufi e due storie dedicate a Fethry Duck.
Di nuovo Nucci, insieme a Andrea Maccarini,
mette in burletta gli assurdi corsi che Paperoga si ostina a perseguire, con uno stile narrativo simile a quanto usato da Faraci in
Tutti i lavori di Paperino. La storia scivola via divertendo, e con un piccolo finale sentimentale.
Decisamente meglio il mondo folle di Faccini autore completo, con
Clappagiappa! L’esile storia si basa su un assunto noto a chi conosce l’
Ultimo Balabù di Romano Scarpa. Come fa una singola, strana parola a modificare una giornata? Non sappiamo dare una risposta, ma siamo certi che il potere ridanciano di
Clappagiappa sia enorme, e abbia accompagnato la lettura della storia per tutto il tempo.
Quando basta una parola per ridere!
Le rubriche presentano come disegnare Amelia con lo stile di Giuseppe Facciotto, e un’intervista a Marco Gervasio che racconta come ha realizzato le
carte da gioco che saranno in edicola la prossima settimana, in abbinamento ai numeri 3585 e 3586 del libretto.
In sintesi, si tratta di un buon numero, con storie ben scritte e, quasi sempre, coinvolgenti, capaci di osare e di far ridere.
Voto del recensore:
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