Nel 1997, un anno dopo Aladdin e il Re dei Ladri esce negli States Winnie the Pooh's Most Grand Adventure: The Search for Christopher Robin, il terzo film della serie dei direct to video, qui ancora etichettati Video Premiere. E' con questo sequel che si dà il via al grande rilancio del bosco dei 100 acri, che nell'immaginario popolare era ormai del tutto legato alla serie televisiva prodotta negli anni 80. In Italia infatti l'uscita del film fu ritardata di un anno e fatta precedere dalla riedizione in vhs de Le Avventure di Winnie The Pooh, probabilmente per far familiarizzare il pubblico con l'orsetto dimenticato. Questa "prova" generale del rilancio si porta dietro non poche reminescenze del recente passato televisivo, ponendo però le basi per una lunga serie di sequel, destinati perlopiù alle sale cinematografiche. Tra i rimasugli della serie tv si possono trovare un certo umorismo demenziale nelle scene con Uffa nonchè la quasi totale mancanza di Kanga e Roo, nella serie assai negletti ma che avrebbero avuto di lì a poco un grosso riscatto. Tra gli elementi che più sembrano voler dare un taglio al passato invece non si può non individuare il manto di Tappo, qui tornato giallo dopo essere stato per anni verde, e l'assenza di DeCastor, personaggio not-in-the-book che nella serie televisiva spopolava e che adesso sarebbe bellamente rimasto fuori dal cast. L'impostazione della narrazione non è affatto libresca, come nel classico ma è assolutamente ordinaria.
Pochi sequel possono dirsi ispirati quanto Winnie the Pooh alla Ricerca di Christopher Robin, primo autentico lungometraggio dell'orsetto. Il compito di un seguito è sopratutto quello di proseguire la stessa storia lasciata aperta dal primo film, zoomando su alcuni elementi che erano stati appena accennati. In questo senso il film fa pienamente centro focalizzando tutto su quel poetico finale che vedeva il distacco da Christopher Robin e l'orsetto e ponendosi la fatidica domanda "Cosa succede a un peluche quando il suo padroncino cresce?" La disperazione più nera lo assale a giudicare dalla reazione di Winnie. L'intero film però dissimula questa malinconia di fondo puntando molto sul lato umoristico grazie ai comprimari, qui all'apice del loro potenziale umoristico, che partono con Pooh alla ricerca del bambino credendolo in un posto orribile, la roccia del teschio. La trama si regge su un gioco di parole intraducibile in italiano che vedono una certa somiglianza tra le parole Skull =Teschio e School = Scuola. Fraintendendo il bigliettino lasciato scritto da Christopher Robin, una spedizione composta da Pooh, Pimpi, Tigro, Tappo e Ih-Oh si mette in viaggio, attraversando una serie di pericoli che col mondo di Winnie the Pooh che di lì pochi anni ci sarebbe stato continuamente propinato, hanno poco a che vedere. Il finale tradisce la natura allegorica del fim facendo in modo che i protagonisti trovino esattamente l'amico all'interno del teschio. Christopher era venuto a cercarli. Una forzatura narrativa che profuma di licenza poetica e che suggella felicemente l'ora più buia per i pupazzi, quella della prima volta da soli.
Questa licenza si fa ancor più palese durante il viaggio di ritorno in cui i luoghi minacciosi si trasformano in luoghi ameni e le distanze si accorciano notevolmente perchè come spiega Robin "le cose sembrano sempre più spaventose quando si è soli, impauriti o suggestionati da un brutto racconto". La chiusura del film riprende quella del classico, con Christopher che dice a Winnie che d'ora in poi lui a scuola ci andrà spesso ma che avrà sempre tempo per visitare il bosco dei 100 acri.
Un film significativo nella sterminata produzione di inutili cheapquels che di lì a poco avrebbe invaso il mercato, che aiuta farsi capire anche grazie alle cinque canzoni: la prima è la malinconicissima Forever and Ever, patto di amicizia eterna che il bambino e l'orsetto stringono. Dopo la scomparsa di Christopher Robin tocca a Uffa risollevare il morale dello spettatore con la buffa Adventure is a Wonderful Thing, assai ben introdotta, posizionata, e tradotta. Stona da morire invece If It Says So l'elogio delle mappe by Tappo, introdotta all'improvviso e in malo modo, con uno sbalzo mostruoso tra la voce italiana parlata e quella cantata.
Infine il momento più bello e allo stesso tempo più struggente è Wherever You Are, la preghierina che Pooh canta alla luna nel momento più alto della sua angoscia. La canzone dell'orsetto sciocco ci ricorda che il protagonista della serie è lui e infatti eccolo soffrire più di tutti gli altri personaggi, in virtù del rapporto speciale che aveva con il bambino. Il numero musicale finale in cui i personaggi marciano trionfalmente verso casa, Everything is right, riesce perfettamente nel suo scopo di far tirare un sospiro di sollievo allo spettatore.