Rivisto oggi, complice il BD che mi è stato regalato per Natale.
Che dire? Che, a distanza di tre mesi dall'uscita, il film mostra ancora una volta la sua natura: quella di un pregevole prodotto d'animazione che, senza stare a fare le pulci sul mancato Pixar-Touch, rappresenta una visione più che godibile. D'altronde, che
Brave sarebbe stato un film diverso dagli altri lo dimostrò a suo tempo la stessa campagna pubblicità, che, nei vari filmati caricati su Youtube, poneva l'accento sulla spettacolarità e l'accuratezza visiva più che sulla storia. Storia che, di per sè, non è nemmeno tanto da buttare e che i suoi momenti drammatici ce li ha eccome (il magone che si prova quando la madre rischia di essere uccisa è qualcosa di incredibile). Ciò che maggiormente colpiva delle vicende degli altri Pixar (
Wall-E,
Up, tanto per citarne due) era l'atmosfera minimalista che si respirava, che consentiva di immergere lo spettatore in una realtà in cui il dramma, il pathos ed anche lo humor erano parte di un vivere quotidiano assai più vicino al pubblico. E sarebbe stato assai difficile, se non impossibile, ricreare quella medesima condizione in un film come Brave, in cui i setting spettacolari erano essi stessi protagonisti di una vicenda che era tutto fuorchè minimalista. Ed ecco, quindi, il Pixar Disneyano, con personaggi umani. Sì, è buffo dirlo, ma questo è in pratica il primo film dello studio di Emeryville con protagonisti gli uomini. Certo, in passato abbiamo già avuto il lungometraggio sui Supereroi o quello sulla Cucina, ma se il primo trattava di una categoria di persone assolutamente straordinarie, e che era associata a quello stesso minimalismo di cui sopra, nel secondo l'uomo ha un ruolo secondario o, quantomeno, da deuteragonista. Ma in entrambi i casi parliamo di una realtà particolare, di un micro o macrocosmo, specchio del mondo reale per i più svariati aspetti. D'altronde, è proprio su questo fattore che si fonda l'umorismo pixariano. Il mondo di Brave, invece, è popolato da comunissimi essere umani (ok, anche qui le eccezioni ci sono
) e le dinamiche del racconto sono le stesse delle favole. In parole povere, tutto è (finalmente, oserei dire) a misura d'uomo. Ed è questo ciò che, in fin dei conti, lo differenzia da quel
Koda Fratello Orso a cui molti lo hanno associato. Se il Classico Disney mostrava il distacco di un essere umano dal proprio mondo, traslando la natura dell'uomo in quella degli animali, in Brave ciò che mette in moto la trasformazione è una maledizione, una punizione per l'avventatezza di Merida, più o meno ciò che avviene a Kenai, che, però, si muove in un ambito assai più esoterico e nella cui ottica la sua mutazione assume il valore di un vero e proprio rito di passaggio. La regina Elinor, invece, affronta tutto in un altro modo, oltre che in un altro mondo. La sua ferinità, che, in un certo senso, è l'elemento che consente di far maturare Kenai, è un fattore altamente negativo, che la porta a compiere azioni umanamente riprovevoli. Da una parte, quindi, la natura come elemento inscindibile dall'uomo, dall'altra una natura selvaggia, pericolosa, che bisogna sì rispettare, ma anche combattere. Di conseguenza, Kenai è un uomo solo nel suo viaggio, perchè inteso come processo naturale, Elinor è invece accompagnata dalla figlia, perchè la sua ferinità è l'eccezione, non la regola ed è causata da qualcun altro, a differenza di Kenai (non vi preoccupate che poi scendo giù a giocare, anche sono le 3 di notte
).
In definitiva, quindi, un film diverso dal solito, che ha pagato, tra i nerd, lo scotto dell'essere un Pixar classico, nel senso comune del termine. E più che di Brave, ci sarebbe da preoccuparsi di
Monsters University che, nel caso in cui fosse il terzo flop "concettuale" di Emeryville, darebbe parecchio da pensare sul futuro degli studi.