Nel 1950 si ritorna agli antichi splendori. Con una svolta di importanza inferiore solo a quella che quarant'anni più tardi Ariel porterà, Cenerentola riporta gli studios ai fasti di Biancaneve inaugurando un decennio dorato dopo otto anni di lungometraggi episodici. La serie dei film "a piena lunghezza" si era interrotta infatti nel 1942 con Bambi, per lasciare il posto ai sei deliziosi "package films", prodotti durante gli anni della guerra, per ovviare al problema della chiusura del mercato extraamericano. I film ad episodi erano a loro volta suddivisi in generi, due di essi erano documentaristici e auspicavano, per conto del governo, un rapporto di amicizia con i governi latinoamericani, altri due erano fantasie musciali mentre i restanti due proponevano ciascuno una coppia di storie assai diverse da loro. Maggiormente conosciuti in Italia come spezzoni piuttosto che nella loro interezza, questi film giunsero da noi a spizzichi e bocconi solo dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Per gli studios era il momento giusto per riguadagnarsi quell'immagine che durante la guerra era andata progressivamente offuscandosi, riprendendo l'opera dal punto in cui era stata brutalmente interrotta e ripescando i progetti più ambiziosi nel cassetto di Walt. Tra le fiabe disponibili c'erano La Bella e la Bestia e La Sirenetta, che però si decise di rimandare, partendo da una fiaba assai più facile da realizzare.
Non si può dire infatti che Cenerentola abbia una trama complessa. L'intreccio si potrebbe raccontare tranquillamente in un mediometraggio senza omettere nessun fatto importante. Si apprezza ancora di più dunque lo sforzo degli studios per "allungare il brodo" senza farlo minimamente pesare allo spettatore o apparire forzato. Viene così introdotto un sottobosco narrativo, atto a riempire la dimensione domestica di trame e sottotrame, che spesso si intrecciano con la storia principale, oliandone gli ingranaggi narrativi. Abbiamo quindi le schermaglie tra i topi e il gatto Lucifero, le liti tra Lucifero e Tobia, le gag con gli uccellini e la presenza di un cavallo. Tutti personaggi che un ruolo nella storia poi l'avranno, come dimostrano le sequenze musicali The Work Song e la celebre Bibbidi-Bobbidi-Boo in cui prima volontariamente e poi involontariamente i comprimari finiscono per essere funzionali allo svolgimento dei fatti. Il secondo espediente narrativo atto a rendere la storia di Cenerentola adatta ad essere raccontata in un film di 72 minuti è la profondità aggiunta alla trama principale. Certi fatti che nelle varie versioni della storia avvengono automaticamente, vengono qui messi in discussione, o indagati senza mai dare niente per scontato. Ecco quindi i personaggi del Re e del duca Monocolao, i cui siparietti ci spiegano il vero motivo per cui il ballo è stato organizzato, venirci presentati come due figure estremamente complessate. Oppure la scena dei prodigi della fata Smemorina venire arricchita da dialoghi assolutamente all'altezza, mai scontati e banali che contribuiscono a rendere il pubblico partecipe dei sentimenti di Cenerentola, convinta in ogni momento di star per assistere alla trasformazione del vestito e fino all'ultimo spiazzata da altri prodigi. Infne si può dire che le aggiunte più intelligenti stiano alla fine del film quando, per far interessare lo spettatore allo svolgimento dei fatti in un climax che porterà a una vera e propria battaglia domensitca, si ricorre all'espediente della chiave. La Matrigna chiude Cenerentola in una torre, dando modo al microcast domestico di reinserirsi all'interno della vicenda principale in una corsa contro il tempo che vedrà il contributo di tutti gli animali di casa per permettere a Cenerentola di partecipare al provino di Monocolao. Provino che con un colpo di scena rischia di non andare a buon fine, con l'assolutamente imprevista distruzione della scarpetta di cristallo a causa di un "incidente" orchestrato da Lady Tremaine, e l'ancor più imprevista risoluzione della vicenda grazie alla seconda scarpetta che Cenerentola teneva prontamente in tasca.
Sono tanti piccoli accorgimenti che rendono credibile una storia che in sè non dovrebbe esserlo affatto, e che rielaborano alla disney parecchi topos e stereotipi del patrimonio fiabesco europeo come quello della fata deus-ex-machina, qui estremamente umanizzata e resa "nonnina".