Caravan # 8 – Il Gioco della Guerra (Medda, Gradin-Maresta)
Letto anch'io, finalmente, così posso rispondere al buon bacci88!
Ma prima, dico la mia su questo nuovo numero.
I primi quattro numeri di
Caravan mi sono piaciuti tanto. Il quinto ha avuto per me una piccola decadenza, sì è risaliti con il sesto e si è quasi tornati agli splendori iniziali con lo scorso numero. Tutto questo IMHO, ovviamente.
Bene, ora con l’ottavo numero Michele Medda ci consegna una storia che mi ha fatto emozionare tanto quanto i primi numeri. Nata per essere un fill-in, come lo stesso autore afferma nel suo blog, la storia ha però ricevuto delle modifiche dello stesso Medda per renderla un po’ più in continuity. Indipendentemente dalla beneamata continuity, comunque, quello che è importante dire è che la storia è molto ben scritta. Dopo essersi concentrati su presente e passato di vari personaggi, finalmente c’è un numero che si dedica ai soldati che stanno scortando la carovana degli abitanti di Nest Point. Certo questo non ci fornisce elementi utili per capirci qualcosa nel mistero della deportazione, dato che i soldati ne sanno ancora meno di noi (c’è anche la battuta allusiva agli alieni), ma ci dà l’occasione di leggere tre storie in una. Due ambientate nel passato e slegate dai personaggi della serie, una è quella che fa da filo conduttore.
In un solo albo vengo a conoscenza della strage del quartiere di Gorla a Milano del 1944, e della sparatoria alla Kent State University nel 1970. Due episodi della Storia che io ignoravo completamente, perché poco noti e difficilmente riportati nei libri di scuola. Due episodi di cui noi lettori apprendiamo grazie ai racconti dei genitori di Davide, e raccontati attraverso aneddoti di forte impatto emotivo, soprattutto per quanto riguarda la strage di Gorla.
Racconti, questi, sorti spontanei in relazione al subbuglio che serpeggia tra i militari in seguito a una strana esercitazione che hanno compiuto ma che sembra avere avuto risvolti non normali.
Infatti dalle parole della soldatessa Mary Jane Kimble, i “capi” vengono a conoscenza di una storia per niente simpatica e assurda nei suoi risvolti, avvenuta tra alcuni soldati occupati nell'esercitazione. Ma quando crediamo di avere tutte le carte in mano, ecco che l’autore ci insinua il dubbio, esattamente come aveva fatto alla fine del terzo albo. Qui forse con un pretesto un po’ più forzato, ma di sicuro spiazzamento per il lettore. In questo finale con tante ombre ha modo di tornare anche la dottoressa Peters, che avevamo conosciuto nei primi albi.
Una storia magistrale, che riesce nell’intento di essere fumetto popolare/d’intrattenimento e nel contempo di educare, raccontando i due episodi di guerra. E una storia principale concitata e avventurosa, per la seconda volta consecutiva ambientata nei boschi vicino a dove la carovana è ferma.
La copertina è poi una delle più belle, se non proprio a migliore, decisamente d’effetto e ben disegnata.
Cosa che non posso purtroppo dire per disegni dell’albo, per la prima volta mi hanno deluso non poco: la storia alterna tavole disegnate tutto sommato bene ad altre decisamente inguardabili, almeno per il mio gusto, e in molte vignette i personaggi sembrano incollati sullo sfondo. I retini sono spesso troppo pesanti, e alcuni effetti “computerizzati” danno delle ombre fastidiose, sia in alcuni volti che nelle divise dei militari. Comunque Medda dice che i due disegnatori sono dovuti andare in fretta per finire in tempo, quindi questa può essere una scusante.
Next,
Nove per un Dio PerdutoIl problema, a mio modo di vedere è che l'albo, per quanto abbastanza bello, risulta davvero difficile da inserire nel contesto della miniserie, che oramai è sempre più vago.
Questo approccio nella scrittura mi stava bene fino a qualche episodio fa, o ancora nel numero precedente (commentato benissimo da Everett qui sopra) che di fatto narrava una storia bellissima e molto poetica.
Estrapolando ancora un paio di frasi di Medda, dati in risposta a un utente del suo blog: "Non è mia intenzione prendere per la manina il lettore e guidarlo passo per passo, indicargli la meta da lontano e dirgli "ecco, vedi, andiamo di là"; come sul versante opposto non mi interessano certi esperimenti di destrutturazione della narrazione che giocano a disorientare, se non a scioccare, il lettore. Ho una storia da raccontare e la racconto. Non c'è altro da dire".
Ovviamente, come avrai capito leggendo la mia recensione, ho gradito moltissimo la storia (o meglio, le storie) raccontata/e ne
Il Gioco della Guerra. Particolarmente l'episodio di Piazza dei Piccoli Martiri, che ha colpito anche te; e condivido il giudizio non positivo sul comparto grafico, che per la prima volta mi ha deluso.
Per il discorso che ho messo in quote... che dire? Vedo che anche tu segui il blog di Medda, e la frase che hai riportato sul "condurre per la mano" mi pare chiaraficatrice della concezione che Medda ha sul comme portare avanti questa mini. Cosa che è chiara da mesi ormai, cioè che Medda intende questo viaggio un'occasione di introspezione per gli abitanti, cogliendo l'occasione di sviscerare un tema/elemento della vita da più varie angolazioni per ogni numero. Non ritengo quindi che dato che siamo al n. 8 l'autore debba incominciare a mettere la testa a posto e ritornare ai misteri di inizio mini, perchè per come va avanti gli basteranno giusto gli ultimi due numeri, se non solo l'ultimo. Poi potremo dire che ha trattato troppo di melma la causa scatenante, se la risolve male, ma potrebbe anche risolverla bene! Vedremo, quel che abbiamo adesso è un insieme di belle storie, con pochi bassi, inserite in un contesto atipico ma che serve che si atipico per avere l'ambientazione ideale per questi "racconti".
Insomma, ormai la mini è così. A me per ora va benissimo. Inolte sottolineo il coraggio di Medda, che in fumetto popolare Bonelli costruisce una miniserie così atipica e fuori dai canoni, ricevendo infatti molte critiche sul web, tra forum e il blog, ma lui òle legge tutte e serafico ribadisce cose come quelle che riportavi tu sopra, cioè che a lui non interessa accontentare il lettore o rassicurarlo dandogli quello che si aspetta, lui scrive quello che la sua vena di scrittore lo porta a mettere nero su bianco.
E io condivido.
Comunque non ho ancora avuto tempo di leggere il guano che spalano quelli di Comicus questo mese su Caravan... se dopo leggo e vedo qualchwe critica interessante, magari posto qualche altra riflessione.