Alcune settimane fa, in seguito all'acquisto del DVD di Lilli e il Vagabondo che mi ha fatto completare la mia collezione dei classici Disney, ho iniziato a riguardare questi film d'animazione, tutti in ordine cronologico. Al ventottesimo giorno di questa mia megamaratona sono arrivato al mio preferito.
Non c'è dubbio che quando si è legati ad un film fin dall'infanzia tale film diventa qualcosa di davvero speciale - non so se vi è mai capitato, ma io quando rivedo un film che mi ha davvero rubato il cuore da bambino, come nel caso de La Sirenetta, mi sembra sempre che il film stesso lo abbiano fatto solo per me, per farmi tornare alla mente tanti ricordi e tante piccole cose che solo apparentemente avevo rimosso. Nel rivedere il film questa sera per quella che probabilmente è la centesima volta sono tornato ai miei cinque anni, quando vedevo la locandina del film affissa nel piccolo cinema della mia città (che adesso non c'è più - il cinema, non la città), o quando, non avendo trovato la musicassetta della colonna sonora subito dopo l'uscita del film, mio padre si mise di santa pazienza a registrarci non so come tutte le canzoni del film prese direttamente da una videocassetta pirata (cosa di cui poi si pentì amaramente, visto che quella musicassetta dal suono così roco e sporco io e mia sorella la ascoltavamo di continuo in macchina!).
E riguardarlo oggi...be', è ancora un'emozione. Se non altro perchè, con grande sollievo, ogni volta che lo rivedo ormai dopo quasi vent'anni dalla prima volta mi accorgo che ancora adoro questi personaggi come quando avevo cinque anni, che ancora canto tutte le canzoni a memoria, che ancora rido alle stesse gag.
Ed ovviamente a tutto quello si è aggiunto qualcosa in più. Con un po' più di anni sulle spalle sono così tante le cose che questo film ha da offrire. In primis il viaggio emotivo della nostra eroina Ariel - un personaggio romantico nel senso più letterario del termine, con la sua passione ed amore sconfinato ed irrazionale che nascono quasi esclusivamente da un incontrollato desiderio di conoscenza, di libertà e di scoperta della propria individualità. E poi la sua dolcezza, il suo essere bambina dai comportamenti molto contemporanei e allo stesso tempo donna che sta crescendo (la moglie di Roy Disney cita come suo momento preferito del film la breve scena in cui Ariel, avendo appena scoperto dell'imminente matrimonio di Eric, ha un breve momento di panico, stenta a respirare e fa quel particolare movimento con la mano, molto drammatico - una scena davvero bellissima e, aggiungo io, forse il momento in cui Ariel cresce davvero, in cui si rende conto che quello che fino ad ora ha trattato come un gioco è invece una realtà che può distruggerla, lei ed i suoi sogni).
Insomma un personaggio complesso che è lontano anni luce da quella bambolina in cui la Disney l’ha trasformata tramite i suoi mediocri prodotti home video e di merchandise (e come mi fanno innervosire tutti quelli che mi dicono che La Sirenetta è solo un film per bimbette perché in mente hanno solo le cretinate rosa e glitterate che vendono nei Disney Store).
Poi ci sono, ovviamente, tutti i meravigliosi personaggi di contorno, che a differenza di tantissime spalle comiche dell'animazione più recente, non fanno solo ridere ma hanno un'anima, un proprio arco drammatico (anche quelli in apparenza più sciocchi - bellissimo il momento in cui Scuttle, con una serietà mai vista prima, dice "Insomma, mi sono mai sbagliato? Sulle cose importanti intendo"). E poi c'è la cattiva. La più volgare, esagerata, teatrale e grottesca di tutti i cattivi Disney. Bel coraggio davvero a prendere come modello Divine, ed il tutto funziona alla perfezione - Ursula sta bene infondo al mare, ma ce la vedrei benissimo anche in un locale per drag queen (chi se la può dimenticare "l'importanza del linguaggio del corpo"??). Eppure, malgrado questa particolare scelta, riesce anche a risultare una presenza molto inquietante, minacciosa perchè è forse l'unico cattivo Disney che per arrivare a ciò che vuole rigira e raggira la realtà a suo vantaggio, accalappia ed affascina ed avvolge le sue vittime (geniale l'idea di farne un polipo) più che porsi come una vera e propria avversaria.
Con il passare degli anni, dopo aver amato il film, ho imparato ad amare anche moltissimo la fiaba di Andersen, il cui finale malinconico sono arrivato anche a preferire (pur commovendomi ancora con quel "Ti voglio bene, papà" della versione animata). Ed avendo letto la fiaba quasi tante volte quanto ho visto il film, è impossibile non dire anche due parole sulla maestria dell'adattamento - fedele nelle parti che maggiormente servono a dare atmosfera e personalità alla storia, dal castello del re del mare alla drammaticità della tempesta e del salvataggio, e capace di adattare dei particolari della fiaba in una maniera squisitamente filmica (personalmente adoro il fatto che hanno preso un piccolo dettaglio come le viscide murene che nella fiaba non fanno altro che nuotare attorno alle braccia ed ai seni della strega e le hanno trasformate in personaggi veri e propri), sapendo anche rimpastare alcuni dettagli per una maggiore tensione drammatica (il ruolo fondamentale di Ursula, che nella fiaba è poco più che un plot device) ma anche comica (l'evitare una scena potenzialmente imbarazzante come il principe che trova la sirenetta nuda sulla spiaggia facendone il pretesto per i disastrosi tentativi di alta moda di Scuttle).
Il tutto poi accompagnato da una ricerca tematica davvero innovativa per la Disney nel 1989, dopo anni di film alternativamente banali o non riusciti. Non è una cosa da sottovalutare il fatto che un marchio che solitamente viene associato all'infanzia trovò una sua rinascita con un film dai temi difficili ed adulti, a cominciare dall'attenzione che viene posta nel rapporto conflittuale tra padre e figlia, ma soprattutto le due tematiche che secondo me sono al centro del film: l'importanza di far vivere alle persone amate i propri errori (ed Ariel di errori ne fa tanti, molti ingenui altri no, ma è la sua vita e ne ha bisogno, quindi l'unica soluzione è mettersi da parte ed accettare che una figlia non può rimanere una bambina per sempre - da qui la più bella frase del film "Ora rimane solo un problema - quanto mi mancherà"), e poi la doppia valenza dei sogni, che si devono seguire fino in fondo anche a rischio di perdere tutto, come fa Ariel, ma che qualche volta dobbiamo anche saper riconoscere nelle cose che ci sono attorno e negli affetti semplici e sinceri che abbiamo davanti agli occhi (cosa che Eric non riesce a fare da subito, rischiando di perdere il suo grande amore).
Spero che tutto questo che ho scritto abbia un po' di coerenza. Non volevo fare una vera e propria recensione, anche perchè questo è un film che mi è davvero troppo caro per poterne parlare razionalmente.