Ragazzi, avete argomentato tutti in modo convincente e da profondi conoscitori del panorama fumettistico italiano, pur conservando, giustamente, opinioni differenti. Quindi ho poco da aggiungere rispetto a quanto è stato detto; una considerazione, opinabile quanto si vuole, però la faccio, e se volete è una sorta di autocritica, perchè riguarda il mio mestiere e chi ci ruota intorno professionalmente. Quello che da SEMPRE trovo abbastanza fastidioso nell'atteggiamento di "noi" (virgolettato, perchè non mi sento ancora tale, dato che lavoro con personaggi altrui) autori italiani (e con questo termine includo sia sceneggiatori che disegnatori) è l'aria di sufficienza e di snobismo con cui abbiamo guardato soprattutto le pubblicazioni americane prima e giapponesi poi, convinti di poggiare un gradino sopra culturalmente parlando e di essere in grado di fare comunque meglio. La nostra è sempre stata considerata una tradizione superiore, e i fumetti d'autore (parlo del livello di Pratt o Crepax, ma anche i vari Pazienza, Liberatore ecc.) hanno finito, nella stragrande maggioranza dei casi, col produrre storie più per il compiacimento degli autori stessi che del pubblico, anzi meglio se quest'ultimo alla fine fosse ristretto e, diciamocelo, politicamente schierato (in alcuni casi, ovviamente) o quantomeno elitario. Col risultato che oggi per leggere Corto Maltese lo devo andare a cercare in Francia, per non parlare di Valentina, ma lì l'atteggiamento dei fruitori di fumetto è diverso. Insomma, non si è stati capaci, a mio avviso di fare quello che ad esempio è successo in America, fenomeno che ha anche rimpinguato le casse degli autori e relativi editori: far si cioè di "elevare" il fumetto popolare a vera e propria letteratura disegnata, utilizzando personaggi preesistenti (leggi, ad esempio i supereroi) e riuscendo a connotarli in forme diverse, adulte, realistiche, insomma interessanti, pur mantenendone le stesse caratteristiche di base, senza stravolgele. Scrivere e disegnare fumetti PER il pubblico. E in America certi autori sono idolatrati alla stregua di rockstars. Non voglio dire che sia l'esempio da seguire in assoluto, la mia è solo una constatazione di un certo tipo, a mio parere personale, di atteggiamento verso il pubblico di chi il fumetto lo fa, dividendolo in categorie "classiste". E' la stessa cosa di quello che succede col cinema: i veri successi, alla fine, sono i blockbusters americani, non gli arrovellamenti mentali radical schic che vincono il leone d'oro, ma non se li fila nessuno (tranne rare eccezioni) al botteghino. Questo perchè stiamo alla fine parlando di vendite, di successo presso il largo pubblico. Lungi da me voler apparire come un'esaltato della cultura americana, come non penso di certo un PK stile Dark Knight (anche perchè si ritornerebbe al punto di partenza: le caratteristiche di un personaggio non vanno starvolte, sennò non è più lui). Dico solo che un bagno d'umiltà a noi autori (pur con tutte le sacrosante rivendicazioni nei confronti delle case editrici che ci trattano a pesci in faccia bla bla bla ecc...) non farebbe male, forse si capirebbe meglio cosa VERAMENTE vuole il pubblico.