Ho provato a riaprire il topic Wom vs Argaar, senza riuscirci. Ho segnalato la cosa a Paolo, ma, per intanto, posto l'intervento qui, visto che si ricollega alla discussione su Ambrosio.
Se, poi, riuscirò a riaprire il topic, vedrò di postarlo anche lì.
Leggendo tutta la discussione Wom vs Argaar, ho rilevato come l’Argaar batta Wom nelle preferenze di tutti coloro che sono intervenuti in merito, e dai post traspare come dette preferenze derivino quasi sempre dal ritenere che De Vita abbia fatto un uso migliore dei personaggi rispetto a come se ne sia servito Ambrosio, dotando altresì il ciclo dell’Argaar di disegni ineguagliabili nella loro bellezza; ma in che senso De Vita ha saputo muovere Topolino e gli altri meglio di Ambrosio nella trama?
Da come la vedo io, De Vita ha saputo costruire una storia attorno a Topolino e Pippo, alle loro caratteristiche ed ai loro caratteri, mentre Ambrosio, pur partendo (e spiegherò meglio subito questo concetto) con la voglia di rispettare i canoni dei personaggi, è arrivato poi a stravolgerli in funzione di una trama particolare da lui concepita, a favore della quale ha piegato i personaggi medesimi.
Mentre De Vita sceglie di far giungere i Topolino e Pippo della nostra “dimensione” in un’altra senza mutare loro alcuna caratteristica, Ambrosio decide da subito che Topolino e gli altri in Wom devono essere, oltre a ciò che già sappiamo, dei maghi, aggiungendo loro un qualcosa che non possedevano sino ad allora. Non vi è nulla di sbagliato in sé nel procedere così, se si pensa al tipo di storia che Ambrosio voleva costruire, ed anzi all’inizio Ambrosio dà a Topolino una motivazione per diventare stregone che più topolinesca non si può: aiutare gli altri, nel pieno rispetto delle caratteristiche del personaggio Topolino, secondo il più consolidato canone disneyano.
Anzi, nelle prime parti dell’ormai interminabile sua saga, Ambrosio centra perfettamente il suo obiettivo, perché Topolino, prima di lanciare qualsiasi incantesimo, si comporta ancora come da sempre il nostro eroe fa: ragiona, ci stupisce con il suo acume, lancia anche qualche battuta, desume, dà prova di coraggio, ed il lancio di questo o quell’incantesimo è solo la conclusione del percorso logico che Topolino ha fatto, come quando nei suoi polizieschi arriva a dirci il nome del colpevole o a sventare il tale crimine, tassello dopo tassello. Cambia l’esito finale, ma non la psicologia del nostro eroe: prima che Wizard è ancora Mickey, ed è questo che ci ha fatto piacere, o comunque apprezzare se il fantasy non è genere gradito, l’inizio di Wom. Sin qui un ineccepibile “bravo” a Stefano va dato, senza se e senza ma.
Però, con il progredire della storia, succede quel che non doveva capitare: Topolino diventa sempre meno Mickey e sempre più mago. L’incantesimo lanciato quasi a casaccio e senza un ben chiaro perché risolve sempre qualsiasi problema, quando il bello della saga era capire perché Topolino arrivasse a lanciare proprio quell’incantesimo e non un altro. E a questo punto Topolino non è più insostituibile al centro della storia. Potremmo prendere un qualsiasi altro eroe Disney, o anche al di fuori del mondo Disney, che non sia un perfetto tonto, mettergli in mano un bordone, dargli un Mazinkaiser dei poveri da pilotare, ed il gioco sarebbe fatto. Idem per Paperino o Pippo: un Orazio che è caduto da piccolo in un pentolone ed ha bevuto una brodaglia la quale gli ha impedito in futuro di fare buoni incantesimi, o che non ha voglia di fare il mago, potrebbe tranquillamente sostituire Donald o Goofy in tutta la vicenda, e noi neanche ce ne accorgeremmo.
Nel ciclo dell’Argaar, invece, tutta la trama di ogni singolo episodio è costruita perfettamente attorno a Topolino e Pippo, e la storia arriva a quella tale conclusione proprio perché i nostri eroi hanno quei loro tipici caratteri e modi di fare che tanto adoriamo: nessuno, e questo è il punto fondamentale che spero di spiegare chiaramente, potrebbe sostituirli, sia all’interno dell’universo Disney, sia al di fuori di esso, perché in tutto il mondo del fumetto solo Topolino e Pippo avrebbero potuto agire in quel modo e portare la storia in quella certa direzione, proprio in conseguenza del loro comportamento.
La cosa appare di tutta evidenza se si confrontano le gag presenti nelle storie. Le gag in Wom si riducono spesso a meri giochi di parole o a piccoli ironici riferimenti, che magari lì per lì ti strappano un sorriso, ma che, in fondo, potrebbero anche essere eliminate senza fare gran danno. Pensiamo all’amuletofonino: all’inizio scappa un sorriso, ma ai fini della trama cosa sarebbe cambiato se avesse preso il nome, ad esempio, di “amuleto comunicatore”? Pensiamo invece al Pippo che continuamente non crede alle illusioni del Principe delle Nebbie e che per questo motivo salva la pelle a Topolino in più occasioni: la cosa ci fa ridere da un lato, e dall’altro è perfettamente funzionale alla trama, perché consente alla storia di procedere nella direzione voluta. Ma, lo ripeto, ciò è stato possibile solo perché in quel posto si è trovato Pippo, con il suo modo di essere irresistibilmente “tontolo”: nessun altro si sarebbe mai comportato come Goofy ha fatto nella medesima situazione, e la piega che la storia avrebbe preso in tale caso sarebbe stata ben diversa.
A ciò va aggiunto che Massimo De Vita in quelle trame ha dimostrato una grandissima vena comica, non presente in altre sue bellissime storie che, per la verità, meno si prestavano ad essere costruite attorno a situazioni totalmente spiazzanti (e bene ha fatto in queste storie De Vita a lesinare le gag: a mo’ d’esempio, lasciatemi citare Topolino e la città di Psathura). Ammetto di avere sghignazzato fino alle lacrime sul mitico “Inserire qui la spada di ghiaccio” la prima volta nella quale lessi questa perla d’umorismo, come mi capitò sulla scena della ridarola al torneo dell’Argaar, e così via.
Ripeto: la mancanza di gag non è di per sé un difetto, posto che nulla vieta di creare una storia “seria” con protagonista Topolino, ma l’uso che ne è stato fatto nel ciclo dell’Argaar testimonia come la storia sia stata perfettamente cucita attorno a Topolino e Pippo, perché nessun altro personaggio del fumetto mondiale avrebbe potuto sostituirli, sostituzione che, con un pizzico di fantasia, potrebbe essere agevolmente effettuata nella serie di Wom, almeno da metà della seconda saga in poi.
Che dire poi della sceneggiatura delle storie? Purtroppo non ricordo battute o frasi memorabili di Wom, né riconosco particolare bellezza ai testi scritti da Ambrosio, quantunque nelle prime puntate si elevino parecchio rispetto al canone di massima semplificazione dei discorsi che troppo spesso lo stesso Ambrosio ha usato in sue storie ed imposto, assieme alla direzione, in molte storie moderne. Frasi piuttosto semplici, banalotte e quasi stereotipate, insomma.
Proviamo, invece, a prendere giusto le prime pagine di Topolino e la spada di ghiaccio e gustiamoci il racconto/monologo che Yor fa per arrivare a narrare la storia di Alf a Boz e agli altri Uli. Ebbene, alternando sapientemente didascalie e fumetto, De Vita ci narra, in poche frasi più lunghe della media, tutta la storia di Alf, e ci tiene incollati alla lettura, rapendoci con la sua prosa dove, per fare un esempio stupido ma che ben rende l’idea, l’autore non lesina sull’uso del pronome “egli”, quasi disusato nel parlare, ma grammaticalmente perfetto. Ora, tra gli autori moderni (escludo un classico scafato tipo Cimino o Sarda, per capirci) chi ha il coraggio di usare questo vocabolo sul Topo di oggi?
A memoria ricordo solo Silvia Ziche: non sia mai che trovare su Topolino una parola difficile come “egli” possa dare problemi di comprensione ai bambini moderni (che saranno pure bambini, ma non sono necessariamente dei decerebrati, cavolo!), posto che un rassicurante “lui” non impone neppure difficili sforzi fonetici con quel gruppo “gl” che è quasi impronunciabile... Con tanti saluti alla buona grammatica ed alla buona sintassi: ma davvero si ritiene che, se i testi delle storie si elevassero un poco sopra la media (anche senza arrivare agli “eccessi” ciminiani) e vi fossero meno concessioni alle storture dell’Italiano parlato, Topolino piacerebbe meno ai lettori?
Ne sto quasi facendo una crociata sul Papersera, visto che ho già toccato l’argomento in un paio di post su Guido Martina: facciamo in modo che il nostro settimanale preferito torni a svolgere quella sua piccola, ma importantissima, funzione didattica di supporto di lettura e sintassi che poteva vantarsi di avere sino a non molti anni fa, grazie a gente del calibro di Martina e Cimino (che ancora nel 1978 preferivano scrivere “rinunziare” rispetto a “rinunciare”, quando quest’ultima forma era già entrata nell’uso comune ed era considerata grammaticalmente corretta), anche senza arrivare a questi estremi (Cimino è peraltro l’unico, a quel che vedo, al quale sono ancora concessi).
Ed infine non posso esimermi dal ritenere che pure il comparto grafico abbia un suo perché nel far pendere la bilancia a favore del ciclo dell’Argaar. Lorenzo Pastrovicchio, disegnatore principale di Wom, ha ancora molta strada da fare per diventare un novello De Vita, c’è poco da fare e da commentare.
Massimo De Vita ha impiegato, del resto, anni di continue sperimentazioni per diventare quel che è, e non possiamo pretendere che il Pastro, per quanto bravo, sia già ai suoi livelli dopo solo una dozzina d’anni di servizio nei quali il suo stile non ha mai subito particolari cambiamenti o scossoni. De Vita all’epoca disegnava già ad anni luce di distanza dalla maggior parte dei colleghi, ed era riuscito nella saga dell’Argaar a dare fondo a tutte le sue conoscenze per riuscire a creare vignette perfette sotto ogni punto di vista, sia per quanto concerne lo stile dei personaggi, sia per quanto concerne sfondi e dettagli, che non sono mai inseriti nella vignetta solo come riempitivo della stessa: essi si integrano perfettamente con l’azione principale e con i dialoghi, senza che mai diano a noi lettori l’impressione di essere sovrabbondanti o slegati dal contesto, con ciò dimostrando le grandissime capacità grafiche di Massimo. Sarebbe da dedicare un post specifico a De Vita in merito, e lo farò, a questo punto.
Però... accidentaccio, nessuno mi ha mai avvertito che, scritto un post su una cosa, ti ricolleghi ad un argomento che te ne fa scrivere un altro, dal quale trovi lo spunto per un altro ancora e così via...
Vabbeh, come sempre aspetto commenti e reazioni a quanto ho scritto!