Devo mantenere una promessa fatta in quel di Torino una decina di giorni fa, ossia che avrei scritto una delle mie recensioncelle su Silvia Ziche. E ogni promessa è debito, soprattutto per un avvocato!
La bravura di Silvia Ziche disegnatrice si può misurare, secondo me, nel successo che la medesima ha presso noi lettori, perché a nessun altro avremmo mai permesso di disegnare in modo tanto caricaturale i personaggi Disney come lo fa lei, senza moti di disapprovazione nei confronti del disegnatore.
Ma non ci siamo mai trovati sotto la casa di Silvia per manifestarle disappunto alcuno, mediante la pacata esibizione di carabine, candelotti di dinamite, corde terminanti in cappio lasciati nel suo cortile.
No, non l’abbiamo mai fatto; e questo perché il tratto di Silvia Ziche è sì caricaturale, ma al contempo è anche tremendamente disneyano. Ziche è riuscita in un’impresa ai confini dell’impossibile: nel piegare i tratti dei personaggi al suo personalissimo stile di disegno senza snaturarli in alcun modo. Anzi, forse li ha resi ancor più disneyani con riferimento ad un certo tipo di storia comica della quale ella è diventata il paradigma figurativo di riferimento assoluto, sin da quegli inizi degli anni ’90 che l’avevano vista esordire sul Topo portando una ventata di novità stilistica assoluta, in mezzo ai troppi novelli cloni di Giorgio Cavazzano i quali all’epoca imperavano sul giornale.
Diciamocelo chiaramente: non c’è autore comico che non veda la sua storia guadagnare decine di migliaia di punti per il solo fatto che la sua storia sia disegnata da questa grandissima artista, la quale non solo riempie le storie di paperi e topi dalle espressioni accentuatissime, ma deforma allo stesso modo e forse ancora di più i personaggi “umanoidi” di contorno. E l’effetto che ne consegue è esilarante: topi con gli occhi fuori dalle orbite e coi capillari sul punto di esplodere mentre si mordono le labbra per non ridere di qualcosa (impagabili le espressioni dei personaggi di fronte al costume spazial-trash di Macchia Nera in
Topolino e il Topokolossal), paperi dai becchi giganteschi aperti sino al punto di toccare terra, sbalorditi per qualcosa che è appena capitato.
E solo a vederli si ride, ride, ride, garantito! Non è quindi un caso che la nostra Silvia formi una coppia comica perfetta con Tito Faraci, cantore assoluto della battuta assurda e spiazzante: dal loro tandem artistico sono uscite cose come le
Angus Tales e l’irriverente
Motore / Azione sulle PKNA, nonché tante fantastiche storie sul Topo, sino alle recenti spassosissime
Cronache del Regno dei due Laghi, che tanto ci sono gradite per sghignazzare senza pensieri.
Ma la sua matita ha accompagnato anche i deliri di Bruno Enna nelle
Trip’s Strip sempre su PKNA, talvolta quelli di Alessandro Sisti su Topolino, e sempre Silvia Ziche ha disegnato la prima storia pubblicata di quel Roberto Gagnor che tanto si sta facendo apprezzare da noi lettori anche con le sue trame dai tempi comici perfetti!
E, certo, tale sua abilità non viene meno quando lei stessa si mette ai testi e scrive storie piene di gag esilaranti, da assolute lacrime agli occhi, soprattutto trame di incredibile lunghezza e complessità, che sono una fucina di gag spiazzanti, fondentesi in un perfetto meccanismo ad orologeria capace di strappare una grassa risata a chiunque.
Zio Paperone e il mistero del Papero del Mistero,
Topolino e il Topokolossal,
Zio Paperone e il Grande Splash, Paperina di Rivondosa sono titoli ormai entrati nel mito e nella leggenda, dove Silvia riesce a sbeffeggiare sia il mondo Disney, sia quello “reale” tra una battuta e l’altra, sempre con diletto del lettore, il quale attende con impazienza la vignetta successiva per ridere della prossima battuta al vetriolo, scritta o meramente disegnata che sia (ripensate al Vittorio Sgarbi paperesco del
Papero del Mistero, e… sghignazzate liberamente! Se vi verrà da rantolare sul pavimento, non vi tratterrò di certo io!).
Silvia dunque grandissima artista comica, indiscutibile maestra del genere sia in versione completa, sia come mera disegnatrice, ma prigioniera del suo ruolo?
Beh, non posso fare a meno di rilevare come ormai il solo leggere il nome di Silvia Ziche significhi in automatico storia spassosa e ricca di gag. Ma fortemente errerebbe chi ritenesse per avventura che Ziche non sappia fare altro che storie comiche. Se vi ricordate bene, l’artista non disdegnò di dare vita a qualche episodio (anno 1995) di
C’era una volta in America, di pezziniana memoria, e nessuno di noi ebbe da ridire. Certo, era una Ziche poco più che esordiente, che si confrontava con un mostro sacro come Massimo De Vita. Confronto improponibile, ma dal quale Silvia non uscì certo schiacciata. Anzi, il cambio di disegnatore non disturbò affatto noi lettori, che ne traemmo due conseguenze logiche fondamentali.
La prima era che avevamo trovato un talento assoluto della matita sulle pagine di Topolino, sperando in una lunga collaborazione dell’artista con la testata.
La seconda era (e l’avremmo compreso solo più in là col tempo) che il tratto di Silvia Ziche può adattarsi anche alle storie più “serie” in senso lato, laddove solo l’artista decida di trattenersi nell’accentuare le espressioni dei personaggi, nonché nella deformazione stilistica di questi ultimi.
Ma una Silvia Ziche limitata nel tratto, seppur a vantaggio di una poliedricità maggiore dell’artista (deputata quindi a disegnare anche storie non strettamente comiche), è davvero ciò che noi lettori vorremmo da lei?
Ai posteri l’ardua sentenza, direbbe un tale Manzoni!
PS: Hmm… Manzoni… Chi era costui?