È il mio primo post qui, e spero di non infrangere nessuna regola, aggiornando questo post che vedo un po' "vecchio". Ma, be', era da tanto tempo che volevo scriverlo, anzi si può dire che quasi mi sia iscritto solo per questo (no, in realtà mi piace tutto il forum!). Se fosse così, mi scuso, ma, insomma, dovevo. Siate indulgenti con un povero nostalgico.
Ho tipo otto anni, sono a casa di mia nonna. È inverno (febbraio, forse?), ed io mi sono beccato un'influenza brutta, ma brutta davvero. Talmente brutta che quando a mia madre chiedo a quanto ho la febbre, lei mi risponde "Alta", e va a nascondere il termometro mandando indietro a fatica le lacrime. Per lei, che ha sempre avuto lo spirito drammatico, sono già condannato.
Non che a me interessi molto, comunque, visto che sono da un'altra parte; e non c'entra niente il mezzo delirio in cui le temperature equatoriali del mio corpo mi hanno gettato. No: il fatto è che è mercoledì. Il che per me significa una sola cosa: giorno di Topolino, che da tipo quattro anni è per me diventato più che un appuntamento. Direi un rito, inteso nel suo senso religioso. A cui certo non può sottrarmi qualche linea (di troppo) di febbre.
Si avvicina la notte; mia nonna, che in quanto ad ottimismo non va seconda a nessuno, e per di più fa di cognome Scarpetta, mi sembra che già mormori "Ha da passà 'a nuttata". Ed io continuo a leggere: ho trovato una storia bellissima, col mio personaggio preferito, Topolino (solo con i primi schiaffoni della vita avrei imparato ad apprezzare Paperino), che interpreta un cowboy, e c'è il commissario Basettoni che deve gettare i binari di una ferrovia, e Gambadilegno che gli mette i bastoni tra le ruote dall'interno, e ci sono gli indiani, per cui io ho sempre fatto il tifo, che sono buoni, e Topolino va a salvare un tipo che è stato rapito, e poi riparte per cercare Minnie, perché ci sono altre storie della stessa serie, e... e poi mi tolgono il Topolino, maledette, dicendomi che devo dormire, e per sovrappiù decidono di ricorrere a qualche rimedio della tradizione popolare, ed affettano una patata e con una pezzuola mi fissano le fette alla fronte. Così, il giorno dopo, starò meglio, pare (ho scelto Medicina, forse, solo per dimostrare che erano in torto marcio). Mi addormento sognando le grandi praterie e le mandrie di bufali.
Sono studente universitario, il che significa che quella febbre non mi ha ucciso; sono anche uno scrittore per diletto, il che significa che quella storia mi ha segnato (ed anche le altre). Devo riconoscenza alla Disney, e per questo ho ricominciato a comprarne le "robe", appena iscritto all'università. Per questo, e per non impazzire tra un'angina pectoris ed un rene a ferro di cavallo.
Esattamente quindici anni dopo quella brutta influenza, metto le mani su un Disney big. E dentro, ritrovo quella storia: si intitola Topolino ed il cavallo di ferro, bella esattamente come me la ricordavo. Guardo gli autori, ma solo per conferma. I vecchi amici uno li riconosce a vista.
Mia nonna, a distanza di anni, e nonostante le molte prove contrarie che le ho prodotto, continua a sostenere che sono state quelle patate, che avrei preferito se avesse fatto fritte, a salvarmi la vita. Io ho un'altra idea: secondo me, è stato Giorgio Pezzin.