Ripropongo la mia interpretazione politico-filosofica della storia ciminiana "Zio Paperone e i calcoli irregolari" in TL 2793.
La storia di Cimino esprime una filosofia di fondo molto più trasparente rispetto a tante altre dello stesso autore (in fondo, le sue sceneggiature possono essere considerate variazioni su un unico tema). Si può dire che questa volta l'ultraottantenne sceneggiatore sia uscito davvero allo scoperto.
Il popolo "verde" rappresenta la realizzazione della forma economica socialista così come vagheggiata da Marx in "Per la critica del programma di Gotha" (1875), uno dei pochissimi luoghi in cui il pensatore di Treviri descrive - sia pure molto prudentemente - le caratteristiche del socialismo definitivo - ovvero del socialismo successivo alla fase transitoria della "dittatura" del proletariato -, nel quale per la prima volta nella storia lo scontro tra le classi e la dialettica materialistica cesseranno di esistere. In una società senza classi, senza stato, senza alcun potere politico, senza mercato, in cui anche la moneta è abolita (una società che dovrà per necessità superare dialetticamente e contemporaneamente inglobare la forma economica precedente, ovvero quella borghese-capitalistica), la distribuzione delle risorse avverrà indipendentemente dalla capacità di produzione di ciascuno, secondo la formula (divenuta celebre) "ognuno secondo la sua capacità, ad ognuno secondo i propri bisogni".
Sicché è inutile, a differenza di ciò che pensa Paperone, calcolare esattamente quel che si produce per ricevere il "giusto" (pag. 160 e 161), giacché secondo la teoria marxiana dell'equivalenza lavoro-valore questa concezione del "giusto" (quella corrispondente all'ottica paperoniana) nasconde il furto del lavoro altrui attraverso la produzione di plusvalore, essendo il lavoro una merce che, a differenza di tutte le altre, consente di produrre valore aggiuntivo (cfr. "Il capitale", 1867-1885, cap. 2 e passim; "Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica", 1859). Paperone dunque non può ottenere l'equivalente del lavoro erogato sotto forma di valore-merce, come lui evidentemente si attenderebbe in base alle leggi capitalistiche dello scambio (non importa che tale scambio sia mediato o meno dal denaro), perché ciò gli consentirebbe di rubare, di alienare il lavoro altrui. In una società socialista, il "giusto" corrisponde a ciò di cui ciascuno ha bisogno, a prescindere dalla sua capacità di erogare lavoro e di produrre merci, come allo zione viene spiegato dal gran saggio (pag. 162).
A differenza della visione di Marx, secondo cui la forma economica socialista non ha affatto carattere utopistico, bensì scientifico, e avrebbe dovuto (sulla base di leggi economiche deterministiche) affermarsi ovunque (a livello globale, planetario), e non in un solo paese, Cimino raffigura il socialismo proprio come un'utopia, possibile solo in un'enclave celata al resto del mondo, e anzi addirittura giustificata dalla necessità di sopravvivere in un ambiente ostile (concetto ripetuto due volte, dal gran saggio a pag. 159 e da Paperino a pag. 162). Gli abitanti di Calcolonia praticano anzi scambi economici con pastori che vivono al di fuori del loro sistema (pag. 159 e 160), cosa impensabile secondo Marx, perché appunto l'affermazione dell'economia socialista non prevede la sopravvivenza delle precedenti forme economiche.
Consapevolmente o no, Cimino evidenzia anche le inevitabili, intrinseche, connotazioni totalitarie della società socialista che, a differenza da quanto affermato da Marx, non può sopravvivere se non rendendo obbligatorio per tutti il lavoro, e istituendo un'autorità (in questo caso, le "autorità monetarie": pag. 162, vign. 4) che stabilisce in maniera autocratica, e con criteri inevitabilmente arbitrari, quali siano i bisogni di ciascun cittadino (secondo la famosa formula della "dittatura sui bisogni" coniata da Agnes Heller e ripresa da una lunga tradizione di critica al socialismo marxiano da parte del pensiero liberale). Né manca la rappresentazione della repressione di qualunque forma di critica e di ribellione al sistema (attuata non attraverso la fucilazione o i gulag, bensì l'annusare obbligatorio da parte di Paperone di caciotte "non mitigate", pag. 163); repressione senza la quale, come hanno dimostrato numerosi pensatori liberali e come la storia stessa del comunismo realizzato nelle più diverse parti del mondo ha mostrato), tale sistema non avrebbe alcuna probabilità di reggere.