Vorrei provare per una volta a parlare di Fanton seriamente, per quanto tale accostamento di termini possa sembrare contraddittorio.
La sue storie per certi versi sono molto realistiche.
Per farvi capire cosa intendo, prendiamo come la struttura classica di un racconto (molto distante dall'autore succitato). Essa è tipicamente divisa in fasi:
- situazione di quiete
- presentazione di un problema
- svolgimento: sequenza di varie peripezie durante le quali si cerca di porre rimedio al problema
- fine: vittoria (o sconfitta) dell'eroe e ritorno allo stato iniziale.
Tuttavia nella vita raramente accade così. Spesso infatti, prima di risolvere un problema, se ne presenta un altro, poi un altro ancora, dopo magari si risolve il secondo e alla fine se ne aggiunge un quarto.
Fanton, inserendo sottotrame non pertinenti (o poco) alla storia principale ci fa rendere conto di ciò: nella realtà infatti succede quasi sempre che mentre facciamo una cosa ce ne capita un'altra che non ha legami con la prima.
Inoltre Fanton ci fa capire che i personaggi stanno vivendo davvero ciò che fanno: non sono lì per rendere conto al lettore. Molte volte infatti avvengono fatti che non si capiscono: ciò non significa che accadano senza una spiegazione, ma che a noi non è dato conoscerla.
Talvolta si salta invece da una scena all'altra in modo repentino: durante questa ellissi è (evidentemente) successo qualcosa e ciò ci fa capire che, anche se noi non li abbiamo visti, i personaggi hanno agito. Questo ci comunica il fatto che essi vivono anche al di fuori delle vignette e, poichè non sanno (nè possono) che il lettore non li ha seguiti, non sentono il bisogno di spiegargli ciò che hanno scoperto nel frattempo.
Discorso analogo si può fare per i suoi inizi in media res. Questi ci fanno comprendere che, per avvenire, hanno avuto un antefatto, il quale quindi è da posizionarsi temporalmente prima che la storia cominciasse. Quando essa inizia non significa che prima c'era il vuoto e ora ambientazione e personaggi esistono. No; c'erano anche prima e vivevano la loro vita normalmente, cosa che continueranno a fare quando non sono inquadrati e anche al termine della vicenda. Similmente, quando compare la scritta fine non implica che ci sia una vera conclusione e che l'universo intero sparisca: i personaggi continueranno a esserci indipendentemente da ciò.
Le storie di Fanton sono insiemi di frammenti della vita dei personaggi, i quali si presentano difficili nella misura in cui essi si trovano alle prese con varie situazioni. D'altronde è impossibile che il narratore ci mostri tutto (dovrebbe partire dal big bang e arrivare ai giorni nostri, seguendo le vicissitudini di ogni singolo atomo contenuto nel cosmo) e quindi dovrà per forza operare delle scelte.
Decidendo di non narrare passaggi importanti, il lettore si rende conto che tali passaggi esistono.
Passiamo ora ad un aspetto particolare della sua produzione: le onomatopee. Ripensando a quelle degli altri autori, ho riscontrato che, utilizzando più o meno sempre le stesse (sgrunt per gli arrabbiati, sob per gli intristiti, eccetera) esse si ripetono talmente tanto da divenire automatiche. Quelle di Fanton, invece, proprio in virtù della loro originalità, sono più espressive (e divertenti) in quanto rendono meglio il fatto che una persona le pronuncia in modo spontaneo, senza averci pensato.
Non voglio convincere nessuno a farsi piacere questo autore, tuttavia mi piacerebbe che coloro che lo detestano, la prossima volta che lo incontrino, riescano a capirne lo spirito tenendo conto del punto di vista diverso contenuto in questo commento (e magari ad apprezzarlo).
Infine, approfitto di questo spazio per ringraziare Gumi, il Dominatore e Pacuvio che me l'hanno fatto conoscere