Avendo letto tutte le strisce scritte da Gottfredson, fino al 1943, direi che è tempo di tirare le somme (rinvio il commento sul disegno a quando ne avrò una visione globale).
Scrivo di seguito alcune considerazioni, evitando i temi già ampiamente dibattuti, come l'evoluzione dei personaggi, i temi forti trattati, eccetera.
Comincio col parlare della grande varietà di storie: una grande ricchezza del fumetto disney sta appunto nel non essere riconducibile a nessuno specifico genere narrativo, ma di abbracciarli tutti. Ecco che quindi dall'avventura più selvaggia si passa alla vicenda che ruota ad un animale domestico e i guai che esso porta, al poliziesco, al western, senza dimenticare la fantascienza, la commedia sentimentale e l'azione pura. Questa eredità è ben presente anche oggi, tuttavia ho notato una differenza non trascurabile: mentre adesso abbiamo un ampio parco personaggi ognuno dei quali vive spesso vicende che appartengono alle stessi 2 o 3 filoni di storie, all'epoca tutte avevano lo stesso protagonista, Topolino, il quale era appunto perfettamente in grado di essere calato in ogni tipo di vicenda.
Non si può omettere che comunque alcune partono da idee analoghe o sono figlie di schemi più o meno simili, però ciascuna presenta delle notevoli varianti che la rendono diversa e pienamente autonoma, senza ricorrere a stanchi clichè.
Un'altra osservazione, un po' a margine forse, ma che mi ha colpito, riguarda il continuo (sebbene a tasso variabile) alzamento qualitativo che copre tutto questo periodo (esclusi gli ultimi mesi di autoconclusive). Non intendo che ogni avventura sia più bella della precedente, eventualità praticamente impossibile, ma se noi dividessimo le strisce in gruppi di 2/3 anni, noteremmo infatti che ciascun gruppo sia migliore di quello appena trascorso. Ovviamente questa è la mia opinione e, per inquadrarla più nello specifico, dico che il mio periodo preferito è quello che parte da The Phantom Blot e arriva fino a The Gleam (invece, quello che ritengo più scarso è il 1931, che ha visto opere nettamente minori come la pensione di Clarabella, domatore e saltimbanco e Nip).
Ora invece passo ad un argomento che mi preme molto: i personaggi descritti in questo periodo sono, nella pratica, uomini. Non so che storie abbiano letto coloro che li definiscono animali parlanti (e, sinceramente, credo nemmeno di volerle leggere), tuttavia se qualche autore in seguito li ha caratterizzati in tal maniera, secondo me ha tradito lo spirito del fumetto disney.
Passiamo dunque ad un'altra questione. Allora, ogni lettore può non gradire o meno la continuity, tuttavia non si può negare che essa ci sia. Detto ciò non è una continuity rigida che impedisce la creazione di nuove idee narrative, ma un filo conduttore che lega i personaggi e le loro relazioni in un determinato contesto e che cita le avventure precedenti solo qualora sia necessario. Inoltre sottolineo che la narrazione è sempre ambientata al presente senza che per i nostri il tempo trascorra sensibilmente, quindi per favore basta con questa storia delle date precise o che ci si debba fermare agli anni '50. Tuttavia, è bene un minimo tener conto del passato e non raccontare storie in palese o eccessivo contrasto con esso.
Inoltre, mi preme sottolineare come sia stata tratteggiata la città di Topolinia. Essa era un luogo vicino alla realtà e con i suoi problemi sociali, ben diverso dal posto idilliaco descritto da Faraci. Infatti, nelle storie che meglio l'hanno descritta (Topolino giornalista e Topolino e la lampada di Aladino) vi troviamo corruzione, quartieri poveri e cinismo. Le istituzioni della città vengono ampiamente prese di mira anche in Topolino e la leonessa, sebbene con un tono più leggero; ma anche altrove troviamo di tanto in tanto spunti di satira. Inoltre - vedi Topolino e il mistero di Macchia Nera - vi si aggirano criminali pericolosissimi. Non è sicuramente ai livelli di Anderville, tuttavia nemmeno un'utopia dove tutto è facile come molti la trattano.
Comunque Topolinia non era solo questo - ma era anche questo e sarebbe bene ricordarselo. A me ha dato l'idea di una città variegata, in cui c'era un po' di tutto: dai quartieri alti, alla stazione, al porto, a disparate attività economiche. (E con uno sproposito di accalappiacani).
Ultima considerazione: l'umorismo. Non si può dire che i fumetti di Gottfredson siano umoristici, se non accettando l'estrema limitazione che tale proposizione sottende. Malgrado l'umorismo sia infatti sempre presente, in talune vicende questo ricopre una parte accessoria, se non marginale. Il fumetto disney quindi non appartiene a nessun genere narrativo (e qui si ritorna al punto iniziale) ma può di volta in volta, assumerne uno specifico, fra cui c'è certamente anche (ma non solo) quello prettamente comico.