Secondo me si tende a "geograficizzare" troppo. Cioè, beninteso che Paperone e Topolino hanno origini in paesi ben definiti e vivono in America (storie come l'intera saga non avrebbero senso altrimenti), tuttavia è, secondo me, altrettanto lecito pensare a un'altra America, diversa, unica, particolare; un'America dove qualche papero vive in case e non in stagni, qualche topo fa il detective e non il roditore, qualche cane abbaia, e si chiama Pluto, qualche altro parla, e si chiama Pippo e così via. In questa America, un'America che conoscono e immaginanno per lo più bambini e ragazzini, la coerenza degli accenti e delle parlate cade in secondo piano.
Ricordo benissimo che scoprii tardi, tardissimo che i Paperi vivevano in America. Fu con la storia di Pezzin e Gatto (mi pare), sulla rinascita di Pompei. Paperone esclama adirato: "Andrò in Italia, dove tutto è arte e monumenti", o qualcosa del genere. Non so se pensassi che dovevano già trovarsi in Italia perchè parlavano italiano, o se mi stupii semplicemente del fatto che nel mondo Disney ci fossero le nazioni di quello reale, fatto sta che il "mio" Paperone accumulava dollari anche se non si trovava nell'America di Clinton, ma nella "mia" America. E non c'era proprio nulla di sbagliato o incoerentein quella idea di bambino. Funzionava alla perfezione!
Non so se sono riuscito a spiegarmi...
Diverso il discorso delle traduzioni "vecchio stampo" per storie a vecchio stampo. Lì sono d'accordo, se non altro per ragioni di coerenza col disegno e le tematiche di una storia. Si vede subito che non è Soffritti o Sciarrone che disegna il Topolino anni '30 o '50. E' più antico, quindi ci sta che dica "debbo" anziché "devo", "accomodare" anziché aggiustare, e così via. Anzi, è più spiazzante se non lo fa! E quante parole belle, strane che si possono imparare così!