Nel 1969 Elisa Penna, Guido Martina e G.B. Carpi idearono per Donald Duck una versione vendicatrice e poi supereroistica: Paperinik (prima noir, poi comico, infine avventuroso e fantascientifico in PK), per riscattare un personaggio che, sebbene molto amato (e forse proprio per questo), era fonte di preoccupazione, dispiacere e rabbia da parte dei lettori nel vederlo vittima quasi indifesa, vaso di coccio fra diversi vasi di ferro (Paperon de' Paperoni, Gastone, Paperina, Qui, Quo, Qua, creditori vari).
Nel 2008 Fausto Vitaliano, Marco Bosco e Andrea Freccero idearono una versione spionistica del papero marinaretto: DoubleDuck, nelle cui storie articolate e mondane, fra le città e i posti più belli ed esclusivi del mondo, il nostro Donald si muove con timidezza, circospezione (all'inizio) e poi con naturalezza e disinvoltura.
Mai come negli ultimi anni, con DD sovrapposto a PK, Paperino è stato uno e trino (quadrino, se consideriamo il suo primo alter ego, l'Agente della PIA QuQu 7, meno carismatico e segreto degli altri due).
Mi chiedo se questa proliferazione di diverse e alternative immagini di Donald siano per lui una dimostrazione di forza (apparentemente sembra essere così, sicuramente di poliedricità e trasformismo) o, al contrario, di debolezza: Paperino, di per sè, sembrerebbe non avere il carisma di suo zio Paperone, che non ha bisogno di alter ego, basta e avanza da solo, o di Topolino, nonostante le limitate capacità (almeno a livello quantitativo) che sembrano caratterizzarlo da diversi decenni a questa parte (resta comunque l'icona per eccellenza e ufficiale dell'immenso impero disneyano).