Decisamente esagerato, e forse un po' rigido nel guardare a Topolino (evidentemente a lui piace il "perfettino" che qui tanto si detesta...).
Non dimenticare che si tratta di un lettore che proviene da una delle tradizioni piu' "povere" del mondo in fatto di fumetti Disney: un mondo dove il grande Topolino gottfredsoniano e' stato ignorato per decenni e sui paperi si andava avanti a ristampe di Barks e storielle infime (tanto che il nostro si trova costretto a recensire anche roba
cosi'). Piu' che di una preferenza per il "perfettino", credo che il suo sia un caso di pura ignoranza (cui sta cercando di rimediare come puo').
Un utile esercizio mentale che va consigliato a chi cerca di capire i commenti di lettori come questo e' ricordarsi di un certo "barbaro non privo di ingegno". Voltaire non era certo un incompente, ma era vittima della propria educazione; e suppongo Stendhal avesse ragione quando osservava che a molti francesi suoi contemporanei una tragedia che non rispettasse le unita' di tempo e luogo risultava insopportabile al punto da essere fisicamente dolorosa (per contro, a me, che ho conosciuto prima Shakespeare, il teatro francese classico provoca una reazione di claustrofobia). Mi sembra che qui siamo di fronte ad un fenomeno dello stesso tipo.
Il gusto e' cosa che si forma con gli anni: e' un'ovvieta' che non andrebbe mai dimenticata quando ci vogliamo confrontare con un'altra tradizione (come si sta cercando di fare nella presente discussione).
Inoltre trovo abbastanza fastidioso il suo uso di linguaggio volgare, che (ammetto) neppure riesco a capire a volte che significato abbia.
Un po' e' il suo stile (paragonalo, se vuoi, al nostro forumista Andrea87 e al suo linguaggio "pittoresco"), ma probabilmente ad un parlante statunitense questo genere di turpiloquio risulta assai meno volgare e fastidioso che a noi. Ricordo che la prima volta che mi capito' di leggere fumetti Disney in inglese (in particolare Gottfredson) ero rimasto quasi scandalizzato dal numero di "parolacce" che vi trovavo.
Nella frase che citi, interpreterei "motherfucking" come ammirativo (come da noi un tempo si diceva "diavolo di un uomo" per indicare ammirazione e non per denigrare); conclude "cosa non darei per leggere QUELLA roba..." che mi sembra abbastanza inequivocabile.
Dare a uno del mother fucker non è andarci leggero.
Se vogliamo prendere le parole per il loro significato letterale, dargli del diavolo e' molto piu' pesante. Ma "diavolo d'un uomo!" non e' un insulto.
Mi sembra di capire che i nordici preferiscano un Topolino perfettino, eroe senza macchia, e del tutto privo di guizzi di avidità e ambizione.
Anche Paperino, che all'estero, nella maggior parte dei casi, è un idiota senza speranza,
Entrambe le affermazioni sono in netto contrasto con la mia esperienza di lettore di storie egmontiane.
Se il tuo commento su Topolino si basa soltanto su un'estrapolazione dalla recensione segnalata all' "Imperatore della Calidornia", ti ricordo che questa non viene da un "nordico", ma da uno statunitense: cioe' un lettore che conosce solo frammenti sia della produzione italiana che di quella egmontiana.
Il Topolino della Egmont (quello recente, in calzoncini corti) mi risulta insopportabile, ma non lo definirei esattamente un "perfettino" (almeno non nel senso in cui abbiamo piu' volte criticato il Topolino "perfettino" italiano). Ed e' un Topolino pieno di guizzi, come puo' averli un ragazzino: una delle cose che piu' mi infastidiscono e' che lo mostrino cosi' immaturo. (Poi non hanno capito nulla di Pippo e il piu' delle volte, imho, non sanno mettere accanto a Topolino nessun comprimario decente, altri motivi per cui trovo quelle storie sgradevoli.)
Il Paperino egmontiano in genere si mostra ricco di iniziativa e spesso anche abbastanza capace: se richiesto, posso fornirne vari esempi. Ho l'impressione che la sua caratterizzazione risulti spesso appiattita dal linguaggio banale usato nelle traduzioni (quando lo leggevo in tedesco, storie e personaggi risultavano assai piu' interessanti).
cioè posso capire Atomino non ha senso, ma perchè cambiare anche "bip bip"?
E poi perchè parla con la D in luogo di TH (DIS invece di THIS per esempio)?
E perche' nel cognome de' Paperoni non c'e' lo scozzese Mc? Perche' Pippo e Gambadilegno parlano in un italiano correttissimo? Perche' un illetterato come Paperino all'occasione si trova a citare Dante? Ogni paese ha le sue convenzioni su come parlano (e si comportano) i personaggi. Cosa che da' i suoi problemi ai traduttori (per le convenzioni statunitensi e come i traduttori reagiscano, vi rimando ad esempio agli interventi di Joe Torcivia sul Duck Comics Revue - quelli segnalati sopra da tang laoya e altri).
e tra i commenti nessuno che gli chiarisce il dubbio del Calisota/Calidornia
Per farlo bisognerebbe avere un'idea di come si sia evoluta la cosa in Italia; ma la gran parte dei commentatori ha scoperto queste storie l'altro ieri e non ha la piu' pallida idea di quale sia stato il percorso storico della produzione nostrana. Leggono storie scritte a decenni di distanza come se fossero state prodotte tutte nello stesso periodo.
Mi sembra valga la pena di farlo notare perche' non e' da escludere che noi commettiamo errori simili nel valutare le storie straniere: le leggiamo quando sono pubblicate su Topolino, ma questo non ci da' idea di come gli autori siano giunti a sviluppare le convenzioni che usano.
Il motivo è da ricercare nel fatto che la Scuola (S maiuscola!) italiana ha fatto del fumetto Disney un'arte, mentre la Egmont ne ha fatto un'industria.
Non escludo che ci sia del vero in quanto dici, ma un'affermazione del genere e' decisamente eccessiva. Anche perche' mi chiedo quanto tu conosca cio' di cui parli. In gran parte della produzione egmontiana che ho letto non notavo questi paletti e vedevo assai meno restrizioni che non nelle storie italiane del peggior periodo Muci. Per giudicare bene in materia, bisognerebbe avere un’idea dell’evoluzione storica del fumetto Disney-Egmont: sarei abbastanza sicuro che anche da loro le cose siano mutate negli anni.
Per concludere, e riprendendo quanto scrivevo sopra a proposito del gusto:
a mio giudizio, un bravo traduttore delle storie egmontiane in italiano non dovrebbe limitarsi a volgere in italiano il testo che ha di fronte, rispettando il significato delle parole nelle due lingue (e, ripetendomi, qui aggiungo con rammarico di aver avuto piu' volte l'impressione che nemmeno questi requisiti minimi siano rispettati). Un buon traduttore deve essere sufficientemente versato nelle diverse culture disneyane da saper modificare i testi all'occorrenza (come osserva in varie occasioni Joe Torcivia): se in Italia autori come Martina e Cimino ci hanno abituato ad un linguaggio piu' aulico, non si puo' lasciare ad un livello elementare il testo che viene dato in inglese elementare (e che magari e' tale semplicemente per facilitare la diffusione sul mercato internazionale). Una traduzione letteralmente infedele puo' risultare piu' rispettosa dello spirito dell'originale. E, soprattutto, mi sembra fondamentale il conoscere la cultura disneyana del paese cui e' rivolta la traduzione, ed adeguarvisi: ad un certo punto, mi fiderei di piu' di un grande autore nostrano che si inventi da zero i dialoghi per le vignette straniere che ha davanti piuttosto di uno con un'ottima conoscenza della lingua straniera, ma che mastica poco di fumetto Disney.