Bel topic, bravi tutti!
Visto che il Dominatore mi invoca, do il mio contributo. Dovrei limitarmi a leggere, visto che di Disney italico vecchio e nuovo sono capra ignorantissima. Ma magari proprio quale capra posso apportare qualcosa. Vediamo.
Prima di tutto, mettiamola in questi termini: potete fare finta che io sia un lettore
americano. Qualche anno fa, tipo a ventisette anni credo, volendo provare ad avvicinarmi seriamente al fumetto umoristico, decisi di riprendere Gottfredson, il primo amore della mia vita di lettore. Non leggevo fumetto Disney dall'infanzia, fatta eccezione per tentativi infruttuosi di riprendere Scarpa o di iniziare Barks fatti intorno ai diciannove anni credo. Negli ultimi anni mi sono abbuffato di Gott, poi di Rosa, poi di Barks (e sono contento del fatto di non aver ancora letto tutto di questi miei tre miti!). Da meno di un anno ho iniziato a recuperare un po' di materiale italiano, per farmi un'idea (è il motivo per cui mi dovete sopportare adesso in questi lidi,
mi servite ). Non che non mi fosse capitato per le mani in passato un Casty o un Faraci, sia chiaro, ma solo adesso li sto leggendo con una certa attenzione.
Ora, forse generalizzerò un po' troppo quella che è un'esperienza personale, ma voglio sbilanciarmi: vi assicuro che un lettore abituato ai maestri americani prova un forte senso di
spaesamento con gli autori italiani (anche se da piccolo leggeva il topo con le storie di Panaro e Cimino).
Il fumetto Disney italiano è una cosa
quasi completamente differente da quello dei fondatori ed epigoni americani.
Mi ritrovo pienamente in quello che dice il Dominatore a inizio topic. Ma secondo me si è un po'
fuori pista quando si parla di cose tipo livelli di emotività o cinismo di questo o quel personaggio, di questo o quell'autore, o di quanto uno sia duro o dolce.
La mia chiave di lettura è invece la
messa in scena (come sapete detta in ambito fumettistico assai impropriamente
sceneggiatura, prendendo in prestito un termine dal teatro e dal cinema, ma in malo modo, visto che lo sceneggiatore di fumetti fa anche e soprattutto la
regia della storia).
Tutto il resto, trama, tematiche, doppie letture, persino il disegno, tutto viene
dopo (pur essendo importante, ovvio). La messa in scena è la sintassi del
linguaggio fumetto. Quando narri il grosso sta nel
modo in cui lo narri.
Ora, da questo punto qualsiasi autore Disney italiano che io abbia letto è lontano
anni luce dagli americani, Barks in particolare modo. È inutile stare a sottolineare che Rosa fa lo strappalacrime mentre Barks e gli italiani no: Rosa resterà sempre più prossimo in termini di strutturazione della narrazione a Barks di qualsiasi italiano. E si noti che prendo ad esempio Rosa, che con il suo umorismo di derivazione underground stile Mad Magazine è il
meno barksiano degli americani/nordeurpei.
Gli italiani hanno una coerenza narrativa tutta loro, e ciascuno la sua.
Cimino per esempio ha una messa in scena solida, ma la sua narrazione è lenta e un po' didascalica.
Casty ha un ritmo discreto ma la sua narrazione è assai (troppo per me) didascalica.
Martina pare non avere alcun controllo del mezzo fumetto, specie agli inizi, si muove come un cane sciolto: a volte si dilunga troppo, a volte vorresti si fermasse un secondo e invece tira via (vi giuro, Martina per uno che viene dalla lettura di Barks e simili è uno
shock...).
Scarpa inizia la carriera alla Walsh (vedi Tapioco), ma sviluppa velocemente uno stile personale abbastanza simpatico, un po' infantile in certi passaggi (parlo sempre di messa in scena, di composizione della tavola), ma sicuramente più accattivante dei contemporanei.
Anche se mi riservo di leggere un po' di Chendi nei prossimi anni; da quelle due o tre storie sue che conosco lui mi pare potenzialmente il "meno italiano" della vecchia guardia di italiani.
In generale quello che mi colpisce degli italiani è la poca verve nella regia: mai a piazzare lì qualche guizzo nella messa in scena, nel passaggio da una vignetta all'altra, o nella composizione della tavola. Uno non si aspetta chissà che, sia chiaro, è fumetto mainstream con i suoi paradigmi specifici.
Fanno eccezione Artibani, col suo stile mutuato dall'animazione, e Faraci, l'unico ad avere un controllo del mezzo fumetto a livelli rilevantissimi, piaccia o meno quel che fa (per quanto mi riguarda era il mio preferito a dieci anni, e lo è ora che ho ripreso a leggerlo).
Una cosetta en passant. State a festeggiare i venti anni di PK. Vi siete resi conti che PK fotografa il momento in cui, complice qualche caporedattore più avveduto della media o forse tempi propizi, la giovane generazione di sceneggiatori e disegnatori forza la mano e inizia a iniettare nel fumetto Disney roba tipo Moore, Miller, Moebius, e tanti altri?
Comunque le ragioni di questo stato di cose non le conosco. Forse semplicemente il fumetto Disney nostrano ha le sue radici (di messa in scena) nel fumetto italiano pre-guerra, tutto qui.
Vabbe', magari possiamo fare qualche esempio concreto. Ma preferisco non intervenire troppo in questo topic. Meglio leggere voi che ne sapete di più di questi maledetti italiani.