Provo a rispondere, se ti fidi.
Anzitutto, momento di raccoglimento, occhi al cielo e ossequiamo tutti
Miseria e nobiltà. Lì Topolino fa ridere in una maniera che non è la solita, perché si insinua in un personaggio che era stato di Totò. Per me è un esperimento
ottimo (è una storia che ho letto e riletto), e rappresenta una deviazione salutare da "Topolino divertente=Topolino regazzino ammeregano". Monkey, se non la conosci te la consiglio, sono sicuro che ti piacerà.
Poi, sul prima (...). Ho detto più volte (ma forse prima del tuo arrivo) che se Topolino divertente italico vogliamo, il nome è
Barosso. Topolino tecnico tenace, Topolino e i guai dei buongustai, l'Alano dal potere strano che citava l'Avvocato, tutte storie esclusivamente comiche, in cui a Topolino cascano armadi addosso, prende la scossa, si schianta con la macchina e fa ridere come il peggior (in senso buono) Ollio. E Ollio non era perfettino. Anzi, Ollio voleva esserlo, mentre Topolino qui vorrebbe solo "restar vivo" (cit. Scarpa).
Pure qui è un Topolino diverso dal canone del Topolino divertente. Principalmente perché non ha iniziativa personale (fatto che mi riempie di meraviglia, viene giù il mondo ma non è sostanzialmente colpa di nessuno), non ha quell'allegria attiva fischiettante; e ciononostante fa ridere.
Assente qualunque introspezione di sorta, con buona pace dei più.
Pezzin. Pezzin ha avuto più fasi, diciamo due principali: una (tardi '60-'80) dannatamente comica e inventiva, servito perlopiù da Cavazzano e De Vita (jr), che per quanto riguarda Topolino sostanzialmente lo invischiava in situazioni avventurose e/o gialle (però spesso con un bel respiro anche spaziale) in cui la soluzione del nodo narrativo veniva un po' da sé (quindi poca enfasi sulle capacità del Nostro, al netto di alcune storie che non a caso sono dei gialli notevoli -
Topolino e il misterioso Organizzatore) e il resto era comicità, arditezze graficamente improbabili, botte e spari. E una seconda ('90-2000) in cui i ritmi cambiano, si fanno meno trascinanti, forse un po' mainstream (ma è sempre Pezzin), però la scrittura appare curatissima, più di prima anche. Ed è così che un episodio de "La storia vista da Topolino" si conclude con i testoni del Topo e di Minni innanzi al tramonto (impensabile vent'anni prima), e Le cronache della Galassia mette in campo rapporti fra i personaggi decisamente particolari. E lo stesso nei gialli: si fanno più densi, anche più realistici (v. F.o.l.p.o., e Fantomat per Paperinik). Insomma non è più il Pezzin principalmente divertente; e certo la trama dell'episodio cretese della Storia vista da Topolino non regge il confronto con quelle dei vecchi tempi.
Non parlerei quindi di una deperfettinizzazione particolarmente impegnata da parte di Pezzin. Verrebbe da dire che non si è mai posto il problema.
Sisti... storie con Topolino ne ha scritte, ma non direi che abbia lavorato sul personaggio. Pinacotreno,
Ferroviere d'assalto... ha preso il personaggio che ha trovato (quindi all'apice della perfettinità, anni Ottanta, quando già i Bross non scrivevano più) e l'ha portato avanti. Preciso che sui suoi anni Novanta ho un po' un buco, quindi potrei essere troppo severo nel giudizio.
Questo, più o meno, è il quadro, direi. Chendi ci ha lavorato pochino. De Vita l'ha portato avanti bene, per il pochissimo che ha scritto (ma il cugino di Alf è sempre Pippo). Sarda l'ha messo al seguito di Indiana e, dopo alcuni tentativi felici, ha scritto molte volte la stessa sinfonia (poi parlatemi di Bruckner). Ricordo en passant il Topolino spagnolo di Scarpa, in calzoncini corti fra scioperi e salmoni. L'ho letto una sola volta, ma lo approfondirei volentieri; mi aveva fatto un'impressione un po' straniata.
Concina aveva preso un piglio eccezionale, ma poi secondo me si è un po' rotta la magia: è una figura enigmatica e anche triste, quella del buon Bruno, che ha avuto dei momenti di altissimo livello.
Salvagnini ne ha fatto il rassegnato ascoltatore dei Mercoledì di Pippo, e devo dire che gli è venuto benissimo il tutto.
Per il resto, quel protagonismo che il Topo aveva in Martina e Missaglia (che nel Martina '50 annegava senza appello nelle capacità magiche e ultracomiche di Pippo - poi spesso stemperate - e nel Missaglia più riuscito si faceva non raramente sorvolare dalla materia prima avventurosa), ha forgiato più che mai l'immagine del personaggio nel momento in cui tutto quello che faceva da contraltare, ostacolo, movimento è sparito. E sono rimasti la chiamata di Basettoni, il caso, i gioielli, Pippo che non capisce quello che gli dicono, e la soluzione per grazia ricevuta. E contro questo Tito Faraci si è scagliato più volte, anche nelle interviste, con una forza liberatoria.
(P.S. Senza pindarismi, ti dirò che "Oro" non mi era poi piaciuta più di tutte le altre Arena/Artibani e anche delle altre che hai citato.
)