Martina lo fece, qualche anno piu' tardi. E ne risulto', imho, una delle caratterizzazioni piu' antipatiche di Topolino. Topolino riceve i superpoteri soltanto perche' deve affrontare due criminali da strapazzo, con nulla che li renda piu' temibili di quelli che sconfigge coi mezzi ordinari.
Dare un vantaggio a chi gia' vince sempre e' un'efficiente ricetta per rendere sgradevole un personaggio.
Detto questo, non sono affatto sicuro che il Topolino martiniano sia in genere cosi' antipatico. Di solito, nel peggiore dei casi mi lascia neutro e non ho problemi a simpatizzare per lui (e forse persino, in qualche misura, empatizzare con lui) quando affronta i criminali.
Anche nel rapporto con Pippo: e' vero che il Pippo di Martina risulta molto piu' interessante del suo Topolino, ma Pippo non e' uno di noi, mentre e' Topolino a fornire il punto di vista del normale essere umano con cui il lettore si puo' identificare e che permette di apprezzare in pieno, per contrasto, la singolarita' pippesca.
Se devo pensare a storie in cui Topolino mi risulta antipatico, mi viene subito in mente questo esempio. Il ricordo che la storia in questione mi ha lasciato e' che si voglia forzare il lettore ad ammirare Topolino, con un trattamento del tutto incudinoso [traduzione mia: se avete un termine italiano piu' adatto, saro' felice di apprenderlo].
Puo' stupire che il mio esempio venga da Scarpa, certamente uno dei piu' grandi nell'usare Topolino. Ma Scarpa e' un autore molto "ideologico", nel senso che spesso commette l'errore di insistere troppo apertamente su qualche "morale" della storia; ed il farci ammirare Topolino e' una di questa "morali": cosa che puo' portare l'autore, per dire, a far fare la figura del fesso a chi fesso non e'. (Che Topolino sia piu' in gamba di Gancio, ci sta; e che Topolino aiuti l'amico in difficolta' anche, ci mancherebbe; ma l'imbarazzo di Gancio il Dritto in quella storia mi e' sempre sembrato poco credibile per uno cosi' capace: si ricordi che Topolino e' plausibile come uomo comune che riesce a cavarsela se coinvolto in situazioni difficili, mentre Gancio e' un avventuriero piu' o meno di professione, che affronta imbroglioni e criminali con la massima disinvoltura).
Similmente, un altro autore che a volte riesce a rendermi Topolino antipatico per un trattamento troppo scopertamente ed artificialmente rivolto a farmi parteggiare per lui e' Casty, nelle storie in cui fa si' che quasi all'improvviso e senza una buona ragione tutti si mostrino piu' o meno ostili all'eroe (guarda caso, e' una tecnica mutuata da Scarpa, a quanto posso giudicare). Ricordo che succede in molte delle avventure con Topesio, e crederei anche in quelle con Doppioscherzo (dovrei rileggere le storie per esserne sicuro; ma sospetto sia il principale motivo per cui il ciclo di Doppioscherzo mi ha sempre lasciato freddo). Nelle storie topesiane, abbiamo spesso questa situazione in cui l'opinione di quasi tutti si rivolge contro Topolino, in un modo che trovo implausibile visto che molti sono amici o conoscenti di vecchia data, ed anche il generico topolinese della strada dovrebbe avere una base di fiducia in qualcuno col passato del nostro. Il clima generale di queste storie non e' sufficentemente buffonesco per spiegare un repentino cambio di atteggiamento come conseguenza della generale stupidita' degli umani e di conseguenza leggendo sento di trovarmi di fronte ad un artificio che vorrebbe suscitare la mia empatia per Topolino, ma che risulta troppo scoperto e grossolano per essere efficace.
Non avrei creduto che altri avessero queste stesse mie sensazioni, e non posso che sottolineare con forza.
Il ferro d'oro è una storia di cui non si sentiva assolutamente la necessità (disegni a parte; sì, è vero, non è poco; ma insomma...), e di Topesio mi sarebbero bastate l'
Anatema ridanciano e l'
Ispettore Bonton. Quanto a Doppioscherzo, invece, credo che le sue apparizioni siano in evoluzione, e anche la maniera in cui mette in ridicolo Topolino subisce un mutamento affascinante fino all'inquietantissima "Neve spazzastoria".
Dovevo una risposta anche circa gli anni Ottanta. Premesso che, ovviamente, il mio accanimento era scherzoso, vorrei spiegare brevemente la mia posizione, più che altro per capire se esistano chiavi di lettura alternative con cui cercare di apprezzare quella produzione.
Ci sono delle belle storie negli anni Ottanta, scritte ad esempio da Rodolfo Cimino, Massimo Marconi, Bruno Concina, Giorgio Pezzin, Bruno Sarda. Nell'ambito topolinese, come ha detto ML, ci sono aperture che mancavano in passato (Topomouche - carina! - macchina del tempo, etc.). Il problema è che viene a mancare il
supporto, cioè la forza del linguaggio. Confrontate
Il misterioso beneficio maleficio (ma anche
Topolino e l'allucinante "caso" dei furti impossibili) con
Il segreto del castello: l'autore è lo stesso, Bruno Concina, ma io respiro due livelli diversi, uno grintoso, ironico, umoristico, l'altro originale per l'idea e scorrevole alla lettura. Uno
porta avanti la lettura, l'altro la lascia scorrere.
Per il primo modo di scrivere si può persino non avere una vera e propria idea forte. Ha un'idea forte "Paperino e l'eco magica" (Carl Barks)? No. Ha un'idea forte "Zio Paperone e il ricupero… armato" (Rodolfo Cimino)? Non molto. Ma il
modo con cui sono portate avanti è teso e studiato dalla prima all'ultima pagina. E potrei dire lo stesso riguardo al
Tempo delle mele di Massimo Marconi (non ditemi che c'è un'idea originale di fondo).
Il pregio del secondo tipo di storie (fra le quali, a scanso di equivoci, concordo che si trovino ottimi lavori) è che l'autore si è sforzato di mettere in campo delle idee originali e avvincenti con un ottimo controllo della sceneggiatura. "Ottimo controllo" che, come detto, permette una lettura scorrevole, gradevole, ma più raramente avvincente in sé e per sé, come scrittura, ma se mai al traino delle idee di fondo. E, per fare un esempio, l'"idea di fondo" più azzeccata del decennio è probabilmente la Macchina del Tempo.
Dove voglio arrivare? Voglio arrivare a dire che, nel momento in cui (vuoi per mancanza di soggetti, vuoi per l'arrivo di tanti sceneggiatori nuovi un po' alle prime armi, vuoi per i cambi della guardia in redazione e in azienda, vuoi per il buco dell'ozono) il confine tra idea forte e idea debole sfuma, arrivano ad essere pubblicate, oltre alle belle storie, sempre più storie povere in tutto e per tutto: per rientrare in topic, gialli dalla trama blanda (
Le voci rubate cui accennavo altrove) e serviti da un linguaggio e da una sceneggiatura piana, liscia, ma priva di personalità. Oppure disfide tra Paperino e Gastone che, volendosi concentrare sul contenuto e affidandosi ad una forma collaudata e smussata, perdono ogni attrattiva, essendo incapaci (e vorrei vedere) di trovare uno spunto contenutistico originale.
Ecco, direi che la
personalità dell'autore, negli anni Ottanta, va trasferendosi dalla forma al contenuto. Transizione forse naturale, anzi apparentemente positiva, eppure secondo me foriera di molti cattivi risultati. E quindi arriviamo all'estremo di storie assolutamente prive di contenuto come
Pippo campione di k'ung-fu (Guido Martina) che però mantengono quella vitalità di scrittura originaria e nei casi migliori continuano a far ridere, ed esempi opposti come quelli citati (
L'artista vagabondo, per dire, idea ottima e giustamente celebre ma carente sul piano della forza espressiva).
Ed ecco che la pianezza, quasi il non avere più voglia di ingannare troppo astutamente il lettore, il giocare scoperto, arrivano a toccare persino Scarpa con
Il ferro d'oro, il
Mitico ticket, etc. . Ma per fortuna il Maestro tirerà fuori dal cappello Brigaboom.
E incredibilmente la forza espressiva, i dialoghi, potevano contribuire a rendere un personaggio, benché magari neutro e passivo, in fondo accettabile. Ecco perché mi annoia molto di più il Topolino di Le voci rubate, o delle storie Anni Ottanta di Giorgio Figus (che pure erano belle), o di Alessandro Sisti con Enigm e non, rispetto a quello del "Fantasma raffreddato" o - storia memorabile - della "Setta di Settembre".
Poi che il mio Topolino preferito è quello di Bill Walsh l'ho già detto.