Io proporrei di non festeggiare più il 25 aprile, che ci ricorda un passato troppo scomodo
Scusatemi se intervengo in ritardo, ma ho dovuto riflettere molto, prima di scrivere, e mi scuso anticipatamente se qualche tono mi dovesse sfuggire accorato.
Ma, vedi, pur comprendendo questa tua posizione, per noi ben oltre gli -anta è difficile accettare una cancellazione del 25 Aprile. Vedi, il 25 Aprile festeggia sì la fine di un'era, ma soprattutto io ho sempre trovato che simboleggiasse, o meglio volesse e dovesse simboleggiare, l'inzio di una nuova era, dove gli errori, gli eccidi, l'illiberalismo fascista non avrebbero più trovato luogo.
Però, lascia che ti faccia una premessa ovvia, che credo tuttavia utile: il Fascismo è una specie del genere illiberalismo. Ma l'illiberalismo in quanto genere comprende il Fascismo e non solo il fascismo.
Ecco, la speranza sempre vissuta è che, con la caduta del Fascismo perché dittatura, perché illiberale, perché liberticida, l'Italia non fosse più soggetta a cadere non solo nel Fascismo, ma anche sotto altre forme di illiberalismo, di privazione della libertà.
Perché vedete, e scusate la frase da barbogio, essere antifascisti vuol dire sì essere contro il Fascismo, ma non vuol dire necessariamente essere liberali e libertari. Si può essere antifascisti ed essere illiberali allo stesso modo, subdolamente, facendo credere che, siccome si è contro quel modello di illiberalismo che è il Fascismo, tutto ciò che è contro di lui sia simbolo di libertà. Ma non è detto che sia così, se non si vogliono vedere le cose solo ed esclusivamente attraverso le ideologie.
Passatemi un esempio. Giusto a giugno o luglio, stavo guardando un canale per anziani, TV2000, roba che probabilmente trovate solo calpestando per errore il telecomando, ma fidatevi che esiste. E fa buoni programmi informativi. Bene, in uno di questi era presente l'allora vice direttore del Corriere della Sera, il quale (siamo dopo le ultime elezioni europee, badate) aveva candidamente ammesso di avere uno scoop per le mani, ma di non averlo ancora pubblicato. Ne avete sentito forse parlare? Costui, vice direttore del Corriere, in diretta TV di fronte a quattro gatti (io, tre miei familiari e forse qualche sparuto qui e lì nella penisola) diceva di avere in mano prove certe che in Grecia, dall'intervento dell'Unione Europea, del FMI e di chi altro fosse per risolvere la crisi economica del paese, sarebbero morti, in conseguenza dei provvedimenti presi, più di settecento bambini. Però lo scoop, in sua mano, non era stato volontariamente pubblicato, e sapete perché, detto da lui esplicitamente? Non perché insicuro dei dati, dei ricalcoli, della statistica ecc ecc, ma perché ciò avrebbe influenzato le votazioni alle incombenti elezioni europee!
Fatemi capire, perché io non capisco. Il Corriere della Sera, giornale italiano di prestigio, dovrebbe campare grazie alle copie vendute. O almeno, così credo io: un giornale dovrebbe anzitutto vendere per vivere. Però, rinuncia ad uno scoop, che suppongo avrebbe fatto vendere o seguire di più nell'edizione online con ricavo pubblicitario maggiore, perché il suo vicedirettore non vuole influenzare le elezioni europee, tacendo che l'Unione Europea avrebbe determinato la morte, parole sue, di più di settecento bambini greci, cittadini europei. Ho frainteso qualcosa, laddove qualcuno avesse seguito la vicenda? Non credo.
Ecco, diciamo una cosa: io Italiano, che vengo da una storia infame fino al 1944 circa, non ho il diritto di sapere che l'Europa, strombazzata come baluardo di giustizia, di libertà, di tolleranza, di civiltà, di progresso, ecc ecc è responsabile della morte di settecento suoi innocenti cittadini, notizia certa secondo non me, ma secondo il vicedirettore del Corriere della Sera? Costui ha appena detto che, per salvaguardare un'istituzione, è stato giusto mettere sull'altare dell'ignoto il sacrificio di settecento bambini, sacrificio del quale proprio tale istituzione da salvaguardare sarebbe responsabile. E questo non è un comportamento illiberale volto a far credere che l'Europa sia un patrimonio di salvaguardia delle libertà? Una salvaguardia che costa settecento vite è davvero salvaguardia di libertà? Perché poi mi verrebbe da chiedere a questo tizio cosa avrebbe fatto se lo scoop fosse stato alla rovescia, ossia se avesse dimostrato per certo che le politiche sovraniste hanno comportato la morte di settecento bambini cittadini dell'Unione: si sarebbe fatto scrupoli a pubblicarlo per non influenzare le elezioni europee lo stesso, o avrebbe strombazzato la cosa al chiaro fine di salvare l'Europa?
Adesso ditemi: cambia qualcosa tra l'avere taciuto questo scheletro nell'armadio dell'Europa, e la propaganda fascista che faceva mettere nei cinema i filmati montati ad arte per far credere che tutto andasse bene e che lo Stato fascista fosse er mejo sulla piazza? Ditemi, perché io lo trovo assurdo, illiberale, liberticida alla stessa maniera: sto facendo credere che l'Europa sia perfetta e che non sia responsabile di nulla, quando so per certo che ha delle colpe. Ma, sapendo che l'Europa è costata la vita a settecento bambini, non lo dico per salvarla: ma perché devo salvarla a qualsiasi costo? Non dovrei io stesso giornalista del Corriere inorridire e farmi delle domande su quanto valga la pena salvare questa istituzione? Perché la voglio salvare a tutti i costi? Io non ho capito il comportamento di costui: mi posso solo augurare che abbia però preso una cantonata, e che non sia vero questo suo scoop! Ma quanta illiberalità contraria allo spirito del 25 Aprile ci trovo... Quanta! E rigiro la domanda, per far fare un esame di coscienza a tutti: voi avreste dato questa notizia, e la avreste data anche "al contrario"? Rifletteteci, e riflettete soprattutto se la vostra coscienza vi dice che sarebbe stato corretto tacere sull'Europa ma pubblicarlo se la cosa avesse colpito altri soggetti. Chiedetevi se non sarebbe stata una cosa fascista, e chiedetevi se i valori che il 25 Aprile dovrebbe rappresentare siano stati davvero capiti ed applicati nella vita di tutti i giorni. Pensateci. E pensate che, proprio in quei giorni, oggetto di studio sul Corriere della Sera fu invece il doppiaggio malriuscito di un cartone animato dal nome impronunciabile. Che magari sarà anche stato bellissimo, non discuto, non so e non lo voglio sapere. Ma che non è costato certo la vita a settecento bambini, cosa che non sto dicendo io, ma che disse in diretta TV il vicedirettore del Corriere della Sera.
Poi non lagnamoci se uno s'alza la mattina e dà del fascista al "Re Leone" così, tanto perché non aveva niente da scrivere una mattina e si è creato lo scoop della vita quando, magari, ce n'erano in giro di più interessanti, anche nel volere andare a tutti i costi a trovare tracce di Fascismo dove andrebbero davvero cercate perché da esse dipendono le vite quotidiane di tutti noi...
Ma c'è un altro esempio, estremamente significativo, di quanta secondo me illiberalità non da 25 Aprile ci sia in giro, spacciata per altro. Giusto due, forse tre settimane fa, un giovane senatore, capo di partito, ex capo del governo, scissionista da altro partito, ha tassativamente sentenziato che adesso non si va a votare perché, se si votasse ora, vincerebbe il partito opposto. Eh, che cosa antidemocratica se, con libere elezioni, vince l'avversario! In pratica è stato detto che noi Italiani siamo degli incompetenti se non votiamo in un certo modo, e che la nostra Costituzione, anziché favorire l'espressione della volontà popolare, ne impedisce l'estrinsecarsi se non si va in una certa direzione. Fascista? Fate voi. Illiberale? Secondo me sicuramente sì.
Abolire il 25 Aprile perché evoca ricordi negativi? Ma anche no, perché senza quei ricordi non capiremmo cose presenti, anche se, secondo me, si nasconde quanto siano contrarie al vero spirito del 25 Aprile, benché si voglia fare di questa data un mero invito all'antifascismo, anche se l'antifascismo propugnato si traduce in quegli stessi principi illiberali che si vorrebbero combattere. Scusate la lungaggine da vecchio barbogio incartapecorito: in fondo è quel che sono.
Però spero di aver fatto riflettere, pure nel tema certo più leggero delle censure a fumetti.
Poiché sono anche in arretrato con le letture Disney, però, mi scuso per avere guardato solo di recente "Topolino" 3326, e di avere notato soltanto adesso che forse c'è una "tacitazione d'autore" nel servizio sulla mostra Disney a Bologna: infatti, "La storia di Marco Polo detta il Milione" viene attribuita al solo Romano Scarpa, ma a me risultava essere anche di Martina.
In altra parte avevo letto che si parlava di "damnatio martinae": spero che sia stata solo una svista e null'altro. Spero... Perché se trattasi di voluta tacitazione, per non usare altro vocabolo, forse dovremmo fermarci a pensare un po' tutti di più su cosa stiamo davvero facendo per essere arrivati a tanto.