Trovo in effetti complesso che uno dei personaggi principali si possa improvvisamente rivelare gay, mi parrebbe una scelta quasi dettata da pura ideologia e che andrebbe inevitabilmente a stridere con quelli che sono i parametri con cui quel personaggio stesso è conosciuto e l'ambiente con il quale interagisce. Potrebbe essere forse introdotto un nuovo personaggio (ma si, boldrinizziamo, personaggia) nel gruppo dei characters maggiormente ricorrenti, ma dubito che il modus operandi della rivista permetta di stendere un vero e proprio piano collettivo atto alla creazione di una figura talmente complessa.
Tuttavia giù, nella folta e infinita schiera dei comprimari, in mezzo a quelle facce che come passeggeri di un treno ci scivolano addosso, laddove anche la malmostosa censura talvolta mugugna assopita, gli autori possono forse osare di più, trovare spazi di libertà inediti.
Personalmente trovo le tavole qui di seguito, un delicatissimo inno all'accettazione di se stessi, un coming out intenso, doloroso e liberatorio allo stesso momento, forse l'inizio di un nuovo amore.
Le strizzatine d'occhio a una delle molte sfaccettature del mondo gay, e mi pare incredibile dirlo a proposito di una storia Disney, sono addirittura più del necessario, il riferimento alla forza bruta, all'assente senso pratico, alle "manine di fata", al punto e croce..sono riferimenti ovvi, direi stereotipati quasi, a un certo modo di essere gay, quasi divertenti e tuttavia molto eloquenti.
Ma sono "il mentire per non sentirsi soli", "l'essere una delusione per il padre capotribù" (l'uomo più virile del gruppo), il non trattarsi di un passatempo ma di un BISOGNO (quante volte ci si è sentito ripetere "lo fai solo perchè è una moda o per curiosità.."), il "rintanarsi dietro le rocce" quasi braccati cercando un attimo di solitudine e libertà, "nervosismo, tristezza, angoscia", sentimenti che rivelano un malessere quasi esistenziale, sono questi, dicevo, gli elementi a colpire duro, non le manine di fata o il tombolo, ma quel senso di inadeguatezza, di dura lotta con il mondo e ancor più con se stessi per raggiungere una matura accettazione della propria natura. "Ma allora non sono il solo a sentirmi solo" verbalizza quell'afflato liberatorio nel comprendere che non si è i soli a essere così, che non si è dei casi speciali o, peggio, patologici.
Alla presa di coscienza di sè segue la possibile nascita di un amore, "l'incontro di due solitudini, destinato a durare a lungo".
Ringrazio Radice e Turconi per aver saputo racchiudere in quattro pagine di un giornale martoriato internamente ed esternamente da paletti di ogni sorta, una tanto matura, dolce e veritiera disamina di un processo interiore difficile e purtuttavia bellissimo. Ma, soprattutto, NECESSARIO.